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Sulla violenza in Chiapas

Insieme a Radio OndaRossa 87.9, come Nodo Solidale abbiamo parlato della situazione di crescente violenza in Messico, in corrispondenza del cambio di presidenza che ha visto l”installarsi di Claudia Sheinbaum. Questo è il contesto all’interno di cui si inseriscono le pressioni da parte  di gruppi paramilitari nei confronti della comunità zapatista 6 de octubre, nel caracol Nuevo Jerusalem, e l’omicidio di Padre Marcelo Perez nella città di San Cristobal de las Casas:

https://www.ondarossa.info/redazionali/2024/11/nodo-solidale-messico-e-chiapas

 

Video realizzato dalla Sexta di San Cristóbal de las Casas: immagini della mobilitazione del passato 24 ottobre, a San Cristóbal, testo: “Alto a la guerra contra a los pueblos zapatistas”:
https://www.congresonacionalindigena.org/2024/10/21/pronunciamiento-alto-a-la-guerra-contra-los-pueblos-zapatistas/

Traduzione in italiano:

A coloro che non vedono la guerra con indifferenza

“Chiapas al bordo della Guerra Civile” era il titolo di un comunicato dell’EZLN del 19 settembre 2021; oggi il Chiapas è un campo di Guerra Civile. Secondo quanto denunciato dallo stesso EZLN il 16 ottobre scorso, da settimane i residenti della comunità chiamata Palestina in Chiapas hanno minacciato gli abitanti del villaggio zapatista “6 ottobre” con armi ad alto calibro, hanno violentato donne, incendiato case e commesso furti delle loro proprietà, raccolti e animali, per sfrattarli dalle terre che occupano e lavorano pacificamente da oltre 30 anni.
I residenti di questa comunità chiamata Palestina hanno segnalato pressioni da parte della criminalità organizzata affinché i compagni zapatisti vengano sfrattati, e che esiste un accordo della criminalità organizzata con i diversi livelli di governo per dare un carattere “legale” a questo esproprio.

Dal 2021, l’EZLN aveva già avvertito dei legami tra il governo del Chiapas e i cartelli della droga e denunciava da allora la crescita del narcoparamilitarismo che ha portato adesso il Chiapas nella più sanguinosa violenza. In Chiapas, il narcoparamilitarismo sta espropriando il territorio e, come affermano le compagne zapatiste, opera insieme ai vari livelli di governo per legalizzare questi espropri. Le stesse terre che l’EZLN liberò dalle mani dei latifondisti nel 1994 sono quelle che ora i governi dei tre livelli pretendono, per poi favorire passivamente o attivamente, che siano consegnate a dei criminali.

In Messico la guerra non solo non è finita, ma si è acutizzata in alcuni stati, e uno di questi è il Chiapas. La gestione della guerra da parte del governo si è concentrata sull’esproprio del territorio, sulla criminalizzazione della ribellione e, ovviamente, su un discorso che minimizza le atrocità e giustifica il crescente e inefficace militarismo, come ha dimostrato la militarizzazione incessante in Chiapas. La guerra del narcotraffico che ha insanguinato il confine nord del Messico e gradualmente tutto il paese, ora si estende verso il sud-est e il confine meridionale, dove gli interessi criminali estrattivi, narcoeconomici e controinsurrezionali si incontrano e si trasformano in una guerra narcoparamilitare particolarmente ostile contro le Comunità Zapatiste, mentre la Guardia Nazionale e il resto delle Forze Armate non solo tollerano queste pratiche criminali, ma le proteggono e, dall’altra parte, assassinano migranti.

Come afferma il Subcomandante Moisés nel più recente comunicato dell’EZLN, la situazione è più grave di quanto si possa percepire; il rischio rappresentato da queste minacce ha portato a sospendere ogni forma di comunicazione e a prendere in considerazione la cancellazione degli incontri annunciati per quest’anno e per il prossimo.
Il Chiapas ha vissuto una guerra di bassa intensità per 30 anni dalla presidenza di Carlos Salinas; il Messico ha vissuto una narcoguerra per quasi 20 anni dalla presidenza di Felipe Calderón e, dopo tre anni della presidenza di Andrés Manuel López Obrador, l’EZLN ha avvertito del recrudescimento della violenza favorita dal governatore Rutilio Escandón e di una possibile guerra civile in Chiapas. A poco più di due settimane dalla presidenza di Claudia Sheinbaum, il Chiapas si trova in uno scenario di guerra civile e uno dei pochi angoli di dignità rimasti al Messico e al pianeta, il territorio zapatista, è nuovamente minacciato dalla morte e dalla distruzione. Come afferma il comunicato dell’EZLN: “questa è la realtà della ‘continuità del cambiamento’ nei cattivi governi”.

Noi che firmiamo questa lettera ci troviamo profondamente indignati, preoccupati e in allerta per quanto sta accadendo nei territori zapatisti del Chiapas. Invitiamo coloro che credono ancora che la dignità e la ribellione siano il cammino verso la speranza, a denunciare quanto sta accadendo e a esercitare pressione sul governo messicano e sul governo del Chiapas affinché cessino queste aggressioni e crimini, si sospenda ogni supporto a organizzazioni narcoparamilitari, che la smettano con il militarismo e la militarizzazione come presunta soluzione. Questa dinamica di guerra ostacola la possibilità che le comunità zapatiste continuino a costruire, a partire dalla loro autonomia e dal comune, quella realtà piena di speranza che esse chiamano quotidianità, affinché nel loro specchio possiamo intravedere i sentieri per sopravvivere al collasso e pensare al giorno dopo.

 

Aggressioni e minacce contro le Basi d’Appoggio Zapatiste di Nuevo Jerusalén

Di seguito riportiamo la traduzione del comunicato dell’EZLN e denuncia effettuata dal  Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba)  in merito alle minacce e aggressioni subite dalle Basi d’Appoggio Zapatiste di Nuevo Jerusalén.

La denuncia può essere firmata dalla pagina:
https://frayba.org.mx/denunciamos-el-riesgo-la-vida-seguridad-e-integridad-personal-de-los-habitantes-bases-de-apoyo-del

 

L’EZLN denuncia aggressioni e minacce contro le sue basi di appoggio

 

COMUNICATO DEL COMITATO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO-COMANDANCIA GENERALE DELL’ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIÓNE NAZIONALE

MESSICO

16 OTTOBRE 2024

ALLA SEXTA NAZIONALE ED INTERNAZIONALE:

A CHI HA FIRMATO LA DICHIARAZIONE PER LA VITA:

COMPAS:

ALCUNE SETTIMANE FA, ABITANTI DI PALESTINA HANNO MINACCIATO LE DONNE, GLI ANZIANI, I BAMBINI E GLI UOMINI DEL VILLAGGIO ZAPATISTA “6 DE OCTUBRE”, PARTE DEL CARACOL DI JERUSALÉN, DI CACCIARLI DALLE TERRE CHE OCCUPANO E LAVORANO, PACIFICAMENTE, DA OLTRE 30 ANNI.

FINO A QUESTO “CAMBIO” DI GOVERNO, IL VILLAGGIO “6 DE OCTUBER” AVEVA VISSUTO IN PACE E ARMONIA CON LE POPOLAZIONI CIRCOSTANTI, SENZA PROBLEMI.

DALL’INIZIO DI QUESTO PROBLEMA IL GOVERNO AUTONOMO LOCALE (GAL) DI “6 DE OCTUBRE” E L’ASSEMBLEA DEI COLLETTIVI DEI GOVERNI AUTONOMI ZAPATISTI (ACEGAZ) DEL CARACOL JERUSALÉN, HANNO INSISTO PER IL DIALOGO E L’ACCORDO CON LE AUTORITÀ COMUNALI DI PALESTINA, MA È STATO INVANO. QUESTE AUTORITÀ DI PALESTINA DICHIARANO DI AVERE L’APPOGGIO DELLE AUTORITÀ MUNICIPALI DI OCOSINGO E DEL GOVERNO DELLO STATO DEL CHIAPAS (RISPETTIVAMENTE PVEM E MORENA), E DI AVERE ISTRUZIONI DA TALI MALGOVERNI DI CONSEGNARE AGLI AGGRESSORI I DOCUMENTI CHE DIMOSTRANO LA LORO PROPRIETÀ SULLE TERRE SOTTRATTE.

GLI STESSI ABITANTI DI PALESTINA SOTTOLINEANO CHE CI SONO PRESSIONI DA PARTE DELLA COSIDDETTA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA PERCHÉ I NOSTRI COMPAGNI VENGANO CACCIATI E CHE C’È UN ACCORDO TRA LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA E I DIVERSI LIVELLI DI GOVERNO PER DARE NATURA “LEGALE” A QUESTO FURTO.

LE MINACCE SONO IN AUMENTO FINO A COMPRENDERE LA PRESENZA DI ABITANTI DI PALESTINA CON ARMI DI GROSSO CALIBRO, MINACCE DI STUPRO SULLE DONNE, INCENDI DI CASE E FURTI DI BENI, RACCOLTI E ANIMALI.

LE PROVOCAZIONI NON CESSANO. IL CARACOL JERUSALÉN ERA UNO DEI LUOGHI CONTEMPLATI PER LA CELEBRAZIONE DEGLI INCONTRI DI RESISTENZA E RIBELLIONE 2024-2025.

POICHÉ DOBBIAMO ESSERE CONSAPEVOLI DEL DETERIORAMENTO DI QUESTA GRAVE SITUAZIONE, SOSPENDIAMO TUTTE LE COMUNICAZIONI E LE INFORMAZIONI RIGUARDANTI TALI INCONTRI E CONTEMPLEREMO LA CANCELLAZIONE DEGLI STESSI PERCHÉ NON CI SAREBBE SICUREZZA PER I PARTECIPANTI OVUNQUE IN CHIAPAS.

QUESTA È LA REALTÀ DELLA “CONTINUITÀ CON IL CAMBIAMENTO” DEI MALGOVERNI.

È TUTTO.

Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comandancia Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

Subcomandante Insurgente Moisés

Messico, ottobre 2024

Denunciamo il rischio per la vita, la sicurezza e l’integrità personale degli abitanti Basi di d’Appoggio dell’EZLN della comunità 6 de Octubre, CGAZ di Nuevo Jerusalén
San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico

16 ottobre 2024

Azione Urgente n. 3

  • L’assedio all’autonomia zapatista continua senza sosta.
  • Il Governo Autonomo Locale ha reso noto che un gruppo di persone armate si è stabilito nelle terre recuperate.

Il Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) ha ricevuto informazioni dai Collettivi di Governi Autonomi Zapatisti (CGAZ), Caracol IX, Nuevo Jerusalén, riguardo agli attacchi di persone armate e all’installazione di capanne all’interno delle terre recuperate del villaggio 6 de Octubre, Governo Autonomo Locale (GAL), comune ufficiale di Ocosingo, Chiapas.

In più occasioni durante il mese di giugno, persone sconosciute sono arrivate nella comunità con armi di differente calibro, intimidendo le famiglie del villaggio 6 de Octubre. Hanno svolto delle perlustrazioni e scattato foto. Successivamente, due Basi di Appoggio che erano uscite per andare a lavoro sono state minacciate: è stato detto loro in modo “pacifico” che devono lasciare la loro comunità, altrimenti sarebbero stati “cacciati con la forza”. La comunità non ha ceduto a queste intimidazioni che si sono succedute nel tempo. Finché la sera del 30 agosto, un drone è stato avvistato sorvolare l’abitato della comunità 6 de Octubre.

Nel corso del mese di settembre, persone sconosciute hanno continuato a fare incursioni, generando paura tra gli abitanti. L’episodio culminante è avvenuto il 23 settembre 2024, intorno alle ore 6:00, quando un gruppo di persone armate è arrivato al GAL 6 de Octubre. Sono arrivati con 10 veicoli con a bordo circa 100 persone, scese per ripulire una porzione di terreno dove costruire le proprie capanne, vicino alle abitazioni delle famiglie Basi di Sostegno dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (BAEZLN). Da quel momento, il gruppo armato è rimasto sul posto, incrementando le intimidazioni e le minacce. Uomini armati sorvegliano le attività delle famiglie zapatiste. Per sicurezza, gli uomini del villaggio preferiscono restare in casa, lasciando uscire solo le donne, che sono state oggetto di minacciate di violenza sessuale.

Dal 5 settembre 2024, diverse autorità dello Stato messicano sono state informate della presenza di questo gruppo armato, delle intimidazioni e delle minacce nelle terre recuperate delle famiglie BAEZLN, senza che finora siano state intraprese azioni efficaci per affrontare la situazione, con il rischio di sfollamento forzato interno.

Chiediamo alle autorità competenti di:

  • Adottare azioni urgenti e necessarie per garantire e proteggere la vita, l’integrità e la sicurezza personale delle famiglie Basi d’Appoggio Zapatiste, evitando che la situazione peggiori.
  • Condurre indagini tempestive e adeguate per identificare i responsabili, smantellare e disarmare il gruppo o i gruppi che operano nella zona.
  • Garantire e rispettare in generale l’autonomia e l’autodeterminazione dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e delle sue Basi d’ Appoggio, e nello specifico dell’Assemblea dei Collettivi di Governi Autonomo Zapatisti di Nuevo Jerusalén.
  • Facciamo appello alla solidarietà nazionale e internazionale affinché si firmi urgentemente questa petizione e scrivano alle autorità messicane per fermare queste azioni violente contro le comunità zapatiste.

Firmando questa Azione si invierà automaticamente un’e-mail alle autorità governative con il vostro indirizzo come mittente . Maggiori informazioni nell’ informativa sulla privacy. 

 

 

I cambi nell’Autonomia Zapatista

Pubblichiamo la traduzione dell’ articolo  https://www.elsaltodiario.com/ezln/cambios-autonomia-zapatista 
di Lola Sepúlveda del Centro de documentación sobre Zapatismo, CEDOZ.

 

I cambi nell’Autonomia Zapatista

16 jun 2024

Quarto testo appartiene ad una rassegna che dedichiamo al 30° anniversario della rivolta dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. L’autrice analizza il modo in cui lo zapatismo concepisce l’Autonomia e i vari cambi organizzativi che ha prodotto al suo interno nel corso di tre decenni.

Ora possiamo sopravvivere alla tempesta come comunità zapatiste che siamo. Ma ora non si tratta solo di questo, ma di attraversare questa e altre tempeste che arriveranno, attraversare la notte e arrivare a quel mattino, tra 120 anni, in cui una bambina inizia a imparare che essere libera significa anche essere responsabile di quella libertà.”

Per questo, guardando quella bambina lì da lontano, apporteremo i cambi e gli aggiustamenti che abbiamo discusso e concordato insieme in questi anni, e che abbiamo già concordato con tutti i popoli zapatisti.”

Terza parte: Deni (02/11/2023)

Quando si parla di zapatismo l’autonomia è, probabilmente, uno degli argomenti più seguiti e studiati; loro stessi hanno aperto le porte delle loro comunità per farle conoscere, fondamentalmente attraverso i tre Incontri dei Popoli Zapatisti con i Popoli del Mondo e la Escuelita Zapatista. Alla fine del 2023, nell’ambito di una serie di 20 comunicati zapatisti pubblicati nel contesto del 30° anniversario della rivolta, hanno annunciato cambiamenti nella loro autonomia che implicano la scomparsa di due delle loro forme organizzative più conosciute, i Municipi Autonomi e le Giunte di Buon Governo; e c’è chi si è chiesto se ciò significasse che, dopo tanti anni di esercizio dell’autonomia nel quadro di una feroce guerra contro le comunità, avessero deciso di “rinunciare” a seguire quella strada. Ma no, non è così. Ciò che hanno fatto gli zapatisti, dopo un lungo processo di analisi, è stato esattamente approfondire questo tema in modo radicale. Questo testo si propone di delinearne i contorni, a partire dalla storia dello zapatismo, per cercare di comprenderne i cambiamenti.

Le comunità indigene, sia in Messico che nel resto del continente americano, hanno sempre praticato la propria autonomia e l’autogoverno. È grazie a questa pratica che sono sopravvissuti e hanno mantenuto la propria cultura. Ma queste pratiche sono state quasi sempre clandestine, poiché non riconosciute dalle leggi vigenti dei vari paesi, causando da sempre molti problemi legali alle comunità.

È stato negli anni precedenti al 1992, e alle celebrazioni ufficiali dei diversi governi, che i popoli nativi del continente cominciarono a realizzare incontri, come il Forum sui Diritti dei Popoli Indigeni tenutosi a Matías Romero, Oaxaca nel 1989, o il I^ Incontro Latinoamericano delle Organizzazioni Contadine e Indigene, nell’ottobre 1991 a Bogotá in Colombia, che hanno travalicato i confini dei paesi in cui vivevano e durante i quali si è dato voce soprattutto alle richieste di autonomia e di autogoverno. E nel 1994 questa discussione era ancora viva.

La richiesta che “ci lascino organizzare e governare secondo la nostra autonomia, perché non vogliamo più sottometterci alla volontà dei potenti nazionali e stranieri”, faceva parte delle loro prime rivendicazioni.

Quando l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale si è seduto per la prima volta, il 20 febbraio, davanti a una delegazione del governo nei Dialoghi della Cattedrale, alcune settimane dopo la sua Dichiarazione di Guerra del 1° gennaio 1994, le rivendicazioni per il diritto al proprio governo erano parte della loro piattaforma rivendicativa: “Come popolo indigeno, che ci lascino organizzare e governare con la nostra autonomia, perché non vogliamo più sottometterci alla volontà dei potenti nazionali e stranieri” e “Che la giustizia sia amministrata dagli stessi popoli indigeni, secondo i loro usi e costumi, senza l’intervento di governi illegittimi e corrotti” (punti sedici e diciassette).

Nelle sessioni di dialogo hanno spiegato che autogoverno e autonomia non significano separarsi dal Messico, del quale, anzi, vogliono continuare a far parte, ma che si rispettino le loro logiche di governo secondo cui chiedono dignità, e che si stabilisca un nuovo modo di relazionarsi con le comunità alle quali non si impongano autorità municipali che non le tengano in considerazione e non difendano i loro interessi come popoli.

Fallito questo dialogo, il 19 dicembre dello stesso anno , gli zapatisti rompono l’assedio dell’Esercito federale creando 30 Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti per cominciare ad esercitare pubblicamente la loro autonomia.

Un cartello indica il Caracol  Nueva Jerusalén i nterritorio zapatista. Fto: collettivo Calendario Zapatista (Gr)

I municipi autonomi

Nonostante siano stati annunciati alla fine del 1994, la loro costituzione e consolidamento è rimasta in sospeso prima a causa del tradimento del governo federale, che nel febbraio dell’anno successivo lanciò l’esercito alla ricerca dei dirigenti zapatisti, poi a causa del possibile riconoscimento formale dell’autonomia attraverso i Dialoghi di San Andrés (1996). Negli accordi siglati nel primo round del dialogo, il governo federale, in effetti, aveva riconosciuto il diritto dei popoli a decidere la propria forma di governo interno e le proprie modalità di organizzazione politica, sociale, economica e culturale impegnandosi ad apportare i necessari cambiamenti alla Costituzione. Ma tutto è rimasto lì, perché il governo si è rifiutato di rispettare quanto firmato.

In considerazione di ciò, gli zapatisti hanno deciso di proseguire sulla strada della loro autonomia iniziando a costituire formalmente i Municipi Autonomi Ribelli (MAREZ) dal 1997. Non fu un percorso facile, non solo per la presenza attiva di gruppi paramilitari sostenuti, finanziati e istruiti dall’Esercito Federale, ma anche perché il governo scatenò una campagna contro i Municipi che, con l’aiuto dell’esercito e della polizia federale e statale, cercò di smantellarli arrestando le autorità di nuova nomina. Si ricordano, tra le altre, le operazioni contro il Municipio Autonomo Ricardo Flores Magón, con sede a Taniperla, municipio ufficiale di Ocosingo, e Tierra y Libertad, con sede ad Amparo Agua Tinta, municipio di Las Margaritas.

Cominciarono ad operare in diversi aree di lavoro, dal commercio ai trasporti, a quelle più visibili dall’esterno come educazione e salute, costruendo scuole e case della salute nelle comunità.

Nonostante tutta la repressione esercitata contro di loro, i Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti continuarono a nascere e le loro autorità, elette dalle assemblee delle comunità che li componevano, hanno iniziato ad operare in diverse aree di lavoro, dal commercio ai trasporti, a quelle più visibili dall’esterno come educazione e salute: si formarono i promotori di educazione e di salute e poco a poco si crearono scuole e si costruirono ambulatori, microcliniche e case della salute nelle comunità.

Si creò e consolidò così un secondo livello regionale di governo autonomo – il primo era quello locale – che, peraltro, esce “dall’ombra” della struttura militare dell’EZLN che, non solo non partecipa alla designazione o destituzione delle autorità, poiché nessuno con incarichi militari o appartenente al Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno poteva ricoprire incarichi di autorità, sia nelle comunità sia nei Municipi Autonomi.

Primo cambio dell’Autonomia

A partire dal gennaio 2003 furono pubblicati una serie di testi dal titolo “Messico 2003: un altro calendario, quello della resistenza” che, suddivisi in “estelas” (scie, tracce, ma anche stele. N.d.T.), mostravano le lotte nel Paese: Oaxaca, Puebla, Tlaxcala…, e Chiapas, essendo questo la tredicesima “estela”. Pubblicato alla fine di luglio 2003 e diviso, a sua volta, in sette parti mostrava la profonda riflessione realizzata nelle comunità zapatiste a partire dalla propria organizzazione autonoma. Nella loro analisi avevano riscontrato due tipi di problemi, uno nel loro rapporto con la società civile, nazionale e internazionale, e l’altro riguardo i rapporti con le comunità zapatiste e non zapatiste.

Il 9 agosto 2003 verranno istituite le cosiddette “Giunte di Buon Governo”, una per ogni zona ribelle, che raggrupperanno le comunità di ciascuna di esse. Le loro sedi saranno i “Caracoles”

Nelle loro riflessioni videro che c’era uno squilibrio nello sviluppo dei differenti Municipi Autonomi e delle comunità che li componevano dovuto al fatto che i più conosciuti, quelli più vicini ai centri urbani e con accesso stradale, ricevevano più progetti e sostegno da parte della società civile; o che a volte erano sorti conflitti tra i Municipi Autonomi e tra questi ed i municipi ufficiali; o che i progetti e i compiti della comunità non si realizzavano nei tempi e nei modi concordati dalle comunità. Quindi a causa di tutto ciò, per garantire che nel territorio ribelle zapatista chi comanda, comandi obbedendo, il 9 agosto 2003 verranno istituite le cosiddette “Giunte di Buon Governo”, una per ogni zona ribelle, che raggrupperanno i municipi di ciascuna di esse. Le loro sedi saranno i “Caracoles”. I Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti avrebbero continuato ad avere come funzioni di governo di competenza l’amministrazione della giustizia, della salute comunitaria, dell’educazione, della casa, della terra, del lavoro, dell’alimentazione, del commercio, dell’informazione, della cultura e dei trasporti locali.

Per quanto riguarda le Giunte di Buon Governo, il loro compito sarebbe stato quello di presentare relazioni, progetti di lavoro necessari alle comunità, come ad esempio gruppi di allevamento o la formazione in agro-ecologia; tra le loro responsabilità c’era anche quella di dotare i centri sanitari della zona di dispositivi necessari, come gli ecografi. Ognuna delle persone che componevano le Giunte, eletti nelle loro comunità per un periodo di tre anni e senza essere retribuiti, erano responsabili di un’area di lavoro, ma le decisioni, cioè il lavoro di governo, erano prese collettivamente. Pertanto, sebbene una persona coordinasse la sanità e altre le attività educative, quando si doveva prendere una decisione riguardo tali questioni, era presa dall’intera Giunta.

A partire dal 9 agosto 2003, il sistema di governo autonomo zapatista è stato organizzato su tre livelli:

1. In ogni zona le Giunte di Buon Governo, responsabili degli altri livelli di governo, anche se la massima autorità rimanevano le comunità.

2. Nella regione, le autorità del Municipio Autonomo.

3. In ogni comunità le proprie autorità dirette, agenti, commissari e commissarie autonome che costituivano la base dell’autonomia da cui si esercita il comandare obbedendo.

Nei territori zapatisti si commemora costantemente il ricordo dei compagni e delle compagne cadute o assassinate. Foto: Collettivo Calendario Zapatista (Gr)

Secondo cambio dell’Autonomia

Dopo un periodo di silenzio successivo alla Gira zapatista in Europa del 2021, durato poco più di un anno e interrotto appena da qualche comunicato congiunto con il Congresso Nazionale Indigeno, nell’ottobre 2023 sono stati rilasciati una serie di comunicati che culminano con l’annuncio di importanti cambiamenti nell’organizzazione del sistema autonomo zapatista: la scomparsa dei Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti e delle Giunte di Buon Governo, come risultato di una lunga e profonda analisi realizzata all’interno delle comunità zapatiste a partire dalle conquiste e dai fallimenti di 30 anni di autonomia, con un occhio a cosa è stato fatto e uno su cosa si poteva fare, ma non è stato realizzato. Insomma, un bilancio di cosa andava bene e cosa no.

Nella loro analisi hanno notato che c’erano molte cose buone che gli hanno permesso di avanzare. È stata una grande scuola nella quale le comunità si sono formate, nella quale hanno imparato ad autogovernarsi e ad acquistare una grande esperienza; la loro istruzione e salute sono cresciute come mai prima d’ora, e grazie a questo anche loro sono cresciuti.

Ma hanno visto anche alcune cose che non erano andate affatto bene; hanno osservato che alcuni Municipi Autonomi e Giunte di Buon Governo si stavano allontanando dalle comunità, in modo tale che queste non partecipavano adeguatamente, non facevano proposte e si limitavano ad aspettare che lo facessero le Giunte e, se le autorità non avevano molta iniziativa, tutto rimaneva fermo. In diverse occasioni la comunicazione dalle comunità verso i Municipi e le Giunte, e da lì nuovamente alle comunità, non ha funzionato bene ed è capitato che si sia persa la proposta iniziale poiché non è stata trasmessa integralmente.

La loro riflessione li ha portati a considerare che stavano costruendo una piramide di potere uguale a quella costruita dal capitalismo, certamente con grandi differenze e migliorie, ma dopotutto una piramide con diversi piani su ciascuno dei quali si trovavano i rappresentanti del popolo, che a volte prendevano decisioni per se stessi allontanandosi dalle comunità. Insomma, stavano copiando ciò che esiste ed era proprio quella struttura piramidale che, di per sé, impedisce una maggiore partecipazione.

La conclusione è stata che ciò che fa il capitalismo non serve e bisogna trovare altre formule affinché ognuna e ognuno partecipi davvero al proprio governo.

Un altro modo di lavorare, un altro modo di cercare, un altro modo di costruire

Alla fine del 2023 gli zapatisti hanno annunciato che stavano iniziando un nuovo cammino che si sarebbe costruito poco a poco e che avrebbe consistito, fondamentalmente, nel ribaltare la piramide, in modo che la sua base fosse verso l’alto piuttosto che verso il basso. Ciò che è stato posto al di sopra sono le autorità locali, i commissari, gli e le agenti elette in ogni comunità, che formano il Governo Autonomo Locale (GAL), cioè la base dell’autonomia. È questo il livello da dove si possono osservare i lavori necessari, i problemi e le loro soluzioni.

Quando un lavoro o un problema coinvolge più di una comunità, i Governi Autonomi Locali si coordinano nella loro regione all’interno dei Collettivi di Governo Autonomo Zapatista (CGAZ); e se il problema è grande o interessa tutta la zona, allora vengono convocate tutte le autorità della zona che si riuniscono nell’Assemblea dei Collettivi dei Governi Autonomi Zapatisti (ACGAZ). Queste ultime due istanze non sono livelli di governo, ma piuttosto di coordinamento e, quindi, non hanno autorità proprie; le uniche autorità presenti sono quelle dei Governi Autonomi Locali.

Fino ad ora, quando si verificava un problema era la Giunta del Buon Governo che doveva pensare a cosa fare e come risolverlo; adesso trovare soluzioni spetta ai commissari, alle commissarie, agli agenti, alle agenti, ai tesorieri, alle tesoriere delle comunità, cioè il Governo Autonomo Locale, che può essere composto da quattro, otto o fino a dieci persone a seconda dei luoghi. Se succede qualcosa, se la scuola non funziona, se mancano le medicine in ambulatorio…, sono loro i primi a saperlo e quelli che sono incaricati di agire e indagare immediatamente. Se non riescono a risolvere il problema convocano l’assemblea comunitaria e davanti ad essa spiegano il problema e le loro azioni affinché sia l’assemblea a decidere.

Se l’assemblea non riesce a prendere una decisione, insieme alle sue autorità convoca le altre autorità delle altre comunità che compongono la regione, convocando i Collettivi di Governo Autonomo Zapatista, CGAZ, della regione, e se ancora non si riesce a risolvere la questione, si convoca l’Assemblea dei Collettivi dei Governi Autonomi Zapatisti della zona che si riuniranno finché non si troverà una soluzione collettiva al problema.

In questo grafico si può osservare come è stata riorganizzata l’Autonomia zapatista secondo cui si autogovernano le comunità fin dal suo annuncio nel dicembre 2023.

Qualcosa di simile accade con le proposte; qualunque persona che vive in una comunità può notare se c’è un problema o qualcosa da migliorare; ne parla dunque con l’autorità locale, si pensa, si analizza, si discutete per poi prendere una decisione. E se questa decisione può essere positiva per altre comunità, si convoca il Collettivo di Governo Autonomo Zapatista o l’Assemblea dei Collettivi di Governo Autonomo Zapatisti per presentare la proposta.

La scomparsa dei Municipi Autonomi e delle Giunte di Buon Governo non significa che abbiano rinunciato alla propria autonomia, ma al contrario: ne è un approfondimento.

In generale, questo è il nuovo cammino intrapreso dai popoli zapatisti. La scomparsa dei Municipi Autonomi e delle Giunte di Buon Governo non significa che essi abbiano rinunciato alla propria autonomia, ma al contrario: è un modo per renderla più profonda nel tentativo di aprire una nuova strada lontano dagli schemi capitalistici che, senza rendercene conto, assumiamo come “naturali”; l’analisi che hanno fatto dei loro trent’anni di autonomia ci dimostra che ci sono “sistemi” che per abitudine sono profondamente radicati nel nostro immaginario e che pensiamo si possano migliorare; ciò che hanno fatto gli uomini, le donne, i ragazzi e le ragazze delle comunità zapatiste è stato rompere questa consuetudine di lasciarci trasportare da ciò che conosciamo e immaginare orizzonti altri.

Dopotutto è quello che ci stanno mostrando da 40 e 30 anni, dalle montagne del sud-est del Messico.

Autodifesa Medica: Pantere Nere e Ezln – Introduzione

Di seguito riportiamo l’introduzione al volume italiano “Autodifesa Medica – Pantere Nere e Ezln”, traduzione a cura del Nodo solidale del volume “Autodefensa Medica – Panteras Negras y Zapatistas” di Zineditorial recentemente pubblicata nella collana Quaderni della Complicità Globale in collaborazione con Elementi Kairos.

A Jaime Alberto Montejo Bohórquez (1964-2020), compagno della Brigada Callejera che ci ispira ogni giorno a lottare per la salute dellə oppressə

Introduzione 

Ancora dentro la pandemia COVID-19 ed a oltre un anno dalla Gira por la Vida[1] intrapresa dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) e dal Congresso Nazionale Indigeno (CNI) attraverso i paesi europei, ci siamo imbattutə in Autodefensa Medica: Panteras Negras y Zapatistas e ci è sembrato appropriato tradurlo. Per contribuire con umiltà ai complessi dibattiti sulla salute e sulla cura al tempo dei lockdowns e del green pass, in una fase di crisi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e dell’assalto dei privati alla sanità, per porre domande e non ricette pronte.

La pandemia che ci ha travoltə dall’inizio del 2020 non è ancora finita e probabilmente non sarà nemmeno l’ultima a scuotere la comunità internazionale. Il caso del Monkey pox (vaiolo delle scimmie) ne è un esempio, ma soprattutto, nulla è stato fatto per rallentare l’espropriazione e la devastazione ambientale che avanzano rapidi e mettono ogni giorno sotto stress gli ecosistemi negli angoli più remoti del pianeta. In Italia la pandemia ha incontrato un Sistema Sanitario Nazionale (SSN) allo stremo il cui spirito universalistico, conquistato grazie alle lotte delle lavoratrici e dei lavoratori negli anni ’70, è stato sempre più messo in discussione ed al margine dall’avanzata del paradigma neoliberista. Tre sono i dati che ci danno la radiografia dello stato di salute del SSN: 37 miliardi di euro tagliati in meno di 10 anni, la frammentazione di un sistema nazionale in 20 piccoli sistemi regionali, con la conseguente stratificazione in apparati sanitari di serie A e di serie B, l’aziendalizzazione della sanità. La parità di bilancio è diventata quindi più importante della salute delle persone. Questo è il modello che ci è stato imposto.

Nel nome dell’austerità e del debito pubblico, negli anni passati, siamo statə testimoni di una lenta distruzione della sanità pubblica; oggi, al contrario, per uscire dalla pandemia si ricorre agli investimenti del Piano Nazione Ripresa e Resilienza (PNRR). Ma quale direzione stiamo prendendo? Per ora non percepiamo un cambio di parole d’ordine, nessuna iniziativa che provi a ribaltare il paradigma che vuole la sanità come un campo di profitto, in una Salute come bene comune. Speriamo di sbagliarci.

Ma come si potrà uscire da una sanità come complesso industriale biomedico e delle assicurazioni? Come allontanarsi da una sanità intesa come industria della salute e fonte di profitto per privati e assicurazioni?

Cosa vuol dire prendersi cura della propria salute? Che ruolo ha la salute nella nostra società? È possibile immaginare insieme una salute che rompa i vizi secolari di una medicina pensata da maschi bianchi per maschi bianchi? Ripensare una scienza nata come biopotere estirpato dalla capacità di cura comunitaria e personale, così come dai corpi delle donne? Combattere il suo essere strumento di normalizzazione sociale e dominio coloniale? Si può rompere la catena che inserisce la medicina in un campo di creazione di profitto, all’interno di un sistema di sfruttamento e sovrapproduzione? Sarà possibile re-immaginare la figura medica, non come parte della classe dominante, ma come una figura alleata delle classi oppresse nella lotta contro le disuguaglianze sociali, incidendo nei determinanti di salute?[2] Una figura che incarni un sapere condivisibile e a disposizione della collettività e non una figura di potere che agisce per interessi egoistici e di casta?

Alcune domande ce le poniamo da anni, altre ce le ha fatte sorgere l’esperienza vissuta con il COVID-19. Questioni a cui sarà fondamentale rispondere collettivamente.

La pandemia è piombata sulle nostre vite come un macigno inaspettato, un virus diffusosi rapidamente in tutto il mondo e un’epidemia che abbiamo imparato a interpretare piuttosto come una sindemia[3]. Una malattia estremamente influenzata dai contesti socio-ambientali in cui si diffonde, che acuisce le diseguaglianze sociali ed economiche e colpisce in maniera più aggressiva dove si vive lavorando più del dovuto, in condizioni igienico-sanitarie malsane, in case piccole e sovraffollate, in quartieri inquinatissimi. Il COVID-19 non è stata una semplice malattia dell’essere umano, ma una malattia dell’ecosfera[4] perché nasce in un mondo dove la deforestazione, la cementificazione, l’industrializzazione selvaggia e gli allevamenti intensivi invadono gli ecosistemi naturali. Questa devastazione ambientale obbliga gli animali selvatici alla vicinanza con l’umano, così come i loro batteri e virus, favorendo la possibilità dello spillover (salto di specie). Inoltre le infinite e rapide connessioni internazionali ne consentono una diffusione globale.

Mentre leggevamo e studiavamo, provavamo a discuterne, ma il dialogo era problematico, non fluiva per la complessità del tema e la difficoltà ad affrontare le insidie della vita ai tempi della pandemia covid-19. Non siamo riuscitə ad avere idee chiare e condivise sull’utilità delle misure sanitarie imposte dai governi, su quali fossero le più importanti, su quanto ci si dovesse affidare solo al lockdown e al vaccino e quanto bisognasse invece lavorare su un approccio più sistemico alla questione. In Italia la discussione è stata violenta, così tanto polarizzata su fazioni opposte da non mostrarci la possibilità di  individuare soluzioni collettive e condivise. Sicuramente ci è parso lampante come la gestione della salute collettiva e la medicina possano essere armi di un potere enorme in mano agli Stati e di quanto questo sia in grado di entrare nelle nostre vite.

Lo scrivere questa introduzione ci ha preso molto tempo, proprio per la capacità di questo libro di mettere al centro quello che durante la pandemia in Italia era difficile discutere: il ruolo della salute nella costruzione di una società. Forse per noi discutere su questi temi risultava faticoso perché l’autonomia la vediamo troppo lontana e non siamo abituatə a viverla, quindi sognare insieme e mettere in campo soluzioni altre.

Ci è sembrato importante tradurre questo libro perché ci fa vedere di come la salute sia un campo di lotta, di come può essere uno strumento fondamentale all’interno di una cornice trasformatrice del presente, soprattutto di due organizzazioni politiche che rispettiamo per la loro traiettoria, le Pantere Nere e l’EZLN. Non per avere idee chiare su questi problemi, ma per desiderare di poter ribaltare tutto e riscriverlo da capo, dal basso e da sinistra. Solo sognando possiamo immaginare una società fatta di cura reciproca, dove la salute non sia una merce, ma un diritto di tuttə.  Solo costruendo organizzazione possiamo sognare insieme.

E leggere come le Pantere Nere sul tema della salute abbiano costruito un importante pilastro di emancipazione, significa aprirsi ad uno straordinario e storico esempio di organizzazione e di lotta. In che modo abbiano cercato e trovato forme di prevenzione e cura per problemi concreti che allo Stato non interessavano perché considerati problemi “solo dei neri”. Come abbiano saputo tradurre il proprio pensiero e la propria azione in organizzazione sociale dal basso, coniugando salute, denuncia e presa in carico delle proprie condizioni materiali. La clinica del popolo “Frank Lynch”, le Pantere Nere l’hanno costruita sulla terra su cui avrebbero dovuto edificare una super autostrada che avrebbe isolato e diviso il quartiere.

Le cliniche zapatiste sono nate prima dell’insurrezione armata, esempio di come la cura e la sua difesa fossero centrali per la riappropriazione delle proprie vite sottratte da 500 anni di colonialismo e di razzismo. Recuperare saperi ancestrali, appropriarsi dei saperi della medicina occidentale, integrarli, prevenire le malattie, riprendersi le terre rubate da Stato e latifondisti. Solo in questo modo potevano lottare per la vita. Perché se la lotta è per la vita, non può che essere una lotta per la salute. Ad oggi gli zapatisti e le zapatiste hanno costruito un sistema autonomo di cura che si avvale di sale operatorie, ambulanze per le emergenze, case di salute sparse nelle comunità, campagne di prevenzione e vaccinazione, laboratori di analisi. Inoltre un sistema di formazione, approfondendo temi come la salute pubblica, primo soccorso, fitoterapia e medicina ancestrale, educano promotorə di salute che si prendono cura della comunità.

Ma cosa possono insegnarci queste esperienze nel nostro contesto? Si deve costruire una sanità dal basso o si deve riconquistare il diritto gratuito alle cure? La strada da percorrere è autonoma ed indipendente dal Servizio Sanitario Nazionale oppure è fatta di vertenze e battaglie “interne”? Queste sono due posizioni in contraddizione o possono essere sviluppate in sinergia? Domande aperte che sta a tuttə noi rispondere collettivamente.

Infine,a scrivere questo libro è un  collettivo autonomo messicano critico del governo di Lopez Obrador, che dietro la maschera di governo di “sinistra” riesce a portare a compimento i piani di un’economia neoliberista.  Un collettivo non composto da professionistə della salute. Perchè la salute è delle persone che esse siano sanə o malatə, pazienti o dottorə.

Crediamo che solo attraverso percorsi simili si possa rispondere alle domande che ci ronzano per la testa, che il presente ci impone e che abbiamo voluto riportare in queste righe, nella speranza che la diffusione di questo libro ci aiuti a formulare risposte e a praticare nuove soluzioni.

Nodo Solidale

[1] Carovana dell’EZLN e del CNI che ha invaso l’Europa dal 11/06/2021 al 06/12/21 per condividere con i movimenti sociali europei le lotte e le forme di organizzazione e di resistenza contro il capitalismo estrattivista.
[2] Le analisi alla base di questi concetti e questi interrogativi sono esposte in importanti scritti come: Calibano e la strega di Silvia Federici, Nemesi Medica di Ivan Illich, Storia della follia in età classica di Michel Foucault.
[3] Horton R. Offline: COVID-19 is not a pandemic. Lancet. 2020
[4] Ernesto Burgio su Radio Onda Rossa

Per Saperne di più: link la traduzione di un Articolo di Raul Zibechi sull’edizione Messicana dal blog del collettivo internazionalista Carlos Fonseca.

Salute ribelle e movimenti anticapitalisti

 

 

Chiapas è Messico. STOP alla guerra ai popoli e alle comunità zapatiste

Il Chiapas è Messico e in Chiapas si concentrano oggi molte delle forme di violenza che affliggono tutto il Messico. La guerra imposta al nostro Paese dagli Stati Uniti, e che Felipe Calderón si è assunto il compito di interiorizzare, raggiunge ormai l’intero territorio nazionale. Il confine si è spostato a sud-est e con esso la guerra, una guerra che l’attuale amministrazione non ha fermato: 153 [1] mila 941 omicidi intenzionali, 42 [2] mila 935 persone scomparse e non ritrovate, 69 [3] giornalist* e 94 [4] attivist* in difesa della terra e del territorio, dei popoli indigeni e dell’ambiente assassinat* nel continuo processo di ricolonizzazione militarizzata e criminale all’interno dei sei anni di mandato del governo attuale.

Il Chiapas è il Messico, e come il resto del Paese, il Chiapas sta vivendo tempi di estorsioni, sparatorie, sfollamenti forzati, tratta di donne e migranti, narcotraffico, sequestri, omicidi di difensori del territorio, giornalisti, femicidi….

I fatti sono innegabili: a Chicomuselo, i paramilitari stanno tormentando la popolazione, causando sfollamenti forzati, affinché smetta di opporsi e permettere così la riapertura di una miniera di barite. Anche a Comalapa le dispute territoriali tra gruppi della criminalità organizzata stanno causando lo sfollamento forzato di migliaia di persone. Molto vicino a Tuxtla Gutiérrez, un autobus che trasportava illegalmente migranti si è ribaltato, uccidendo almeno 56 persone e ferendone altre 70. A Pantelhó, persone armate assassinano Simón Pedro, difensore dei diritti dei popoli indigeni e membro dell’organizzazione della società civile Las Abejas de Acteal. A Santa Martha, comune di Chenalhó, uomini armati attaccano famiglie vittime di sfollamento forzato e uccidono sette persone Tzotzil. A San Cristóbal de las Casas, gruppi armati si aggirano per la città, mostrando la loro capacità di mobilitazione e potenza di fuoco… L’elenco potrebbe continuare a lungo, poiché ogni giorno si verificano nuovi atti di violenza nello Stato del Chiapas.

Gruppi del crimine organizzato, narco-paramilitari e paramilitari operano nella più totale impunità in tutto il Chiapas. In risposta, il governo federale ha inviato l’esercito e la Guardia Nazionale in uno Stato che vede già una forte presenza militare dal 1994. Questa rimilitarizzazione non ha portato a una riduzione della violenza e delle attività illegali; al contrario, i gruppi del crimine organizzato hanno diversificato le loro attività economiche e hanno intensificato gli attacchi contro villaggi e comunità locali.

In questo contesto, i gruppi paramilitari e i gruppi di stampo paramilitare che operano impunemente in Chiapas da tre decenni hanno intensificato le loro azioni di guerra contro i popoli zapatisti. L’Organizzazione regionale dei coltivatori di caffè di Ocosingo (ORCAO), che almeno dal 2000 opera al servizio di diversi governi, partiti politici e gruppi di potere della regione, ha compiuto tra il 2019 e il 2023 più di 100 attacchi contro comunità zapatiste appartenenti al Caracol 10, Floreciendo la Semilla Rebelde, con sede a Patria Nueva, Junta de Buen Gobierno Nuevo Amanecer en Resistencia e Rebeldía por la Vida y la Humanidad. Gli attacchi, le aggressioni e le provocazioni sono costanti e si sono intensificati dal 2019. Le autorità zapatiste, le organizzazioni per i diritti umani e almeno tre missioni di osservazione civile hanno documentato e reso noto tutto ciò in rapporti pubblici e conferenze stampa. Condividiamo in allegato a questa dichiarazione un resoconto dettagliato di alcuni di questi attacchi.

Nell’ambito del sostegno nazionale e internazionale all’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e al Congresso Nazionale Indigeno, l’8 giugno 2023, in Messico e nel mondo, abbiamo realizzato 72 azioni (36 nazionali e 36 internazionali) per rendere visibili queste denunce e per chiedere la fine della guerra contro i popoli zapatisti e la fine della guerra in Chiapas. Queste azioni di solidarietà hanno continuato a svolgersi in diversi Stati e Paesi. Le risposte sono arrivate poche settimane dopo: dal 19 al 22 giugno 2023, membri dell’ORCAO hanno compiuto nuovi attacchi coordinati contro tre comunità zapatiste: Emiliano Zapata, San Isidro e Moisés y Gandhi, che fanno parte della Regione Moisés y Gandhi e si trovano nel comune ufficiale di Ocosingo, in Chiapas. Gli attacchi andavano dall’incendio di appezzamenti di terreno agli attacchi armati. Queste aggressioni sono durate, in questa occasione, tre giorni dove sono stati sparati almeno 800 colpi di diverso calibro, oltre all’incendio di appezzamenti di terreno nelle vicinanze delle case di famiglie zapatiste.

Il 23 giugno, nella sua conferenza mattutina dal Chiapas, il capo dell’Esecutivo federale, accompagnato dal Segretario degli Interni, dal Segretario della Difesa Nazionale e dal governatore locale, ha minimizzato tanto il grave contesto che si sta vivendo in Chiapas quanto gli attacchi ampiamente documentati contro le comunità zapatiste. Inoltre, ha continuato con le denigrazioni contro le organizzazioni e le persone che difendono il territorio, i diritti umani e le organizzazioni che documentano e denunciano queste e altre forme di violenza.

Queste risposte, sia da parte dell’ORCAO che del presidente messicano, ci preoccupano e ci allarmano: l’ORCAO continua ad aumentare le sue operazioni armate, mentre il presidente messicano copre, con i suoi discorsi, gravi atti di violenza che sono chiaramente in crescita. La negazione, la minimizzazione e il travisamento di questa realtà comprovata diventano una cappa di impunità che protegge i gruppi paramilitari. Peggio ancora, il presidente del Messico ha ripreso il discorso dei suoi predecessori quando questi hanno sottolineato che questi conflitti erano tra gruppi locali o “tra comunità”, eludendo così ogni responsabilità dello Stato ed emulando Felipe Calderón nel suo offensivo «si uccidono tra di loro».

Questo panorama ci porta come individui, popoli e comunità organizzate, in Messico e in altre parti del mondo, a raddoppiare gli sforzi per fermare la guerra contro le comunità zapatiste e in Chiapas. Oggi ratifichiamo che l’attuale governo non solo non ascolta, ma continua a permettere e sostenere una strategia di guerra controinsurrezionale e criminale. Per queste ragioni, chiediamo di:

 Denunciare la guerra contro i popoli zapatisti, e in Chiapas in generale,  sottolineando la responsabilità del governo statale e federale. 

  1. Realizzare campagne di informazione e azioni di solidarietà in tutto il paese e in altri paesi per informare su questa guerra contro i popoli e le comunità zapatiste e sulla guerra in Chiapas.
     
  2. Realizzare campagne di informazione e azioni di solidarietà in tutto il paese e in altri paesi per informare su questa guerra contro i popoli e le comunità zapatiste e sulla guerra in Chiapas.
  3. Da questo spazio di coordinamento nazionale, indiciamo dell giornate d’azione globale: “Stop alla guerra contro i popoli zapatisti. Dall’orrore della guerra alla resistenza per la vita”, il 13, 14, 15 e 16 luglio, con l’obiettivo di informare la società sulla situazione della guerra contro i popoli zapatisti e in Chiapas. Questa giornata comprenderà:
  1. Volantinaggi e distribuzione di materiali informativi
  2. Banchetti informativi 
  3. Eventi artistici
  4. Mobilitazioni

Inoltre, tra il 24 e il 28 luglio terremo un forum nazionale che si articolerà lungo tre assi: violenza, giustizia e pace. Condividiamo anche che ci si sta preparando a svolgere un lavoro di osservazione e accompagnamento in territorio zapatista appena le condizioni lo permetteranno.

Chiamiamo a dispiegare tutta la solidarietà possibile con i popoli zapatisti, di non cadere nell’indifferenza e nell’evasione individualista di fronte agli attacchi che i popoli e le comunità di quello Stato stanno vivendo quotidianamente. Il Chiapas è Messico, e oggi il Messico e il mondo devono guardare e agire contro la guerra e a favore della pace, con giustizia e dignità.   

Espacio de Coordinación Nacional
 Alto a la guerra contra los pueblos zapatistas

Sabato 8 luglio 2023 alle ore 18 ci troveremo presso l’occupazione di Via del Porto Fluviale 18, Roma per parlare dell’attuale situazione di guerra in atto in Messico: di seguito il link all’evento Facebook:
Chiapas sull’orlo della Guerra civile – Iniziativa benefit

Di seguito invece trovare l’audio della trasmissione di Giovedì 6 luglio su Radio Onda Rossa con aggiornamenti sulla situazione  nel paese.

http://www.ondarossa.info/redazionali/2023/07/guerra-corso-messico