Le sfide della Solidarietà internazionale in Chiapas – 30 anni di BriCo

Condividiamo l’intervento del Nodo Solidale in occasione del dibattito “Sfide della Solidarietà Internazionale nel Chiapas” per celebrare il 30° anniversario delle Brigate di Osservazione Civile (BriCO).

Qui il link della registrazione integrale dell’iniziativa pubblica.

Le sfide della Solidarietà internazionale in Chiapas – 30 anni di BriCo

Compagn3, siamo felici di poter celebrare oggi il 30° anniversario delle Brigate Civili di Osservazione (BriCO), un progetto al quale molt3 di noi hanno partecipato in questi anni e che abbiamo accompagnato in modi diversi.
Per cominciare, vorremmo congratularci con tutt3 i/le compagn3 che hanno lavorato duramente affinché oggi potessimo essere qui a festeggiarle. 
 
Parleremo brevemente del nostro collettivo e di come intendiamo la solidarietà internazionale, che per molt3 di noi è diventata il fulcro principale della nostra lotta.

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GIUSTIZIA PER SAMIR FLORES SOBERANES! 6 ANNI DI IMPUNITÀ

Questo 20 febbraio si compiono 6 anni dal vile assassinio del nostro compagno Samir Flores Soberanes. Sei anni nella totale impunità di un governo che funge da mano armata per il grande capitale. Samir è stato ucciso da 4 colpi di pistola davanti a casa sua ad Amilcingo, nello stato messicano del Morelos, perché difendeva la terra dalla devastazione dei grandi progetti. I nomi di coloro che lo hanno assassinato non li conosciamo ancora, ma sappiamo bene a che interessi rispondevano.

Vi invitiamo questo 20 febbraio alle 12.00 di fronte all’ambasciata messicana a Roma (Via Lazzaro Spallanzani 16) per esigere, dopo sei anni, con la stessa forza, giustizia per Samir! Giustizia per chi difende la terra! Continua la lettura di GIUSTIZIA PER SAMIR FLORES SOBERANES! 6 ANNI DI IMPUNITÀ

Educazione Autonoma in Messico #2 – Esperienze Urbane

Siamo lietə di annunciarvi l’uscita di “Educazione Autonoma in Messico #2 – Esperienze Urbane”, un nuovo elemento della collana “Quaderni della Complicità Globale” realizzata in collaborazione con il progetto editoriale Kairos – moti contemporanei.

Nel volume abbiamo raccolto delle interviste, completamente inedite, dedicate all’educazione all’interno dei processi di organizzazione dal basso e  realizzate come Nodo Solidale in dialogo con l’ Organización Popular Francisco Villa de Izquierda Independiente, Tejiendo Organización Revolucionaria, Brigada Callejera de Apoyo a la Mujer “Elisa Martínez”, A.C. e l’Asamblea de los Pueblos Indígenas del Istmo en Defensa de la Tierra y el Territorio.

Cogliamo l’occasione per ringraziare Carol Rollo per la meravigliosa copertina!

In attesa di organizzare presentazioni e momenti di confronto vi proponiamo qui di seguito l’introduzione al libro👇

Il sogno di un mondo migliore nasce
dalle viscere del suo contrario.
(P. Freire)

Il libro che vi trovate tra le mani nasce dal tentativo di approfondire quanto sperimentiamo nel nostro agire quotidiano a partire dalla relazione tra formazione, produzione e riproduzione di soggettività in lotta, attraverso uno sguardo che parte dalle resistenze delle nostre geografie e si estende al mondo intero. Nella pratica di ogni giorno abbiamo imparato a riconoscere la trasversalità dell’educazione all’interno dei percorsi che attraversiamo, nei nostri luoghi di attivazione e militanza: nelle scuole, nelle università, negli spazi occupati e autogestiti, così come nei quartieri popolari dove abitiamo.

Abbiamo imparato, e ci rendiamo conto ogni giorno sempre di più, che l’educazione, la formazione e la condivisione di saperi sono un terreno di contesa con il sistema di alienazione e sfruttamento capitalista e che è urgente condividere strumenti ed esperienze che mettano in discussione il presente imposto, sostenendo la riproduzione di comunità in lotta nella loro crescita e nella costruzione di mondi altri, nel tentativo urgente di far fronte ad un continuo attacco dall’alto, diretto contro lxs de abajo, ovvero contro le mille soggettività subalterne di tutto il mondo.

Questa raccolta di interviste nasce con la volontà di dare seguito alle riflessioni avviate con il libro “Educazione autonoma in Messico – Chiapas e Oaxaca”, dove avevamo raccolto testimonianze di lotta e di educazione comunitaria nei territori autonomi e ribelli del Messico profondo, esperienze fiorite tra esperimenti di autogestione popolare in zone rurali e indigene. Con questo nuovo testo abbiamo voluto rivolgere lo sguardo verso chi affronta la realtà della Hidra Capitalista, aggredendola da differenti punti e prospettive, nei territori urbanizzati delle città più o meno grandi del centro-sud del Messico. È proprio da questa prospettiva che ci sembra importante continuare a esplorare il ruolo che ha, e che può avere, l’educazione all’interno dei processi di organizzazione autonoma, con un’attenzione particolare a quello che succede in ambito urbano. Per fare questo abbiamo raccolto testimonianze, storie di vita e suggestioni, in dialogo con organizzazioni popolari e sociali con la maggioranza delle quali il Nodo Solidale da anni ha stretto un “patto di complicità”, di alleanza e scambio politico/umano; altre sono organizzazioni incontrate percorrendo il lungo e difficile sentiero dell’autonomia, costruito in seno all’ampio movimento a cui ha dato vita l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (Ezln) a partire dalla sollevazione del 1 gennaio 1994. Siamo partiti quindi da domande di carattere generale, che ci hanno aiutato a identificare che ruolo ha l’educazione formale e istituzionale all’interno della produzione e riproduzione di disuguaglianze lungo le linee di genere, razza e classe per cercare poi di capovolgere la questione:

Che ruolo ha e può avere l’educazione nella produzione e nella riproduzione di soggettività in lotta e nella costruzione di processi dal basso che aspirano ad innescare una trasformazione radicale della società? Come dotarsi di strumenti e pratiche che permettano di comprendere la realtà che ci circonda per poterla trasformare e riscrivere? Qual è l’importanza di costruire forme di apprendimento libere e autonome per dotarsi di antidoti al presente capitalista che quotidianamente ci impone guerra, sfruttamento, oppressione, saccheggio e violenza? Cosa possiamo recuperare delle esperienze di educazione popolare e autonoma lontane e vicine nello spazio e nel tempo?

La maggior parte delle realtà che abbiamo scelto di intervistare sono organizzazioni che non si occupano direttamente di educazione ma, piuttosto, vedono nell’educazione popolare uno strumento per rendere riproducibile il proprio progetto politico e le proprie pratiche di riappropriazione dei bisogni e trasformazione della realtà, per sostenere la soggettivazione della subalternità e un ribaltamento, nella pratica, dello stato di cose presente.

Con l’esperienza del Progetto di Educazione e Cultura dell’Organización Popular Francisco Villa de Izquierda Independiente (OPFVII) abbiamo potuto scoprire come, a partire dalla rivendicazione di un tetto per tutti e tutte, si possa scommettere sulla costruzione di un mondo anticapitalista, qui e ora, stimolando alla partecipazione e alla vita comunitaria tutte le persone che abitano nelle comunità dell’Organizzazione, attraverso un processo continuo di crescita collettiva e di articolazione tra soggetti in lotta.

Grazie ad alcune compagne di Tejiendo Organización Revolucionaria (TOR) – organizzazione nata dalle lotte universitarie dei primi del 2000, oggi con un piede dentro e uno fuori dall’università, e in prima fila nella lotta per il diritto ad un’educazione pubblica e di qualità – abbiamo potuto approfondire come i saperi saccheggiati all’accademia possono essere messi a disposizione di movimenti e percorsi di trasformazione sociale. Insieme abbiamo approfondito l’esperienza della scuola “Preparatoria Karl Marx”, costruita insieme all’OPFVII e con il sostegno di compagne e compagni solidali, e della scuola di formazione sindacale del sindacato dei lavoratori e delle lavoratrici dell’Univesidad Autonoma de Mexico, come proprio contributo al sindacalismo di base messicano.

“Brigada Callejera” è un’organizzazione civile autonoma di Città del Messico con oltre 30 anni di storia in strada, in prima linea tanto contro la tratta di persone, quanto per la rivendicazione del diritto alla salute e all’organizzazione delle lavoratrici sessuali. Con loro abbiamo parlato dell’importanza di riappropriarsi delle conoscenze relative al proprio corpo, la propria salute e dell’importanza di fornire alle lavoratrici sessuali la possibilità di ultimare o portare avanti gli studi, come passo fondamentale nel contesto più ampio della riappropriazione – senza deleghe – dei propri diritti.

In conclusione, una compagna dell’Asamblea de los Pueblos Indigenas del Istmo en Defensa de la Tierra y el Territorio (APIIDTT) ci ha raccontato l’esperienza della “Escuelita de la Tierra Rusianda’” e della riappropriazione delle conoscenze legate all’utilizzo delle piante medicinali intrapresa insieme ai ragazzi e alle ragazze di una scuola a Juchitàn de Zaragoza -’Istmo di Tehuantepec, stato di Oaxaca – e di come uno spazio autogestito può diventare un luogo di incontro e socialità, antidoto all’isolamento imposto dalla pandemia di COVID-19, capace di incrinare le mura che separano scuola e territorio.
Le parole che trovate custodite in questo libro sono frutto di conversazioni che sono state possibili grazie al cammino collettivo, svolto fianco a fianco con ognuna delle organizzazioni protagoniste. La profondità e la vicinanza dei racconti gentilmente condivisi sono il risultato di numerosi scambi di saperi, attraverso momenti laboratoriali e di dibattito su diversi temi – dall’educazione alla salute-, fecondati in spazi comuni di lotta come picchetti, manifestazioni e, in alcuni casi, anche le barricate. Spesso davanti al fuoco, con caffè caldo in mano, con la polizia schierata sullo sfondo di un plantón in una geografia o un calendario qualsiasi, nasce l’idea di collaborare fra diversi, fra güeros e lotte locali, e ci si inventa un workshop come pretesto; elementi pratici per condividere tempo, emozioni e saperi, le tattiche, i mille modi della resistenza e dell’organizzazione dal basso.
Tra queste occasioni di scambio possiamo citare per esempio il Laboratorio di grafica, embrione della Scuola di Arti e Mestieri dell’OPFVII; i laboratori di serigrafia – portati avanti con la complicità e solidarietà di 0stile Serigrafia Ribelle -; il laboratorio creativo “Cielo Stampato” – nato nella periferia romana e condiviso dalla Microstamperia Quarticciolo con i bambini dell’OPFVII e di Brigada callejera -; le giornate ed i laboratori dedicate alla salute con personale sanitario solidale dall’Italia condivisi assieme alla Brigada Callejera in uno dei quartieri più difficili del cuore popolare di Città del Messico, La Merced, come nella selva e sulle montagne del sud indigeno del Messico.

Speriamo questo libro possa servire altrettanto da stimolo su questa sponda dell’oceano per la creazione di momenti di dibattito e incontro a partire dal desiderio di continuare a “camminare domandando” i sentieri della sovversione, guidandoci nella costruzione di un mondo che possa accogliere tutti i mondi possibili. Questo testo, insieme agli altri libri della collana “Quaderni della complicità globale”, nasce con la speranza di essere un elemento di connessione, affinché ci si possa conoscere e imparare a riconoscere tra organizzazioni, collettivi, associazioni e singoli, confrontandoci a partire dall’educazione intesa come pratica di liberazione e su tutte le differenti tematiche del complesso, difficile e necessario mondo dell’autogestione, dell’autogoverno e dell’organizzazione popolare.

La nostra idea di scrivere e riportare lotte geograficamente così lontane non si fonda sulla necessità di importare ricette o linee guida per applicarle qui, e ancora meno sulla loro narrazione esotizzante, ma sul tentativo di raccontare la diversità per offrire elementi che possano ampliare lo sguardo sull’orizzonte, e così aiutarci a cogliere le infinite sfumature del presente, nelle quali inserire urgentemente il grimaldello della trasformazione sociale.

Nodo Solidale

Honduras: el Estado contra ellas

da Radio BlackOut

HONDURAS: EL ESTADO CONTRA ELLAS

CARCERE, MILITARIZZAZIONE E IMPUNITÀ NELLO STATO D’ECCEZIONE

Il 20 giugno 2023 ci fu un massacro nell’allora unico centro penitenziario femminile dell’Honduras, il PNFAS (Penitenciaría Nacional Femenina de Adaptación Social). 46 donne detenute con accuse relative all’affiliazione alla Mara Salvatrucha, la MS-13, furono brutalmente assassinate da altre donne appartenenti alla Pandilla Barrio 18. Le maras e le pandillas rappresentano il fenomeno predominante della criminalità organizzata in Centro America.
Quella del giugno 2023 è stata la più grande strage mai avvenuta in una prigione femminile nel Paese. Diverse denunce delle sopravvissute indicano che si sarebbe potuta evitare: molte detenute avevano segnalato ripetuti episodi di minacce e avevano chiesto di essere trasferite in altre strutture. Le armi utilizzate nel massacro sembrano provenire dalle forze di polizia, che in quel periodo gestivano la struttura carceraria, così come riportato nel documentario El País Carcel, frutto del lavoro d’inchiesta delle giornaliste di Contracorriente. Perché si è permesso che un simile massacro avvenisse? È la domanda che guida l’inchiesta e il documentario. L’Honduras già all’epoca si trovava in stato d’eccezione, emanato nel novembre 2022 per la lotta a maras e pandillas, e in particolare alle estorsioni. Con lo stato d’eccezione, ancora oggi in vigore, le forze di polizia e i militari hanno ottenuto ampi poteri per compiere arresti senza necessità di mandato, controllare i movimenti delle persone e intervenire con maggiore forza nelle aree sotto il loro controllo.
Dopo il massacro, la gestione delle carceri è stata affidata nuovamente ai militari. Nel frattempo il governo ha avviato una campagna mediatica con la promessa della costruzione di un megacarcere sull’isola del Cisne, nel nord del Paese. Questa appare più che altro come una mossa propagandistica, quello che potremmo definire populismo penale, nel solco della straordinaria popolarità di cui gode Nayib Bukele, attuale presidente del Salvador, dopo aver adottato politiche di tolleranza zero per la lotta a maras e pandillas. Negli ultimi 3 anni nel Salvador sono state arrestate oltre 80 mila persone, giovani e giovanissimi accusati di essere affiliati alle bande. Hanno fatto il giro del mondo le foto dei trasferimenti al CECOT (Centro de Confinamiento del Terrorismo), mega-carcere destinato a ospitare più di 40 mila persone.

In questa intervista con Jennifer Ávila, autrice del documentario e giornalista di Contracorriente, si affrontano tutti questi temi, con un focus particolare sul caso honduregno. Ciò che emerge è che la strage del giugno 2023 è il riflesso delle trattative tra lo Stato e la criminalità organizzata.

Ancora una volta, la guerra è stata combattuta sui corpi delle donne.

Come affermano le compagne:

No fueron unas contra otras, fue el Estado contra ellas.

Non si è trattato di uno scontro tra bande, ma del più grande femminicidio di Stato mai avvenuto nel Paese.

 

La violenza in Messico, a Guerrero, e l’invenzione della realtà ai tempi della 4T

Pubblichiamo la traduzione del comunicato del 19.11.2024 del CIPOG-EZ come contributo ai racconti del contesto di profonda violenza in cui versa il Messico intero e soprattutto la forma parossistica che assume nei territori più remoti del paese, come lo stato di Guerrero. 
Il contesto che ci viene raccontato è quello di una guerra civile promossa dall’alto, che chiamiamo guerra di frammentazione territoriale, una disputa intrapresa dal grande capitale transnazionale che si dispiega con tutta la sua violenza alla conclusione dell’ultimo ciclo presidenziale di MORENA sotto la direzione di Andres Manuel Lopez Obrador. All’inizio del nuovo mandato di Claudia Scheinbaum il paese versa in uno stato di violenza diffusa e ci restituisce le conseguenze di questa aggressione ai territori, alle comunità e alle organizzazioni autonome che si rifiutano di svendere i territori ancestrali che custodiscono. Una lotta per l’accaparramento di risorse che si fa sempre più pressante e che usa il crimine organizzato come braccio armato del gran Capitale,  che in Messico si materializza in megaprogetti come il Corridoio Interoceanico dell’Istmo, il Malchiamato Tren Maya, il Proyecto Integral Morelos.

Attraverso questdettagliata denuncia della situazione di violenza diffusa nello stato di Guerrero scorgiamo lo stesso schema che si riproduce in tutto il paese, principalmente in Chiapas e Oaxaca, dove osserviamo una fluida continuità tra differenti istituzioni di governo, forze di poliziamilitari e organizzazioni criminali. Un un processo frammentato ma a sua volta unitario, orientato a distruggere per ricorstruire,  a spopolare per ripopolare nel tentativo di accaparrarsi la fetta più grande di una torta sempre più piccola.

È in questo scenario e nel moltiplicarsi di attori armati che emerge chiaramente il ruolo delle organizzazione narco-paramilitari nella creazione di un clima di instabilità e violenza sistemica che permette – attraverso il terrore – una nuova accumulazione originaria, scagliata contro i popoli indigeni, ultimo antidoto all’aggressione estrattivista e baluardo nella lotta per la difesa del territorio e della vita; granelli di sabbia negli ingranaggi di una guerra che dal 2006 ad oggi ha mietuto oltre 480.000 vittime e 115.000 desaparecidos.

È di questa stessa guerra che è caduto vittima padre Marcelo Perez a San Cristobal in Chiapas,nel mese scorso, così come lo sono i 43 normalisti di Ayotzinapa, inghiottiti nel nulla da ormai 10 anni; è all’interno di questo stesso macabro quadro che si inserisce la guerra, sempre meno a bassa intensità, contro le comunità dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, colpevoli di ostinarsi a creare un mondo migliore, senza Stato e senza padroni, nel bel mezzo di un Paese (e un mondo) al bordo del collasso.

#NarcoEsDespojo 
#NarcoEsCapitalismo

 

19 novembre 2024

All’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
Al Congresso Nazionale Indigeno
Al Consiglio Indigeno di Governo
Alla Sesta Internazionale
A chi ha sottoscritto “Una dichiarazione per la vita”
Alle Reti di Resistenza e Ribellione
Alle Organizzazioni per i diritti umani
Ai Popoli del Messico
Al Movimento sociale di Guerrero
Ai Mezzi di comunicazione liberi e autonomi

 

Fratelli e sorelle del Messico e del mondo, vogliamo condividere con voi le nostre parole sulla situazione che stiamo vedendo e vivendo nello stato di Guerrero e in Messico:

Con tutto l’apparato dello Stato, con 4 canali televisivi pubblici dove quotidianamente vengono trasmesse le conferenze stampa mattutine, giornali, notiziari radio e TV, su internet e  a stampa, l’attuale governo della Quarta Trasformazione guidato da Claudia Sheinbaum, con Omar García Harfuch come Segretario di Sicurezza e Protezione Civile del Messico, ripete fino allo sfinimento discorsi su ciò che il suo governo fa – o dice di fare – per ristabilire la pace nel paese. Attraverso questi discorsi, costruisce una realtà inesistente e cerca di ingannare la popolazione, facendo credere che il male sia esterno all’apparato statale e che provenga solo da alcuni individui che creano l’intera violenza nel paese. Con una narrativa da telenovela, parlano durante le conferenze stampa mattutine di coordinamento tra stati, di spionaggio, di sicurezza e di arresti di persone importanti all’interno delle diverse strutture criminali.

Ma ciò che vediamo e viviamo quotidianamente nello stato di Guerrero è completamente l’opposto di tutto questo:

Sparatorie e omicidi di innocenti, decapitazioni di sindaci, sequestri di gruppo che coinvolgono donne, bambini e bambine, incenerimento di corpi, che secondo il capo della Segreteria della Difesa Nazionale, Ricardo Trevilla Trejo, sono dovuti a “scontri tra gruppi locali”; partendo da questa affermazione, ci chiediamo: a quale gruppo criminale locale apparteneva il sindaco di Chilpancingo, Alejandro Arcos Catalán, per meritarsi di essere decapitato? E a quale gruppo appartenevano le donne e i bambini sequestrati a Mochitlán?

Vediamo e viviamo sfollamenti forzati, estorsioni, il controllo delle risorse economiche dei comuni da parte di gruppi criminali, le telecamere di videosorveglianza nel comune di Chilapa sotto il controllo degli Ardillos, il traffico di stupefacenti su tutte le strade dello stato con la compiacenza della Polizie Municipale, Statale e delle autorità dello Stato; molestie, intimidazioni e furti nei confronti di appartenenti al mondo del giornalismo di Guerrero; pranzi e conversazioni cordiali tra sindaci, sindache e produttori di violenza – così come vengono chiamati oggi nelle conferenze stampa mattutine -, come il pranzo di Norma Otilia Montaño (ex-sindaca di Chilpancingo) con Celso Ortega, leader degli Ardillos; osserviamo anche incarcerazioni di capri espiatori e indagini pilotate per evitare l’arresto dei capi dei gruppi criminali, i mandanti intellettuali; in questi casi, è evidente la complicità e la partecipazione diretta di autorità municipali, statali e federali, insieme alle corporazioni di “sicurezza”, compresa la Guardia Nazionale, la SEDENA e la Marina, il cui numero di effettivi raggiungono già i 12.675 tra Tecpan, Quechultenango, Acapulco e altri comuni dello stato, secondo Ricardo Trevilla Trejo, lo stesso capo della SEDENA la cui analisi della realtà indica che il problema di Guerrero sono gli “scontri tra gruppi locali”.

Il semplicismo delle loro affermazioni dovrebbe essere una prova sufficiente per capire che: 1. Le capacità cognitive di coloro che dirigono le corporazioni di sicurezza dello Stato sono inesistenti. 2. La criminalità organizzata ha il suo volto più visibile in chi spara, uccide, rapisce, traffica, ecc., ma il volto occulto della criminalità veste in giacca e cravatta e si trova in ogni istituzione dello Stato e in ogni corporazione di “sicurezza”. Per noi, popoli indigeni che abbiamo vissuto da vicino la violenza dei gruppi criminali e il silenzio dello Stato, è chiaro che la criminalità sono tutti e tutte loro.

Dal nostro punto di vista, il governo ha tollerato l’esistenza di gruppi paramilitari, narco-paramilitari e cartelli che arrivano a controllare interi territori in tutto il paese, spesso per appropriarsi delle risorse naturali custodite dai popoli e dalle comunità indigene, per poi consegnarle al capitale transnazionale; i partiti politici sono collusi con la mafia, con cartelli locali e non, per controllare il territorio e cooptare le popolazioni del paese affinché gli fossero affidate cariche pubbliche (sindaci, governatori, presidenti), con la conseguenza evidente di dover restituire il favore a chi li ha messi al potere.

Lo stesso governo federale ha tollerato l’esistenza dei cartelli per controllare il movimento sociale-popolare di Guerrero e del paese, i sistemi comunitari e di giustizia sorti da assemblee popolari e dalle comunità; le corporazioni di sicurezza percepiscono un secondo stipendio, più redditizio rispetto a quello che ricevono per il loro lavoro legale, dal servizio che offrono alla criminalità; il denaro che circola nelle sfere del potere, da qualsiasi fonte provenga, legale o illegale, è più importante della vita del popolo, sia esso di Guerrero, Chiapas, Sinaloa, Guanajuato, Oaxaca, Michoacán o di qualsiasi stato del paese. Per questo affermiamo con chiarezza che la criminalità è lo Stato.

È per questo che non accettiamo la narrazione dei buoni contro i cattivi, ciò che vediamo è l’intervento assoluto, non di sola complicità, ma di coinvolgimento dello Stato nei crimini contro la popolazione messicana. In Guerrero, il Consiglio Indigeno e Popolare di Guerrero Emiliano Zapata (CIPOG-EZ), durante l’intero mandato di Andrés Manuel, ha denunciato il gruppo narco-paramilitare Los Ardillos, che ha rapito, torturato, fatto a pezzi e ucciso 63 abitanti delle comunità della Montagna Bassa di Guerrero, oltre alla desaparicion forzata di altri 22 fratelli e sorelle, allo sfollamento e all’assedio di queste comunità.

Lo abbiamo detto in faccia allo stesso Andrés Manuel quando è stato intercettato dal CIPOG-EZ nell’ottobre 2022, sulla strada che va da Chilapa a Tlapa: “CI STANNO UCCIDENDO! Evelyn Salgado (governatrice dello stato di Guerrero) sa chi sono e dove si trovano Los Ardillos, i presidenti municipali lavorano con Los Ardillos, pubblici ministeri e giudici dello stato lavorano con loro, le polizie municipali e statali sono Ardillos, Bernardo Ortega Jiménez, attuale deputato del PRD, è il capo degli Ardillos insieme ai suoi fratelli. Chilapa, Quechultenango, Tixtla, Colotlipa, Acatepec, ecc., sono municipi sotto il controllo degli Ardillos”.

Nonostante quanto già detto, lo scorso 13 novembre, Harfuch ha annunciato trionfalmente l’arresto di Vicente Gerardo, detto “El Garza”, a Querétaro (sono andati fin là a cacciare Ardillos, pur sapendo dove operano), capo zona degli Ardillos. Come se avessero sradicato il male dallo stato di Guerrero, hanno annunciato il suo arresto collegandolo alla decapitazione del sindaco di Chilpancingo, alla sparizione e all’omicidio della famiglia di Mochitlán, al controllo di ampie regioni di Guerrero come Tecoanapa, Ayutla de los Libres e San Marcos, ecc., come se fosse lui il capo degli Ardillos; ma noi sappiamo e abbiamo già denunciato dove si trovano i veri capi di questo gruppo criminale.

È sufficiente chiedersi perché non arrestano Bernardo Ortega Jiménez, deputato del PRD di Guerrero e capo degli Ardillos, o Jesús Parra García, ex sindaco del PRI di Chilapa, oggi deputato locale al congresso di Guerrero, che sa come e dove operano gli Ardillos e come si finanziano le campagne elettorali affinché persone come lui diventino deputati o accedano a incarichi pubblici.

Quindi è sufficiente chiedersi per quale motivo arrestino piccoli delinquenti e non coloro che dirigono le organizzazioni criminali per comprendere che la violenza a Guerrero non avrà fine poiché è provocata dallo stesso Stato, in tutte le sue strutture, e lo Stato non può attaccare se stesso. Per questo, la cosa più comoda è simulare operazioni, reinventare la realtà e mantenere intatta la struttura criminale. Pace a parole, violenza nei fatti.

Di quanto detto finora riteniamo direttamente responsabili Claudia Sheinbaum, Evelyn Salgado, Harfuch, i presidenti municipali e le corporazioni di sicurezza; per la violenza che si vive nel paese e per la morte delle persone che ogni giorno sono vittime della violenza causata dal disprezzo dei gruppi al governo. Li riteniamo responsabili della sicurezza del nostro fratello Jesús Plácido Galindo, promotore del CIPOG-EZ, come di altre autorità comunitarie, minacciate di morte dagli Ardillos, e per le quali non sono è stata messa in atto alcun tipo di misura di sicurezza; sappiamo perché.

Facciamo un appello alla società affinché metta in dubbio e  e si interroghi sul discorso portato avanti dai mezzi di comunicazione e attraverso cui pretendono convincerci che il governo di Morena stia disarticolando la criminalità e lavorando per la sicurezza del popolo, mentre in realtà sta solo assicurando la consegna delle risorse naturali del paese al capitale e la sua permanenza al potere per molti mandati.

Facciamo appello ai maestri, agli intellettuali, a rendere visibile attraverso il pensiero critico la realtà del paese e la costruzione di discorsi provenienti dal potere. Rivolgiamo inoltre un appello ai contadini, alle organizzazioni sociali, agli studenti e al movimento popolare di Guerrero affinché si organizzino per la difesa della vita delle loro comunità e per la difesa del territorio, poiché la giustizia non arriverà mai dall’alto.

Ai popoli e alle comunità del Messico, chiediamo di rimanere in allerta, poiché lo scenario che descriviamo non si verifica solo a Guerrero, ma in tutto il paese. Gli omicidi e gli arresti continueranno, perché prolungare la permanenza di Morena al potere e posizionare politicamente Harfuch, personaggio dal passato tetro (con un nonno militare assassino di studenti nel 1968, un padre torturatore membro della Direzione Federale di Sicurezza durante la Guerra Sucia, e lui stesso artefice, insieme ad altri, della cosiddetta “verità storica” nel caso della sparizione dei normalisti di Ayotzinapa), come figura centrale del prossimo mandato, implica spianare la strada e riordinare il territorio, le forze economiche, politiche e sociali in Messico, uccidendo persone innocenti e chi lotta per difendere la vita e il territorio, distruggendo storie per imporre la propria, quella del vincitore, cosa che ci rende fortemente vulnerabili.

Alle organizzazioni per i diritti umani solidali, alla Sesta Nazionale e all’Altra Europa, quella che non si arrende, chiediamo di continuare a vegliare su di noi, come hanno sempre fatto fino ad oggi.

A 114 anni dall’inizio della Rivoluzione Messicana, rivendichiamo la lotta di Emiliano Zapata, di Francisco Villa, di Magón e di tutte quelle persone che hanno lottato per la vita e per la costruzione di una realtà senza tiranni e sfruttatori, con libertà, giustizia e democrazia.

Abbracciamo i nostri fratelli e sorelle dell’EZLN per i loro 41 anni di lunga ribellione e resistenza. Come CIPOG-EZ, continuiamo a resistere, senza arrenderci, senza venderci e senza claudicare.

FERMIAMO LA GUERRA CONTRO I POPOLI DEL MESSICO E DEL MONDO!

Con rispetto:

Consiglio Indigeno e Popolare di Guerrero Emiliano Zapata.

Link originale: https://www.congresonacionalindigena.org/2024/11/19/la-violencia-en-mexico-en-guerrero-y-la-creacion-de-realidades-en-tiempos-de-la-4t/

Per saperne di più: https://radiozapote.org/denuncia-urgente-hostigamiento-y-amenazas-a-companers-de-la-mision-civil-de-observacion-sexta/

Nieto 133- Identità rubate

Il collettivo Nodo Solidale:
A Cristina
A Flori
Alla grande famiglia che siete
Alla grande famiglia che siamo

Desaparecidos. Desaparecidas. Scomparsi.
Nell’Argentina della dittatura militare, tra il 1976 e il 1983, nel  cosiddetto Processo di Riorganizzazione Nazionale, 30.000 vite furono inghiottite dal buio. Studenti e studentesse, operai e operaie, sindacalisti, artisti, cineasti, teatranti, membri della Chiesa, maestri e maestre. Donne e uomini, perlopiù giovani, che agli occhi del potere erano, o potevano diventare, una minaccia al regime. Ribelli, insubordinati, dissidenti. Una generazione intera strappata via. Torturati con ferocia disumana. Corpi stuprati, massacrati, umiliati, annientati in maniera sistematica. Pochissimi sono sopravvissuti.

Donne incinte sequestrate nei centri di tortura, sottoposte alla stessa brutalità delle altre. I  figli, partoriti nell’orrore, venivano strappati dalle loro braccia, privati del loro nome, della loro storia, venduti o affidati a famiglie compiacenti, quasi sempre militari o collusi con il sistema criminale.

Le loro identità furono rubate e profanate. 30.000 uomini e donne, in quei sette anni, sono stati inghiottiti dall’acqua, dalla terra, dal fuoco. Scaraventati nell’oblio. I loro corpi spariti, ingurgitati dall’orrore fascista. Eppure le loro voci, i loro sogni, la loro lotta e le loro ragioni non sono mai stati davvero cancellati. Non sono riusciti  a “desaparecerlos”, a farli sparire del tutto. Mai. Las Madres, Las Abuelas y Los Hijos de Plaza de Mayo, insieme a molti altri, non hanno più smesso di combattere.
Hanno trasformato il dolore in resistenza, la memoria in uno strumento di giustizia, costruendo ponti tra passato e presente. Cercano, nominano, denunciano ancora. Gridano ancora. Perché dimenticare significa essere complici.

Chi non conosce questa storia, giovane o adulto, deve conoscerla. Chi l’ha dimenticata, se ne assuma la responsabilità. Non c’è giustizia senza memoria, non c’è futuro senza verità.

Come Nodo Solidale, piccolo collettivo con radici sia in Italia – terra d’origine di tanti migranti giunti in Argentina – sia in Messico – immensa fossa comune in cui all’oggi sono sprofondati nel nulla 115,000 desaparecid@s – sentiamo il dovere di contribuire a preservare e diffondere la memoria della dittatura argentina di quegli anni, degli orrori e le atrocità che ha provocato, così come di tutte le dittature e i fascismi, espliciti o mascherati, che hanno segnato la storia, ieri come oggi, in ogni angolo del mondo. La memoria non riguarda solo un passato lontano, ma é continua vigilanza contro ogni forma di oppressione, fascismo, violenza e negazione dei diritti umani, in qualsiasi contesto e in qualsiasi tempo. Perché solo attraverso la memoria, senza perdono per gli assassini né oblio per i loro complici, possiamo fare in modo che quel Nunca Más sia davvero definitivo.

Oggi vogliamo condividere la storia del NIETO 133, Daniel Santucho Navajas, figlio di Julio e Cristina, rubato alla madre, poi desaparecida, durante la sua prigionia. Dopo anni di lotte e speranze infrante, nel luglio del 2023, a questo nieto, a questo nipote – che ormai è un uomo – è stata restituita l’identità, e, con essa, una parte della vita che gli era stata sottratta. Il caso di Daniel è simbolo di tutte le storie di nietos e nietas rubati, ma anche di una speranza che non muore mai: che la verità e la giustizia possano prevalere, anche dopo decenni di silenzio e omertà. Questa restituzione di identità non è solo una vittoria personale, ma un atto di resistenza collettiva, che ci ricorda quanto sia fondamentale non arrendersi. Mancano ancora 300 nipoti delle Abuelas de Plaza de Mayo, strappati ai loro familiari dai militari, e potrebbero trovarsi ovunque, anche in Europa. La loro ricerca non è finita, la lotta, appunto, continua. Diffondi, condividi, e fai in modo che la memoria non svanisca.

Esistono numerosi testi, dossier, romanzi, film e altri contributi che raccontano la storia e le storie dei desaparecidos e delle desaparecidas durante la dittatura argentina. Questi racconti sono ancora lì, pronti a essere scoperti. È nostro dovere cercarli, ascoltarli e non dimenticare.

Qui i link ai materiali sulla storia del NIETO 133:

“Identidad robada” Breve documentario diretto da Rodrigo Vazquez-Salessi e Florencia Santucho sulla storia di Daniel. Prossimamente avrà anche i sottotitoli in italiano.
“I dubbi che Daniel Santucho Navajas aveva sulla sua identità sono finalmente venuti alla luce quando le Abuelas de Plaza de Mayo, che conservano le informazioni genetiche delle vittime della dittatura militare in Argentina, hanno trovato una corrispondenza di DNA per lui nel luglio del 2023. Riconnettendosi con la sua famiglia biologica, Daniel scopre la verità su ciò che gli è accaduto. Scopre di essere nato in un centro di detenzione e di essere stato adottato in segreto. Sua madre è ancora una delle migliaia di desaparecidos. Durante la sua ricerca della verità, si svela il programma sistematico di adozioni illegali e crimini commessi durante la dittatura militare dal 1976 al 1983”.
– In italiano il bellissimo Podcast di Claudia Gatti, Riccardo Cocozza e Florencia Santucho, NIETO 133 – Storia di una famiglia contro le dittature argentine.

“Questa è la saga di una famiglia militante che segna la storia dell’Argentina degli ultimi 70 anni, la famiglia Santucho, le dittature, la lotta armata, i desaparecidos, i mondiali del 76 e poi l’esilio, l’Italia e il Messico, e poi ancora la democrazia e i processi a metà, il PC e i centri sociali, e Genova, Maastricht e la Patagonia, fanno da sfondo a identità militanti che si muovono tra Italia e Argentina alla ricerca della verità e attanagliati da un dubbio. Dubbio che trova una risposta in un volto di 46 anni. È il 28 luglio 2023. Finalmente, una nuova identità militante, l’ultimo Santucho, emerge dal passato e si fa futuro. Questa è la storia di Daniel, Nieto 33.

Il link alla commovente conferenza stampa in cui la famiglia Santucho annuncia il ritrovamento di Daniel.
É importante chiamarlo nipote, anche se è figlio, fratello e padre perché come ricorda la presenza e le parole di  Estela Carlotto, rappresentante delle madri di Plaza de Mayo, lui è anche il nipote di Nelida Gomez Navaja. Nonna di Plaza de Mayo, Nelida è morta nel 2012 e non ha mai smesso di cercare suo nipote fino alla fine della sua vita.

————————-CASTELLANO————————————–

Para Cristina
Para Flori
A la gran familia que son
A la gran familia que somos

Desaparecidos. Desaparecidas.

En la Argentina de la dictadura militar, entre 1976 y 1983, durante el llamado Proceso de Reorganización Nacional, 30.000 vidas fueron tragadas por las tinieblas. Estudiantes, obreros y obreras, sindicalistas, artistas, miembros de la Iglesia, maestros y maestras. Mujeres y hombres, en su mayoría jóvenes, que a los ojos del poder eran, o podían llegar a ser, una amenaza para el régimen. Revolucionaries, rebeldes, insubordinados, disidentes. Toda una generación diezmada. Torturada con ferocidad inhumana. Cuerpos violados, masacrados, humillados, aniquilados sistemáticamente. Muy pocos sobrevivieron. Mujeres embarazadas apresadas en centros de tortura, sometidas a la misma brutalidad que las demás. Sus hijos, nacidos en el horror, fueron arrancados de sus brazos, privados de su nombre, de su historia, vendidos o entregados a familias complacientes, casi siempre militares o en connivencia con el sistema criminal.

Sus identidades fueron robadas y profanadas. 30.000 hombres y mujeres, en esos siete años, fueron tragados por el agua, la tierra, el fuego. Arrojados al olvido. Sus cuerpos desaparecieron, engullidos por el horror fascista. Sin embargo, sus voces, sus sueños, su lucha y sus razones nunca las pudieron borraron. No consiguieron «desaparecerlos». Nunca. Las Madres, Las Abuelas y Los Hijos de Plaza de Mayo, junto con muchos otros y otras, nunca han dejado de luchar.  Han transformado el dolor en resistencia, la memoria en instrumento de justicia, tejiendo puentes entre el pasado y el presente. Siguen buscando, siguen nombrando, siguen denunciando. Siguen gritando. Porque olvidar significa ser cómplice.

Los que no conocen esta historia, jóvenes o mayores, deben conocerla. Los que la han olvidado, que asuman su responsabilidad. No hay justicia sin memoria, no hay futuro sin verdad.

Como Nodo Solidale, un pequeño colectivo con raíces tanto en Italia – la tierra de origen de tantos migrantes que llegaron a Argentina – como en México – una inmensa fosa común en la que se cuentan 115,000 desaparecid@s – sentimos que es nuestro deber contribuir a preservar y difundir la memoria de la dictadura argentina de aquellos años, de los horrores y atrocidades que provocó, así como de todas las dictaduras y fascismos, explícitos o enmascarados, que han marcado la historia, ayer como hoy, en todos los rincones del mundo. La memoria no se refiere sólo al pasado lejano, sino que es una vigilancia continua contra todas las formas de opresión, fascismo, violencia y negación de los derechos humanos, en cualquier contexto y en cualquier momento. Porque sólo a través de la memoria, sin perdón para los asesinos ni olvido para sus cómplices, podremos conseguir que el Nunca Más sea realmente definitivo.

Hoy queremos compartir la historia de NIETO 133, Daniel Santucho Navajas, hijo de Julio y Cristina, robado a su madre, posteriormente desaparecida, durante su encarcelamiento. Tras años de lucha y esperanzas rotas, en julio de 2023, este nieto -que ahora es un hombre- recuperó su identidad y, con ella, una parte de la vida que le había sido arrebatada.

El caso de Daniel es simbólico de todas las historias de nietos y nietas robados, pero también de una esperanza que nunca muere: que la verdad y la justicia puedan prevalecer, incluso después de décadas de silencio y complicidad. Esta restitución de la identidad no es sólo una victoria personal, sino un acto de resistencia colectiva, que nos recuerda lo crucial que es no rendirse.

Todavía hay 300 nietos de las Abuelas de Plaza de Mayo desaparecidos, arrebatados a sus familias por los militares, y podrían estar en cualquier parte, incluso en Europa. Su búsqueda no ha terminado, la lucha, de hecho, continúa. Difunde, comparte y haz que la memoria no se desvanezca.

Existen numerosos textos, novelas, películas y otras aportaciones que relatan la historia y las historias de los desaparecidos y desaparecidas durante la dictadura argentina. Estas historias siguen ahí, listas para ser descubiertas. Es nuestro deber buscarlas, escucharlas y no olvidar.

Aquí siguen los enlaces a materiales sobre la historia del NIETO 133:

– “Identidad Robada” Breve documental dirigido por Rodrigo Vazquez-Salessi y Florencia Santucho sobre la historia de Daniel.
«Las dudas que Daniel Santucho Navajas tenía sobre su identidad finalmente salieron a la luz cuando las Abuelas de Plaza de Mayo, que almacenan la información genética de las víctimas de la dictadura militar en Argentina, encontraron una coincidencia de ADN para él en julio de 2023. Al reencontrarse con su familia biológica, Daniel descubre la verdad sobre lo que le ocurrió. Descubre que nació en un centro de detención y que fue adoptado en secreto. Su madre sigue siendo una de los miles de desaparecidos. Durante su búsqueda de la verdad, se revela el programa sistemático de adopciones ilegales y los crímenes cometidos durante la dictadura militar de 1976 a 1983».

https://www.instagram.com/reel/DCisRFKtCTI/?igsh=bHV0dDd2M2hmaDc2

-El enlace a la emotiva conferencia de prensa en la que la familia Santucho anunció el hallazgo de Daniel.
Es importante llamarlo nieto, aunque sea hijo, hermano y padre porque, como recuerda Estela Carlotto, representante de las Madres de Plaza de Mayo, también es nieto de Nélida Gómez Navaja. Abuela de Plaza de Mayo, Nélida murió en 2012 y nunca dejó de buscar a su nieto hasta el final de su vida.

En italiano, el hermoso Podcast de Claudia Gatti, Riccardo Cocozza y Florencia Santucho, NIETO 133 – Historia de una familia contra las dictaduras argentinas.

«Esta es la saga de una familia militante que marca la historia de Argentina en los últimos 70 años, la familia Santucho, las dictaduras, la lucha armada, los desaparecidos, el Mundial del 76 y luego el exilio, Italia y México, y luego otra vez la democracia y los juicios a medias, el PC y los centros sociales, y Génova, Maastricht y la Patagonia, forman el telar de fondo de identidades militantes que se mueven entre Italia y Argentina en busca de la verdad y atenazadas por una duda. Duda que encuentra respuesta en un rostro de 46 años. Es el 28 de julio de 2023. Finalmente, una nueva identidad militante, el último Santucho, emerge del pasado y se convierte en el futuro. Esta es la historia de Daniel, Nieto 133.»

 

Una sala operatoria nella Selva Lacandona

È iniziata domenica 17 novembre la campagna europea “Un Quirófano en La Selva Lacandona (Una Sala Operatoria nella Selva Lacandona”).

Di che cosa si tratta è presto detto: una campagna di solidarietà e appoggio al Sistema di Salute Autonomo zapatista, nata in seguito ad un post scriptum del Capitán Marcos contenuto nel comunicato “Una idea genial” del passato agosto https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/21/una-idea-genial/

nel quale ironicamente segnalava: “Abbiamo bisogno di attrezzare diverse sale operatorie. Ci sono i “macellai” (N.d.T.: chirurghi) fraterni, ci sono i candidati per l’intervento chirurgico, ci sono i luoghi per costruirle, ci sono i giovani e le giovani disposte a imparare. Manca solo l’attrezzatura. E la formazione per il suo uso e manutenzione, naturalmente.”

La campagna è stata lanciata dalla rete europea EuropaZapatista, di cui facciamo parte anche noi del Nodo Solidale. Le date scelte non sono casuali: quella di lancio, il 17 novembre, è quella in cui nel lontano 1983 nacque l’EZLN, mentre quella di chiusura, il 10 aprile, è quella in cui morì Emiliano Zapata, in un ideale abbraccio e continuità tra zapatismo chiapaneco e quello storico.

Durante i 40 anni di esistenza dell’EZLN, e i 30 dal primo gennaio del 1994 quando migliaia di indigeni maya dello stato del Chiapas, nel sud est messicano, si sollevarono in armi al grido di “Ya basta!” nei confronti dello Stato, l’esercito zapatista e la capacità organizzativa delle sue basi di appoggio hanno sempre puntato al benessere delle proprie comunità. Come scrivevamo nell’introduzione al testo “Autodifesa Medica – Pantere Nere e EZLN” Ed. Kairos:

“…Ad oggi gli zapatisti e le zapatiste hanno costruito un sistema autonomo di cura che si avvale di sale operatorie, ambulanze per le emergenze, case di salute sparse nelle comunità, campagne di prevenzione e vaccinazione, laboratori di analisi. Inoltre con un sistema di formazione, approfondendo temi come la salute pubblica, primo soccorso, fitoterapia e medicina ancestrale educano promotori e promotrici di salute che si prendono cura della comunità…”

In piena tormenta del narco-stato e della repressione dei narco-paramilitari, gli e le zapatiste hanno deciso di fare un passo avanti nella costruzione e nella pratica dell’autonomia nella salute. Questo è quello che vogliamo appoggiare con questa campagna.

“Perché se la lotta è per la vita, non può che essere una lotta per la salute”

 

Una sala operatoria nella Selva Lacandona – Campagna di solidarietà con la salute autonoma zapatista
17 Novembre 2024– 10 Aprile 2025

“Non puoi pensare alla salute senza pensare al fiume”
“Non puoi pensare alla salute senza pensare alla Madre Terra. Se lei non è sana, non c’è salute. Dunque, abbiamo iniziato da qui, dalla cura della Madre Terra, togliendole il dolore, le ferite, la stanchezza e la malattia che le hanno imposto alcuni nel suo corpo con la chimica, con i fertilizzanti, violentandola per avere più profitti. Bene… questo la chiamiamo “prevenzione”. E questa è la salute, e non solo la cura con le pasticche e le medicine…”
(dal dialogo con un compagno promotore di salute nel 2008 nel Caracol di Oventik)

 

Cos’è la Campagna “Una sala operatoria nella Selva Lacandona”?
La Rete EuropaZapatista, composta da organizzazioni, collettivi e gruppi di vari territori europei, che appoggiano e solidarizzano con le comunità autonome e in ribellione zapatiste del Chiapas nel sud-est del territorio chiamato Messico, ha lanciato questa campagna con tre obiettivi:
–  Ottenere l’attrezzatura necessaria per le sale operatorie nelle cliniche e negli ospedali zapatisti.
– Diffondere la lotta zapatista per una salute integrale per i popoli indigeni del Chiapas.
– Far conoscere nelle nostre comunità le realtà, le difficoltà e i successi dei popoli zapatisti nella costruzione di un sistema sanitario autonomo, indipendente dai governi, dai loro fondi e dalle loro politiche.

Perché in Chiapas?
Il 1º gennaio 1994, i popoli indigeni del sud-est messicano si sollevarono contro secoli di repressione, razzismo e violenza esercitati su di essi dai vari governi del Paese. Da allora, i diversi governi che si sono succeduti ogni sei anni hanno condotto nella regione una guerra implacabile di logoramento, detta impropriamente “a bassa intensità”, tentando di far arrendere i ribelli. Contro di loro non vi sono stati solo i vari livelli di governo (federale, statale e municipale), ma anche l’esercito federale, le numerose bande paramilitari e di narcotrafficanti, i grandi proprietari terrieri e le multinazionali che cercano di appropriarsi delle ricchezze naturali del Chiapas, uno degli stati più ricchi del Messico.

Questa situazione non appartiene al passato. Ancora oggi la guerra non è cessata. I megaprogetti imposti nelle terre indigene dal precedente presidente López Obrador, che trovano continuità nell’attuale governo di Claudia Sheinbaum, e soprattutto il megaprogetto “Sembrando Vida”, hanno portato il Chiapas sull’orlo di una guerra civile. Organizzazioni vicine al governo da un lato, e gruppi legati al narcotraffico dall’altro, cercano di sottrarre e di appropriarsi delle terre recuperate dai ribelli nel 1994, terre oggi coltivate collettivamente. Ciò ha provocato conflitti molto gravi, come ad esempio le costanti intimidazioni e attacchi alle comunità di Moisés Gandhi e di Seis de Octubre.

Di fronte a tutto questo le comunità zapatiste in ribellione lottano da oltre 30 anni per costruire la loro vita quotidiana secondo i loro principi e valori, rispettando la natura, la Madre Terra, la vita e l’essere umano. Contro la guerra stanno costruendo una cultura di resistenza alla barbarie capitalista. Contro la guerra costruiscono quotidianamente il loro sistema di produzione, di coltivazione e distribuzione dei prodotti, di istruzione e di salute.

Perché nella Selva Lacandona e non altrove?
La Rete EuropaZapatista non è un’associazione umanitaria. Non aiuta i poveri – indigeni o non indigeni – con gli avanzi dei ricchi in cambio di una sorta di espiazione delle proprie colpe. Non è un gruppo culturale che cerca di preservare le tradizioni indigene mentre questi ultimi cercano solo di sopravvivere.
La Rete EuropaZapatista si solidarizza e sostiene i popoli ribelli zapatisti del Chiapas perché questi si sono alzati in lotta.
Perché hanno gridato “¡Ya basta!” alla miseria, all’umiliazione e alla repressione.

Perché cercano di realizzare la loro visione collettiva “qui e ora”.
Perché hanno il coraggio di avere speranza e sanno ascoltare il silenzio mentre resistono e costruiscono.
Perché hanno la forza di aspettare senza cedere, di imparare dai loro errori, di mettere in discussione anche le loro tradizioni pur desiderando di conservare la loro memoria collettiva.
Di più. Perché i popoli originari in ribellione delle montagne del sud-est messicano ci hanno insegnato cosa significa dignità: lottare per la vita. Ci hanno ispirato e continuano a ispirarci a costruire, anche qui nelle nostre terre, un “noi”.
Chiamiamo questa forma di azione, questo sostegno reciproco: politica della solidarietà praticata.

Questa è la nostra risposta, come Rete EuropaZapatista, alla domanda: “Perché nella Selva Lacandona?”

La Salute Autonoma Zapatista
All’epoca dell’insurrezione armata zapatista del 1994, la morte e la povertà colpivano duramente l’infanzia nelle comunità indigene del Chiapas. Le cosiddette “malattie della povertà” come infezioni intestinali, respiratorie ed epidemiche, malnutrizione infantile, febbre e diarrea, abbondavano tra i bambini e le bambine. Sebbene si trattasse di malattie perfettamente curabili, un alto numero di morti avvenivano per mancanza di cure mediche e farmaci, rendendo l’aspettativa di vita alla nascita tra le più basse del Paese. All’epoca non si aveva una chiara idea del numero delle nascite e dei decessi dei bambini e delle bambine poiché le istituzioni governative basavano le statistiche sui certificati di nascita e di morte, documenti ufficiali inesistenti per la popolazione indigena della maggior parte dei municipi, considerati ad alta e altissima marginalità.

Il caso di Paticha, una bambina indigena di meno di 5 anni, è emblematico. Raccontava il Sup Marcos:

“..Quella notte, il compagno Samuel venne a cercarmi, sua figlia stava molto male. Andammo a casa loro e lei aveva la febbre. Non avevamo nemmeno un termometro per capire quanto fosse alta, né sapevamo cosa avesse. L’unica cosa che potemmo fare fu immergerla nel fiume, così com’era con tutti i vestiti, per abbassarle la temperatura. E quando tornammo dal fiume, i vestiti si erano già asciugati per quanto la febbre era alta. Morì poche ore dopo… tra le mie braccia, per dirlo in modo crudo, no? Come Paticha c’era tutta una generazione di bambini e bambine sotto i cinque anni che venivano persi lungo il cammino. E per malattie assurde, curabili con poco.”
Nella Granja, Colonia G. Tepeyac, Puebla. 15 de febrero de 2006

Ed è per questo che decisero di sollevarsi in armi, per costruire una vita per i loro bambini e bambine, per i loro anziani e anziane, per le loro donne e i loro uomini basi di appoggio zapatista, e per costruire una salute, un’educazione e una vita dignitosa per tutti e per tutte.
In questi trent’anni sono riusciti a creare un sistema di salute autonomo gestito dai promotori e dalle promotrici della salute che, ponendo particolare attenzione alla prevenzione, ha costruito farmacie, dispensari e cliniche nelle comunità, anche nelle più remote, e cliniche più grandi che permettono anche il ricovero a livello regionale. Esempi di queste cliniche sono “La Guadalupana” a Oventik e la “Clínica de la Mujer, Comandanta Ramona” a La Garrucha, dove è possibile effettuare analisi e studi clinici e offrire servizi di oftalmologia e odontoiatria. In queste cliniche, i pazienti, siano essi
zapatisti o no, vengono trattati senza differenza, con una sapiente combinazione di conoscenze tradizionali e medicina moderna allopatica. Oggi, la mortalità infantile e quella materna al momento del parto appartengono al passato.

 

Un passo avanti
Ora, i compas e le compas hanno deciso di fare un passo avanti nella pratica dell’autonomia nella salute:

“Abbiamo bisogno di attrezzare diverse sale operatorie. Ci sono i “macellai” (N.d.T.: chirurghi) fraterni, ci sono i candidati per l’intervento chirurgico, ci sono i luoghi per costruirle, ci sono i giovani e le giovani disposte a imparare. Manca solo l’attrezzatura. E la formazione per il suo uso e manutenzione, naturalmente.”
Postdata del comunicado “Una Idea Genial”. Agosto del 2024
https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/21/una-idea-genial/

E questo è quello che vogliamo appoggiare.

Come partecipare alla Campagna “Una sala operatoria nella Selva Lacandona”

– Organizzando eventi e presentazioni pubbliche sulla Campagna

– Informando di questo progetto persone e collettivi che potrebbero essere interessati a partecipare

– Diffondendo gli eventi e le attività della Rete EuropaZapatista

– Contattando direttamente la Rete EuropaZapatista all’indirizzo email: eurozapweb@riseup.net

Potete anche scriverci per qualsiasi domanda, proposta o idea.

Sulla violenza in Chiapas

Insieme a Radio OndaRossa 87.9, come Nodo Solidale abbiamo parlato della situazione di crescente violenza in Messico, in corrispondenza del cambio di presidenza che ha visto l”installarsi di Claudia Sheinbaum. Questo è il contesto all’interno di cui si inseriscono le pressioni da parte  di gruppi paramilitari nei confronti della comunità zapatista 6 de octubre, nel caracol Nuevo Jerusalem, e l’omicidio di Padre Marcelo Perez nella città di San Cristobal de las Casas:

https://www.ondarossa.info/redazionali/2024/11/nodo-solidale-messico-e-chiapas

 

Video realizzato dalla Sexta di San Cristóbal de las Casas: immagini della mobilitazione del passato 24 ottobre, a San Cristóbal, testo: “Alto a la guerra contra a los pueblos zapatistas”:
https://www.congresonacionalindigena.org/2024/10/21/pronunciamiento-alto-a-la-guerra-contra-los-pueblos-zapatistas/

Traduzione in italiano:

A coloro che non vedono la guerra con indifferenza

“Chiapas al bordo della Guerra Civile” era il titolo di un comunicato dell’EZLN del 19 settembre 2021; oggi il Chiapas è un campo di Guerra Civile. Secondo quanto denunciato dallo stesso EZLN il 16 ottobre scorso, da settimane i residenti della comunità chiamata Palestina in Chiapas hanno minacciato gli abitanti del villaggio zapatista “6 ottobre” con armi ad alto calibro, hanno violentato donne, incendiato case e commesso furti delle loro proprietà, raccolti e animali, per sfrattarli dalle terre che occupano e lavorano pacificamente da oltre 30 anni.
I residenti di questa comunità chiamata Palestina hanno segnalato pressioni da parte della criminalità organizzata affinché i compagni zapatisti vengano sfrattati, e che esiste un accordo della criminalità organizzata con i diversi livelli di governo per dare un carattere “legale” a questo esproprio.

Dal 2021, l’EZLN aveva già avvertito dei legami tra il governo del Chiapas e i cartelli della droga e denunciava da allora la crescita del narcoparamilitarismo che ha portato adesso il Chiapas nella più sanguinosa violenza. In Chiapas, il narcoparamilitarismo sta espropriando il territorio e, come affermano le compagne zapatiste, opera insieme ai vari livelli di governo per legalizzare questi espropri. Le stesse terre che l’EZLN liberò dalle mani dei latifondisti nel 1994 sono quelle che ora i governi dei tre livelli pretendono, per poi favorire passivamente o attivamente, che siano consegnate a dei criminali.

In Messico la guerra non solo non è finita, ma si è acutizzata in alcuni stati, e uno di questi è il Chiapas. La gestione della guerra da parte del governo si è concentrata sull’esproprio del territorio, sulla criminalizzazione della ribellione e, ovviamente, su un discorso che minimizza le atrocità e giustifica il crescente e inefficace militarismo, come ha dimostrato la militarizzazione incessante in Chiapas. La guerra del narcotraffico che ha insanguinato il confine nord del Messico e gradualmente tutto il paese, ora si estende verso il sud-est e il confine meridionale, dove gli interessi criminali estrattivi, narcoeconomici e controinsurrezionali si incontrano e si trasformano in una guerra narcoparamilitare particolarmente ostile contro le Comunità Zapatiste, mentre la Guardia Nazionale e il resto delle Forze Armate non solo tollerano queste pratiche criminali, ma le proteggono e, dall’altra parte, assassinano migranti.

Come afferma il Subcomandante Moisés nel più recente comunicato dell’EZLN, la situazione è più grave di quanto si possa percepire; il rischio rappresentato da queste minacce ha portato a sospendere ogni forma di comunicazione e a prendere in considerazione la cancellazione degli incontri annunciati per quest’anno e per il prossimo.
Il Chiapas ha vissuto una guerra di bassa intensità per 30 anni dalla presidenza di Carlos Salinas; il Messico ha vissuto una narcoguerra per quasi 20 anni dalla presidenza di Felipe Calderón e, dopo tre anni della presidenza di Andrés Manuel López Obrador, l’EZLN ha avvertito del recrudescimento della violenza favorita dal governatore Rutilio Escandón e di una possibile guerra civile in Chiapas. A poco più di due settimane dalla presidenza di Claudia Sheinbaum, il Chiapas si trova in uno scenario di guerra civile e uno dei pochi angoli di dignità rimasti al Messico e al pianeta, il territorio zapatista, è nuovamente minacciato dalla morte e dalla distruzione. Come afferma il comunicato dell’EZLN: “questa è la realtà della ‘continuità del cambiamento’ nei cattivi governi”.

Noi che firmiamo questa lettera ci troviamo profondamente indignati, preoccupati e in allerta per quanto sta accadendo nei territori zapatisti del Chiapas. Invitiamo coloro che credono ancora che la dignità e la ribellione siano il cammino verso la speranza, a denunciare quanto sta accadendo e a esercitare pressione sul governo messicano e sul governo del Chiapas affinché cessino queste aggressioni e crimini, si sospenda ogni supporto a organizzazioni narcoparamilitari, che la smettano con il militarismo e la militarizzazione come presunta soluzione. Questa dinamica di guerra ostacola la possibilità che le comunità zapatiste continuino a costruire, a partire dalla loro autonomia e dal comune, quella realtà piena di speranza che esse chiamano quotidianità, affinché nel loro specchio possiamo intravedere i sentieri per sopravvivere al collasso e pensare al giorno dopo.

 

Costruendo la resistenza globale – Construyendo la Resistencia Global