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Sulla violenza in Chiapas

Insieme a Radio OndaRossa 87.9, come Nodo Solidale abbiamo parlato della situazione di crescente violenza in Messico, in corrispondenza del cambio di presidenza che ha visto l”installarsi di Claudia Sheinbaum. Questo è il contesto all’interno di cui si inseriscono le pressioni da parte  di gruppi paramilitari nei confronti della comunità zapatista 6 de octubre, nel caracol Nuevo Jerusalem, e l’omicidio di Padre Marcelo Perez nella città di San Cristobal de las Casas:

https://www.ondarossa.info/redazionali/2024/11/nodo-solidale-messico-e-chiapas

 

Video realizzato dalla Sexta di San Cristóbal de las Casas: immagini della mobilitazione del passato 24 ottobre, a San Cristóbal, testo: “Alto a la guerra contra a los pueblos zapatistas”:
https://www.congresonacionalindigena.org/2024/10/21/pronunciamiento-alto-a-la-guerra-contra-los-pueblos-zapatistas/

Traduzione in italiano:

A coloro che non vedono la guerra con indifferenza

“Chiapas al bordo della Guerra Civile” era il titolo di un comunicato dell’EZLN del 19 settembre 2021; oggi il Chiapas è un campo di Guerra Civile. Secondo quanto denunciato dallo stesso EZLN il 16 ottobre scorso, da settimane i residenti della comunità chiamata Palestina in Chiapas hanno minacciato gli abitanti del villaggio zapatista “6 ottobre” con armi ad alto calibro, hanno violentato donne, incendiato case e commesso furti delle loro proprietà, raccolti e animali, per sfrattarli dalle terre che occupano e lavorano pacificamente da oltre 30 anni.
I residenti di questa comunità chiamata Palestina hanno segnalato pressioni da parte della criminalità organizzata affinché i compagni zapatisti vengano sfrattati, e che esiste un accordo della criminalità organizzata con i diversi livelli di governo per dare un carattere “legale” a questo esproprio.

Dal 2021, l’EZLN aveva già avvertito dei legami tra il governo del Chiapas e i cartelli della droga e denunciava da allora la crescita del narcoparamilitarismo che ha portato adesso il Chiapas nella più sanguinosa violenza. In Chiapas, il narcoparamilitarismo sta espropriando il territorio e, come affermano le compagne zapatiste, opera insieme ai vari livelli di governo per legalizzare questi espropri. Le stesse terre che l’EZLN liberò dalle mani dei latifondisti nel 1994 sono quelle che ora i governi dei tre livelli pretendono, per poi favorire passivamente o attivamente, che siano consegnate a dei criminali.

In Messico la guerra non solo non è finita, ma si è acutizzata in alcuni stati, e uno di questi è il Chiapas. La gestione della guerra da parte del governo si è concentrata sull’esproprio del territorio, sulla criminalizzazione della ribellione e, ovviamente, su un discorso che minimizza le atrocità e giustifica il crescente e inefficace militarismo, come ha dimostrato la militarizzazione incessante in Chiapas. La guerra del narcotraffico che ha insanguinato il confine nord del Messico e gradualmente tutto il paese, ora si estende verso il sud-est e il confine meridionale, dove gli interessi criminali estrattivi, narcoeconomici e controinsurrezionali si incontrano e si trasformano in una guerra narcoparamilitare particolarmente ostile contro le Comunità Zapatiste, mentre la Guardia Nazionale e il resto delle Forze Armate non solo tollerano queste pratiche criminali, ma le proteggono e, dall’altra parte, assassinano migranti.

Come afferma il Subcomandante Moisés nel più recente comunicato dell’EZLN, la situazione è più grave di quanto si possa percepire; il rischio rappresentato da queste minacce ha portato a sospendere ogni forma di comunicazione e a prendere in considerazione la cancellazione degli incontri annunciati per quest’anno e per il prossimo.
Il Chiapas ha vissuto una guerra di bassa intensità per 30 anni dalla presidenza di Carlos Salinas; il Messico ha vissuto una narcoguerra per quasi 20 anni dalla presidenza di Felipe Calderón e, dopo tre anni della presidenza di Andrés Manuel López Obrador, l’EZLN ha avvertito del recrudescimento della violenza favorita dal governatore Rutilio Escandón e di una possibile guerra civile in Chiapas. A poco più di due settimane dalla presidenza di Claudia Sheinbaum, il Chiapas si trova in uno scenario di guerra civile e uno dei pochi angoli di dignità rimasti al Messico e al pianeta, il territorio zapatista, è nuovamente minacciato dalla morte e dalla distruzione. Come afferma il comunicato dell’EZLN: “questa è la realtà della ‘continuità del cambiamento’ nei cattivi governi”.

Noi che firmiamo questa lettera ci troviamo profondamente indignati, preoccupati e in allerta per quanto sta accadendo nei territori zapatisti del Chiapas. Invitiamo coloro che credono ancora che la dignità e la ribellione siano il cammino verso la speranza, a denunciare quanto sta accadendo e a esercitare pressione sul governo messicano e sul governo del Chiapas affinché cessino queste aggressioni e crimini, si sospenda ogni supporto a organizzazioni narcoparamilitari, che la smettano con il militarismo e la militarizzazione come presunta soluzione. Questa dinamica di guerra ostacola la possibilità che le comunità zapatiste continuino a costruire, a partire dalla loro autonomia e dal comune, quella realtà piena di speranza che esse chiamano quotidianità, affinché nel loro specchio possiamo intravedere i sentieri per sopravvivere al collasso e pensare al giorno dopo.

 

AMLO, Ayotzinapa e la dimensione sconosciuta

A dieci anni dal massacro e “desaparición” Degli studenti di Ayotzinapa proponiamo la traduzione di questo articolo del giornalista John Gibler, autore del libro “Una storia orale dell’infamia”, che ci racconta come il governo di Andrés Manuel López Obrador, nonostante le forti promesse di costui in campagna elettorale, abbia paralizzato le indagini e tradito le famiglie dei desaparecidos . Nell’articolo viene ricostruita nel tempo la continuità nella copertura dei responsabili tra i differenti partiti di governo, come anche la complicità tra i differenti livelli di governo, forze armate di ogni ordine e grado, e criminalità organizzata negli avvenimenti della lunga “Notte di Iguala” e nel continuo insabbiamento e depistamento delle indagini nel corso di un decennio.

AMLO, Ayotzinapa e la dimensione sconosciuta

Jonn Gibler -23 settembre 2024

Link articolo originale: https://estepais.com/tendencias_y_opiniones/amlo-ayotzinapa-dimension-desconocida/

Nel 2016 la scrittrice cilena Nona Fernández ha pubblicato un libro di non-fiction intitolato La dimensione sconosciuta. Il libro prende il titolo dalla serie televisiva di fantascienza, fantasy e horror americana The Twilight Zone. L’autrice cita nell’epigrafe lo slogan della serie: “Oltre il conosciuto c’è un’altra dimensione. Voi avete appena attraversato la soglia”.

“La dimensione sconosciuta è un modo per nominare quella realtà parallela che lo Stato gestisce e nega simultaneamente.”

Fernández, bambina negli anni settanta in Cile, guardava quel programma in bianco e nero in televisione: erano gli anni della dittatura. Io guardavo lo stesso programma in bianco e nero in televisione da bambino negli anni settanta, negli Stati Uniti: erano gli anni della cosiddetta Guerra Fredda.

“Erano episodi brevi, con storie fantasiose e deliranti,” scrive nella prima parte del libro. “Un uomo aveva un orologio capace di fermare il tempo. Un altro vedeva gnomi che lo assillavano e cercavano di far cadere l’aereo su cui viaggiava. Un altro si ritrovava insieme al suo piccolo figlio di dieci anni, mentre in un tempo parallelo e molto più reale, il bambino era un soldato che moriva in guerra. Un altro parlava con la bambola assassina della sua figliastra. Un altro attraversava uno specchio passando dall’altro lato.”

Nel libro di Fernández, l’altra dimensione è una storia di terrore reale, quella di Andrés Antonio Valenzuela Morales, un soldato cileno, membro delle truppe della dittatura di Augusto Pinochet e torturatore. Nel 1984, a 28 anni, Valenzuela Morales decise di non uccidere né torturare più. Un giorno si presentò, da solo e nervoso, negli uffici della rivista Cauce cercando la giornalista Mónica González. Quando lei gli disse: “Sono io, cosa vuole?”, lui rispose: “Voglio parlarle di cose che ho fatto, scomparse di persone…”

Così inizia la storia agghiacciante che Fernández riprende, narra e chiama in causa nel suo libro. La testimonianza di un soldato torturatore della dittatura cilena ci consente di attraversare la soglia e vedere chiaramente la dimensione sconosciuta: i sequestri da parte di agenti dello Stato vestiti da civili in piena strada e nei mezzi pubblici, le case di tortura in quartieri residenziali tranquilli, i viaggi su strada fino alle lande dove le persone venivano fatte scomparire. Questo mondo di terrore coabitava, nascosto, accanto alla vita quotidiana delle famiglie che preparavano la colazione ai loro figli, che li accompagnavano a scuola in van, di qualcuno che cucinava la cena a casa, di una bambina che guardava storie di fantasia e terrore in televisione.

Nel narrare la storia del militare Andrés Antonio Valenzuela Morales, Fernández ci presenta il dietro le quinte della scomparsa forzata come pratica di Stato. La dimensione sconosciuta è un modo per nominare quella realtà parallela che lo Stato gestisce e nega simultaneamente. In Messico, lo Stato è stato particolarmente esplicito nella combinazione di gestione e negazione della propria dimensione sconosciuta. Quella brutale altra dimensione in cui, a porte chiuse, gli uffici del governo si trasformano in centri di tortura e dove coloro che vestono in giacca, cravatta e uniforme, gli incaricati di cercare i desaparecidos e di fare giustizia, sono coloro che torturano, mentono, coprono e fanno scomparire.


“Voi avete appena attraversato la soglia”

La notte del 26 al 27 settembre 2014, nella città di Iguala, Guerrero, centinaia di poliziotti municipali, statali e federali, soldati dell’esercito messicano e alcuni dipendenti dell’azienda illegale transnazionale di traffico di eroina nota come Guerreros Unidos, hanno collaborato nell’attacco a cinque autobus presi in ostaggio da studenti della Scuola Normale Rurale “Raúl Isidro Burgos” di Ayotzinapa e un autobus —per errore— che trasportava la squadra di calcio di terza divisione di Chilpancingo, Los Avispones, oltre a diversi taxi che circolavano sulla stessa strada.

Durante le sette ore in cui sono durati gli attacchi hanno fermato tutti gli autobus, hanno sparato contro una piccola conferenza stampa tenuta dagli studenti, hanno assassinato sei persone, ferito gravemente decine e fatto scomparire 43 studenti di Ayotzinapa. I perpetratori, poliziotti, militari e civili, usavano i loro telefoni cellulari per coordinarsi tra di loro. L’esercito ha monitorato e documentato l’intera operazione in tempo reale attraverso il sistema di telecamere di sorveglianza C4, intercettazioni telefoniche illegali ai membri di Guerreros Unidos, un soldato infiltrato tra gli studenti —scomparso con loro quella notte—, elementi di intelligence militare presenti nei vari scenari di attacco e attraverso costanti pattugliamenti dei soldati del Battaglione 27 in quei luoghi.

Quella notte di settembre 2014 a Iguala, centinaia di persone hanno attraversato la soglia e sono entrate in un’altra dimensione, in una zona ufficialmente nascosta. Lì, il personale di sicurezza dello Stato a tutti i livelli ha colpito, ucciso e fatto scomparire. Poi, l’Esercito —l’allora segretario della difesa Salvador Cienfuegos, l’allora capitano del Battaglione 27 di Fanteria José Crespo e tutti gli ufficiali e soldati coinvolti— hanno mentito e nascosto la documentazione in loro possesso. La struttura amministrativa dello Stato —un sindaco, un governatore, un presidente, un segretario della difesa, un altro segretario della Marina, un procuratore, un segretario di Governo— ha mentito, torturato, coperto, inventato, nascosto e fatto scomparire.

Quella lunga notte di terrore ha dato inizio a un intero decennio di terrore. Il governo di Enrique Peña Nieto ha inventato una storia falsa —l’incenerimento dei 43 studenti all’aperto durante una sola notte di pioggia nella discarica di Cocula, una finzione autodenominata “verità storica”— per chiudere il caso e per sigillare di nuovo la porta verso l’altra dimensione.


Il tradimento

Andrés Manuel López Obrador ha detto di essere differente. Ha detto che il suo impegno era nei confronti del popolo e, come candidato alla presidenza nel 2018, si è impegnato esplicitamente con le famiglie dei 43 studenti scomparsi. Ha promesso che avrebbe trovato gli studenti, la verità su ciò che era accaduto quella notte e avrebbe punito i responsabili, indipendentemente da chi fossero.

Il suo primo intervento governativo è stato quello di istituire la Commissione per la Verità e l’Accesso alla Giustizia del Caso Ayotzinapa (COVAJ) sotto il comando dell’allora sottosegretario di Governo Alejandro Encinas. Durante il suo primo anno di governo, la Procura Generale della Repubblica ha anche istituito l’Unità Speciale per l’Investigazione e il Contenzioso del Caso Ayotzinapa (UEILCA) e ha nominato Omar Gómez Trejo, un avvocato per i diritti umani con anni di esperienza nel caso e il supporto delle famiglie, come pubblico ministero speciale.

Su richiesta delle famiglie dei 43 studenti scomparsi, López Obrador ha anche invitato il Gruppo Interdisciplinare di Esperti Indipendenti (GIEI) a tornare nel paese per fornire assistenza tecnica all’indagine, quasi quattro anni dopo la sua elegante espulsione ad opera del governo di Peña Nieto.

Nel 2020, dunque, esistevano tre istanze distinte, con acronimi sfortunati, che stavano indagando sugli attacchi contro gli studenti, la scomparsa dei 43 e la serie di crimini commessi durante i quattro anni di torture e menzogne che sono stati necessari per costruire la “verità storica” del precedente governo. Le tre istanze hanno condiviso informazioni e svolto alcune indagini, interviste e ricerche congiunte.

“Sembrava che, per la prima volta, le istituzioni dello Stato […] sarebbero riuscite a indagare e fare chiarezza su di un crimine di Stato, un crimine contro l’umanità…”

Ci sono stati importanti progressi nelle indagini. Hanno ottenuto video dal precedente Centro di Investigazione e Sicurezza Nazionale (CISEN) che mostravano personale del CISEN, della Procura Generale della Repubblica (PGR), della Polizia federale e della Marina mentre partecipava alla tortura dei detenuti nel 2014. Hanno ottenuto i video di un drone della Marina che documentava atti, fino ad allora sconosciuti, del governo federale nella discarica di Cocula il 27 ottobre, due giorni prima del presunto ritrovamento del luogo. Hanno ottenuto messaggi di membri di Guerreros Unidos intercettati a Chicago che documentano le relazioni tra questa azienda illegale di traffico di eroina, l’esercito, i diversi corpi di polizia e vari funzionari pubblici.

Hanno ottenuto testimonianze di diversi testimoni coinvolti nei fatti che, sebbene mescolassero verità e menzogne, hanno fornito elementi che concordavano con le altre prove del caso, ampliando la documentazione sulla partecipazione di soldati, ufficiali, poliziotti e funzionari in diversi crimini contro l’umanità. Con la testimonianza di uno dei coinvolti hanno rinvenuto due piccoli resti ossei di due studenti in un luogo diverso da quello della narrazione dei fatti del precedente governo. E hanno ottenuto, all’interno degli archivi dello stesso esercito, documenti militari che mostrano simultaneamente le azioni illecite dell’esercito, così come il tipo di documentazione che i militari hanno prodotto in tempo reale prima, durante e dopo la notte dei fatti e i lunghi anni di menzogne che hanno raccontato a riguardo.

Durante il 2021, ci sono stati importanti progressi nell’indagine. Il GIEI e la UEILCA avevano fiducia nelle possibilità di arrivare fino in fondo. Sembrava che, per la prima volta, le istituzioni dello Stato —con un supporto un’assistenza tecnica internazionale senza precedenti — sarebbero riuscite a indagare e chiarire un crimine di Stato, un crimine contro l’umanità commesso e poi coperto da un grande intreccio di poliziotti, soldati e funzionari pubblici di diverse istituzioni. Sembrava che per la prima volta un’indagine ufficiale, guidata e realizzata da un gruppo di giovani messicani fiduciosi nello Stato di diritto e nell’impegno del presidente López Obrador, sarebbe riuscita a rivelare con tutta chiarezza l’altra dimensione nascosta e terrificante dello Stato.

Ma non è stato così. Proprio quando questi progressi nelle indagini hanno iniziato a produrre prove riguardo la partecipazione dell’Esercito, della Marina e del CISEN, il governo di López Obrador ha agito per fermare i progressi, deviare l’indagine, allontanare tutti i pubblici ministeri e gli investigatori che hanno permesso di progredire, per poi, uccidere le indagini.

Un lunedì, il 15 agosto 2022, hanno fatto colazione insieme il presidente, il procuratore generale, il segretario di governo, il presidente della Corte Suprema e il sottosegretario ai diritti umani e presidente della COVAJ. A quel tavolo, si è deciso di chiudere l’ultima porta che conduceva verso l’altra dimensione in cui poliziotti, soldati e membri di un’azienda di traffico internazionale di eroina uccidono e fanno scomparire normalisti, dove poliziotti, soldati e funzionari pubblici mentono e torturano per cancellare le tracce delle scomparse, dove le istituzioni dello Stato si allineano per sostenere la menzogna.

Un mese e mezzo dopo quella colazione, l’Esercito continuava a mentire senza consegnare tutti i documenti del caso. È stato effettuato il mediatico arresto dell’ex procuratore (ora tornato a casa a Lomas), è stato pubblicato un rapporto segreto e apocrifo della COVAJ che, con screenshot falsificati, dava per chiusa la narrazione dei fatti, si è costretto le famiglie a riascoltare una narrazione falsa e orribile sul destino dei loro figli, è stato rimosso il pubblico ministero speciale a capo del caso e, poco dopo, tutto il suo team, e sono state annullati 21 ordini di arresto contro militari e altri funzionari pubblici, per poi riemetterne 18.

Nell’ottobre 2022, due dei quattro membri del GIEI si sono dimessi in segno di protesta. A luglio 2023, gli altri due hanno pubblicato un sesto rapporto e sono andati via dal paese denunciando le intromissioni politiche nel caso, le menzogne dell’Esercito e l’impossibilità di continuare a indagare. La UEILCA è stata messa nelle mani di un uomo di tabasco, amico del presidente, senza esperienza in casi di scomparizione forzata né diritti umani, che si è dedicato a convocare corsi di danza negli uffici della procura. La COVAJ è rimasta nell’oblio, delegittimata. Dalle sue conferenze stampa mattutine, il presidente ha sostenuto le menzogne dell’esercito e insultato il GIEI, l’ex pubblico ministero speciale e gli avvocati delle famiglie dei 43 studenti scomparsi.

Il 27 agosto 2024, nove anni e undici mesi dopo quella mattina infame in cui i loro figli non tornarono da Iguala, la maggior parte dei padri e delle madri dei 43 studenti scomparsi di Ayotzinapa si sono alzati dal tavolo e hanno dato per terminata la loro relazione con il governo di Andrés Manuel López Obrador. La soglia, ancora una volta, si è chiusa.

Un modo per capire l’ardore con cui adesso due governi suppostamente agli antipodi hanno mentito e continuano a mentire in ogni occasione possibile riguardo i fatti che hanno portato alla scomparsa dei 43 studenti di Ayotzinapa è che quella notte si è aperto il portale che conduce all’altra dimensione ed è lì che si è rivelato il volto nascosto dello Stato.

Passare alla storia

Una cosa sarebbe tentare di risolvere il caso e fallire: sottovalutare il potere dell’omertà di chi protegge le relazioni tra le forze di sicurezza, la procura di giustizia e il traffico internazionale di sostanze illecite. Una cosa sarebbe non dedicare le risorse necessarie all’indagine, non dare il giusto supporto agli investigatori, non rendersi conto della complessità del caso, né il grado di complicità di persone ancora attive in istituzioni vicine all’attuale governo. Una cosa sarebbe fallire.

Ma non è quello che è successo. Con il caso Ayotzinapa, il governo di Andrés Manuel López Obrador ha fatto qualcosa di molto diverso: ha cospirato, falsificato e mentito per fermare l’indagine. Ha fatto lo stesso con la Commissione Nazionale di Ricerca. Ha fatto lo stesso con la Commissione per l’Accesso alla Verità, il Chiarimento Storico e l’Incentivazione alla Giustizia delle Gravi Violazioni dei Diritti Umani Commesse dal 1965 al 1990.

Il soldato cileno, Andrés Antonio Valenzuela Morales, per lo meno ha mantenuto la sua parola: ha raccontato ciò che sapeva e così ha spalancato la porta che conduceva alla dimensione sconosciuta della dittatura cilena. In Messico è come se López Obrador avesse detto: “sì, esiste una dimensione sconosciuta e dallo Stato la renderemo nota”, per poi richiudere la porta in faccia a tutta la nazione.

“Passerà alla storia come il presidente che ha tradito la sua parola, ha tradito le famiglie dei desaparecidos, ha militarizzato il paese…”

Nei suoi discorsi all’Hotel Hilton e poi allo Zócalo il 1° luglio 2018, dopo la sua vittoria elettorale, López Obrador ha detto in diversi momenti: “Voglio passare alla storia come un buon presidente del Messico”. E in quelle parole credo sia stato onesto. Ma no. Passerà alla storia come il presidente che ha tradito la sua parola, ha tradito le famiglie dei desaparecidos, ha militarizzato il paese, ha consolidato il potere del suo partito e, come tutti i suoi predecessori del PRI e del PAN, ha salvaguardato soprattutto la dimensione sconosciuta dello Stato messicano.

¡NOS FALTAN 43!

Il 26 settembre del 2014, esattamente dieci anni fa, 43 studenti della scuola normale di Ayotzinapa, Guerrero, vennero sequestrati dalla polizia e fatti scomparire mentre altre 6 persone vennero assassinate durante quella che venne chiamata “la noche de Iguala”.
In questi dieci anni il governo messicano attraverso la propagandata “verdad historica” ha negato la propria responsabilità e la verità sui fatti di quella notte e sul destino dei ragazzi. 
Le immediate mobilitazioni e le inchieste portate avanti dai loro compagni e dai famigliari hanno ampiamente dimostrato il coinvolgimento di tutti i livelli delle forze di sicurezza governative, comprese le Forze Armate, in quel crimine che possiamo a tutti gli effetti definire un crimine di Stato. 
La voce  delle famiglie  ha inoltre con coraggio aperto una breccia nel muro di impunità amplificando a livello mondiale le migliaia di voci che denunciano le 114,000 “desapariciones” forzate in Messico negli ultimi due decenni.
¡Nos faltan 43! 
(26 settembre 2014-26 settembre 2024)
Cammino da tanto, troppo tempo in cerca della via di casa. 
Ormai i vestiti che ho addosso non li riconosco nemmeno più. 
Sono gli stessi di quella notte assassina di dieci anni fa, quella notte che  chiamate “la noche di Iguala”. 
Non ricordo più nulla di quel che è successo, solo paura, spari e crudeltà. 
Ricordo divise di tutti i livelli, divise di Stato. 
Non ricordo il mio nome, magari non ne ho uno solo ma 43 differenti o uno a caso fra essi. 
Sono confuso frastornato, non sento nulla e vedo poco. 
Ho bisogno di luce e voci complici.
Non ricordo la mia storia né il mio passato, dove ho perso, o meglio mi hanno rubato la strada di casa. 
Ricordo dei miei compagni di Ayotzinapa, della Scuola Normale, della manifestazione. 
Tuttavia a volte svaniscono anche quelle immagini e di colpo divento una ragazza di Veracruz, un migrante Honduregno, una madre di Ciudad Juárez. 
Desparecidos, desaparecidas.
Non so nulla e so tutto ma non riesco a tornare a casa. 
Nella mia testa ho migliaia di storie, ai piedi le scarpe consumate di tanto camminare senza meta. 
Eppure continuo la mia strada a testa alta, con la convinzione che il silenzio terminerà presto. 
Che quelle voci che sento in lontananza diventeranno grida di rabbia sempre più forti e grazie a loro troverò la strada di casa. 
Tornerò a studiare, alla milpa, ad ascoltare le storie di mio nonno, a essere un buon padre oppure una buona madre. 
A poter camminare di notte da sola e senza paura. 
Ecco tornerò a vivere senza paura. 
A casa appunto. 
Ho bisogno di una luce per tornare a vedere la strada che porta al mio paese, alla comunità, al Barrio. 
Ho bisogno delle vostre grida di rabbia e dignità.
È questo il pensiero che mi accompagna e mi tiene alto lo sguardo, in attesa di un segnale. 
So che arriverà perché non possiamo permettere che esista storia senza giustizia e quel finale dobbiamo scriverlo noi.
¡Viv*s l*s llevaron! ¡Viv*s l*s queremos!

Dichiarazione nazionale e internazionale sull’attacco alla comunità di Moisés Gandhi

Ai popoli del Messico e del mondo,

Alle persone, alle collettivitá e ai popoli che difendono la Vita.

A coloro che sentono l’urgenza di agire di fronte a un sud-est messicano in fiamme.

Oggi, in questo momento, il Messico è giunto ad un limite, un limite che sembra sempre lontano finché un proiettile esploso dall’alto non fa detonare la rabbia del Messico dal basso. Il compagno zapatista Jorge López Santiz è in bilico tra la vita e la morte a causa di un attacco paramilitare dell’Organización Regional de Cafeticultores de Ocosingo (ORCAO), la stessa organizzazione che da tempo sta attaccando e molestando le comunità zapatiste.

Il Chiapas è sull’orlo di una guerra civile, con paramilitari e assassini al soldo di vari cartelli che si contendono i territori per i propri profitti, e i gruppi di autodifesa, con la complicità attiva o passiva del governo statale di Rutilio Escandón Cadenas e il governo federale di Andrés Manuel López Obrador. Continua la lettura di Dichiarazione nazionale e internazionale sull’attacco alla comunità di Moisés Gandhi

NON CI SARÀ PAESAGGIO DOPO LA TRASFORMAZIONE – Parte 2 di 3 – La corsa all’Istmo di Tehuantepec

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La corsa all’Istmo di Tehuantepec

Sicurezza Nazionale, Ispirazione Nazionale e
America agli Americani.

“Viene abolito il modello neoliberista” recita un comunicato emesso dal capataz [Capo o sorvegliante di una squadra di operai; fattore, castaldo, capoccia. In questo caso utilizzato per riferirsi al presidente messicano] con data 17 marzo 2019. Rinasce, quindi, dalle sue ceneri il liberismo del diciannovesimo secolo, quello che si caratterizza da un miscuglio di idee e ideologie religiose insieme a quello che chiamano umanesimo. Un modello dove i nemici di ieri, oggi sono amici; dove i principali beneficiari del saccheggio sono gente onesta; dove i multimilionari del paese non hanno smesso di accrescere le loro ricchezze; bene, tutto uguale a ieri.

Questo è il nuovo panorama politico che minaccia Layú bee, c’è un detto che i difensori del capataz di palazzo difendono con cappa e spada – con o senza motivazioni fondate, questo non conta più in tempi di Trasformazione- “finalmente un governo si è voltato a guardare il sudest messicano”. E per questo ci domandiamo: “cosa sta succedendo nel sudest?” Continua la lettura di NON CI SARÀ PAESAGGIO DOPO LA TRASFORMAZIONE – Parte 2 di 3 – La corsa all’Istmo di Tehuantepec

NON CI SARÀ PAESAGGIO DOPO LA TRASFORMAZIONE – Parte 1 di 3 – Layú bee

In solidarietà  l@s  comp@s dell’Asamblea de Pueblos Indígenas del Istmo de Tehuantepec (APIIT) riportiamo la traduzione dei loro comunicati sperando che ci aiutino  a comprendere i livelli dell’attacco estrattivista in atto nel sudovest messicano. L’Istmo da anni purtroppo è diventato un modello di estrazione sistematica di risorse nonché nel corso dell’ultimo decennio un vero e proprio laboratorio di sperimentazione in questo campo.

Il corridoio interoceanico, o treno transistmico, si inserisce insieme al Tren Maya tra i progetti infrastrutturali di punta portati avanti dal governo di Andres Manuel Lopez Obrador (Amlo) e la sua “4° trasformazione” in un contesto di svendita del paese al grande capitale transnazionale (in atto già da tempo). Un progetto di paese totalmente asservito alle logiche mortifere del “progresso” che prendono forma nei tentativi del grande capitale di trarre profitto e imporre il proprio dominio per modificare e riorganizzare i territori in un riassetto che va ben oltre gli interessi regionali. Continua la lettura di NON CI SARÀ PAESAGGIO DOPO LA TRASFORMAZIONE – Parte 1 di 3 – Layú bee

Racconto dalla “Carovana per l’Acqua e per la Vita: popoli uniti contro il saccheggio capitalista”

INTRODUZIONE

Sono ormai passati più di 3 anni da quando il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador (AMLO) ed il suo partito Morena promettevano di porre fine al neoliberismo. In particolare a Huexca e in generale nello stato di Morelos, punti nevralgici del PIM (Proyecto Integral Morelos), diceva che “solo un pazzo potrebbe mettere un gasdotto ed una termoelettrica nella terra di Zapata”. Oggi invece, nella Quarta Trasformazione progressista, i cavalli di battaglia della sua legislazione sono proprio le grandi opere, in particolare il PIM, oltre che il Tren Maya ed il Corridoio inter oceanico. Continua la lettura di Racconto dalla “Carovana per l’Acqua e per la Vita: popoli uniti contro il saccheggio capitalista”

“Carovana per l’acqua e per la vita: Popoli uniti contro il saccheggio capitalista”

Il 22marzo, Giornata mondiale dell’acqua, prenderà il via una carovana che attraverserà numerosi stati del Messico. La carovana partirà da “Altepemecalli – Casa de los pueblos” per far risuonare la voce dei popoli che lottano per difendere il proprio territorio e la propria vita dal saccheggio capitalista.  Di seguito riportiamo la traduzione integrale del comunicato di lancio.

In coda segnaliamo un iniziativa che si terrà, domenica 27 marzo, presso la Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Cacerés a Roma, un appuntamento per parlare e collegarsi con lotte a difesa della terra e dell’acqua in tutto il mondo. Continua la lettura di “Carovana per l’acqua e per la vita: Popoli uniti contro il saccheggio capitalista”