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La violenza in Messico, a Guerrero, e l’invenzione della realtà ai tempi della 4T

Pubblichiamo la traduzione del comunicato del 19.11.2024 del CIPOG-EZ come contributo ai racconti del contesto di profonda violenza in cui versa il Messico intero e soprattutto la forma parossistica che assume nei territori più remoti del paese, come lo stato di Guerrero. 
Il contesto che ci viene raccontato è quello di una guerra civile promossa dall’alto, che chiamiamo guerra di frammentazione territoriale, una disputa intrapresa dal grande capitale transnazionale che si dispiega con tutta la sua violenza alla conclusione dell’ultimo ciclo presidenziale di MORENA sotto la direzione di Andres Manuel Lopez Obrador. All’inizio del nuovo mandato di Claudia Scheinbaum il paese versa in uno stato di violenza diffusa e ci restituisce le conseguenze di questa aggressione ai territori, alle comunità e alle organizzazioni autonome che si rifiutano di svendere i territori ancestrali che custodiscono. Una lotta per l’accaparramento di risorse che si fa sempre più pressante e che usa il crimine organizzato come braccio armato del gran Capitale,  che in Messico si materializza in megaprogetti come il Corridoio Interoceanico dell’Istmo, il Malchiamato Tren Maya, il Proyecto Integral Morelos.

Attraverso questdettagliata denuncia della situazione di violenza diffusa nello stato di Guerrero scorgiamo lo stesso schema che si riproduce in tutto il paese, principalmente in Chiapas e Oaxaca, dove osserviamo una fluida continuità tra differenti istituzioni di governo, forze di poliziamilitari e organizzazioni criminali. Un un processo frammentato ma a sua volta unitario, orientato a distruggere per ricorstruire,  a spopolare per ripopolare nel tentativo di accaparrarsi la fetta più grande di una torta sempre più piccola.

È in questo scenario e nel moltiplicarsi di attori armati che emerge chiaramente il ruolo delle organizzazione narco-paramilitari nella creazione di un clima di instabilità e violenza sistemica che permette – attraverso il terrore – una nuova accumulazione originaria, scagliata contro i popoli indigeni, ultimo antidoto all’aggressione estrattivista e baluardo nella lotta per la difesa del territorio e della vita; granelli di sabbia negli ingranaggi di una guerra che dal 2006 ad oggi ha mietuto oltre 480.000 vittime e 115.000 desaparecidos.

È di questa stessa guerra che è caduto vittima padre Marcelo Perez a San Cristobal in Chiapas,nel mese scorso, così come lo sono i 43 normalisti di Ayotzinapa, inghiottiti nel nulla da ormai 10 anni; è all’interno di questo stesso macabro quadro che si inserisce la guerra, sempre meno a bassa intensità, contro le comunità dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, colpevoli di ostinarsi a creare un mondo migliore, senza Stato e senza padroni, nel bel mezzo di un Paese (e un mondo) al bordo del collasso.

#NarcoEsDespojo 
#NarcoEsCapitalismo

 

19 novembre 2024

All’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
Al Congresso Nazionale Indigeno
Al Consiglio Indigeno di Governo
Alla Sesta Internazionale
A chi ha sottoscritto “Una dichiarazione per la vita”
Alle Reti di Resistenza e Ribellione
Alle Organizzazioni per i diritti umani
Ai Popoli del Messico
Al Movimento sociale di Guerrero
Ai Mezzi di comunicazione liberi e autonomi

 

Fratelli e sorelle del Messico e del mondo, vogliamo condividere con voi le nostre parole sulla situazione che stiamo vedendo e vivendo nello stato di Guerrero e in Messico:

Con tutto l’apparato dello Stato, con 4 canali televisivi pubblici dove quotidianamente vengono trasmesse le conferenze stampa mattutine, giornali, notiziari radio e TV, su internet e  a stampa, l’attuale governo della Quarta Trasformazione guidato da Claudia Sheinbaum, con Omar García Harfuch come Segretario di Sicurezza e Protezione Civile del Messico, ripete fino allo sfinimento discorsi su ciò che il suo governo fa – o dice di fare – per ristabilire la pace nel paese. Attraverso questi discorsi, costruisce una realtà inesistente e cerca di ingannare la popolazione, facendo credere che il male sia esterno all’apparato statale e che provenga solo da alcuni individui che creano l’intera violenza nel paese. Con una narrativa da telenovela, parlano durante le conferenze stampa mattutine di coordinamento tra stati, di spionaggio, di sicurezza e di arresti di persone importanti all’interno delle diverse strutture criminali.

Ma ciò che vediamo e viviamo quotidianamente nello stato di Guerrero è completamente l’opposto di tutto questo:

Sparatorie e omicidi di innocenti, decapitazioni di sindaci, sequestri di gruppo che coinvolgono donne, bambini e bambine, incenerimento di corpi, che secondo il capo della Segreteria della Difesa Nazionale, Ricardo Trevilla Trejo, sono dovuti a “scontri tra gruppi locali”; partendo da questa affermazione, ci chiediamo: a quale gruppo criminale locale apparteneva il sindaco di Chilpancingo, Alejandro Arcos Catalán, per meritarsi di essere decapitato? E a quale gruppo appartenevano le donne e i bambini sequestrati a Mochitlán?

Vediamo e viviamo sfollamenti forzati, estorsioni, il controllo delle risorse economiche dei comuni da parte di gruppi criminali, le telecamere di videosorveglianza nel comune di Chilapa sotto il controllo degli Ardillos, il traffico di stupefacenti su tutte le strade dello stato con la compiacenza della Polizie Municipale, Statale e delle autorità dello Stato; molestie, intimidazioni e furti nei confronti di appartenenti al mondo del giornalismo di Guerrero; pranzi e conversazioni cordiali tra sindaci, sindache e produttori di violenza – così come vengono chiamati oggi nelle conferenze stampa mattutine -, come il pranzo di Norma Otilia Montaño (ex-sindaca di Chilpancingo) con Celso Ortega, leader degli Ardillos; osserviamo anche incarcerazioni di capri espiatori e indagini pilotate per evitare l’arresto dei capi dei gruppi criminali, i mandanti intellettuali; in questi casi, è evidente la complicità e la partecipazione diretta di autorità municipali, statali e federali, insieme alle corporazioni di “sicurezza”, compresa la Guardia Nazionale, la SEDENA e la Marina, il cui numero di effettivi raggiungono già i 12.675 tra Tecpan, Quechultenango, Acapulco e altri comuni dello stato, secondo Ricardo Trevilla Trejo, lo stesso capo della SEDENA la cui analisi della realtà indica che il problema di Guerrero sono gli “scontri tra gruppi locali”.

Il semplicismo delle loro affermazioni dovrebbe essere una prova sufficiente per capire che: 1. Le capacità cognitive di coloro che dirigono le corporazioni di sicurezza dello Stato sono inesistenti. 2. La criminalità organizzata ha il suo volto più visibile in chi spara, uccide, rapisce, traffica, ecc., ma il volto occulto della criminalità veste in giacca e cravatta e si trova in ogni istituzione dello Stato e in ogni corporazione di “sicurezza”. Per noi, popoli indigeni che abbiamo vissuto da vicino la violenza dei gruppi criminali e il silenzio dello Stato, è chiaro che la criminalità sono tutti e tutte loro.

Dal nostro punto di vista, il governo ha tollerato l’esistenza di gruppi paramilitari, narco-paramilitari e cartelli che arrivano a controllare interi territori in tutto il paese, spesso per appropriarsi delle risorse naturali custodite dai popoli e dalle comunità indigene, per poi consegnarle al capitale transnazionale; i partiti politici sono collusi con la mafia, con cartelli locali e non, per controllare il territorio e cooptare le popolazioni del paese affinché gli fossero affidate cariche pubbliche (sindaci, governatori, presidenti), con la conseguenza evidente di dover restituire il favore a chi li ha messi al potere.

Lo stesso governo federale ha tollerato l’esistenza dei cartelli per controllare il movimento sociale-popolare di Guerrero e del paese, i sistemi comunitari e di giustizia sorti da assemblee popolari e dalle comunità; le corporazioni di sicurezza percepiscono un secondo stipendio, più redditizio rispetto a quello che ricevono per il loro lavoro legale, dal servizio che offrono alla criminalità; il denaro che circola nelle sfere del potere, da qualsiasi fonte provenga, legale o illegale, è più importante della vita del popolo, sia esso di Guerrero, Chiapas, Sinaloa, Guanajuato, Oaxaca, Michoacán o di qualsiasi stato del paese. Per questo affermiamo con chiarezza che la criminalità è lo Stato.

È per questo che non accettiamo la narrazione dei buoni contro i cattivi, ciò che vediamo è l’intervento assoluto, non di sola complicità, ma di coinvolgimento dello Stato nei crimini contro la popolazione messicana. In Guerrero, il Consiglio Indigeno e Popolare di Guerrero Emiliano Zapata (CIPOG-EZ), durante l’intero mandato di Andrés Manuel, ha denunciato il gruppo narco-paramilitare Los Ardillos, che ha rapito, torturato, fatto a pezzi e ucciso 63 abitanti delle comunità della Montagna Bassa di Guerrero, oltre alla desaparicion forzata di altri 22 fratelli e sorelle, allo sfollamento e all’assedio di queste comunità.

Lo abbiamo detto in faccia allo stesso Andrés Manuel quando è stato intercettato dal CIPOG-EZ nell’ottobre 2022, sulla strada che va da Chilapa a Tlapa: “CI STANNO UCCIDENDO! Evelyn Salgado (governatrice dello stato di Guerrero) sa chi sono e dove si trovano Los Ardillos, i presidenti municipali lavorano con Los Ardillos, pubblici ministeri e giudici dello stato lavorano con loro, le polizie municipali e statali sono Ardillos, Bernardo Ortega Jiménez, attuale deputato del PRD, è il capo degli Ardillos insieme ai suoi fratelli. Chilapa, Quechultenango, Tixtla, Colotlipa, Acatepec, ecc., sono municipi sotto il controllo degli Ardillos”.

Nonostante quanto già detto, lo scorso 13 novembre, Harfuch ha annunciato trionfalmente l’arresto di Vicente Gerardo, detto “El Garza”, a Querétaro (sono andati fin là a cacciare Ardillos, pur sapendo dove operano), capo zona degli Ardillos. Come se avessero sradicato il male dallo stato di Guerrero, hanno annunciato il suo arresto collegandolo alla decapitazione del sindaco di Chilpancingo, alla sparizione e all’omicidio della famiglia di Mochitlán, al controllo di ampie regioni di Guerrero come Tecoanapa, Ayutla de los Libres e San Marcos, ecc., come se fosse lui il capo degli Ardillos; ma noi sappiamo e abbiamo già denunciato dove si trovano i veri capi di questo gruppo criminale.

È sufficiente chiedersi perché non arrestano Bernardo Ortega Jiménez, deputato del PRD di Guerrero e capo degli Ardillos, o Jesús Parra García, ex sindaco del PRI di Chilapa, oggi deputato locale al congresso di Guerrero, che sa come e dove operano gli Ardillos e come si finanziano le campagne elettorali affinché persone come lui diventino deputati o accedano a incarichi pubblici.

Quindi è sufficiente chiedersi per quale motivo arrestino piccoli delinquenti e non coloro che dirigono le organizzazioni criminali per comprendere che la violenza a Guerrero non avrà fine poiché è provocata dallo stesso Stato, in tutte le sue strutture, e lo Stato non può attaccare se stesso. Per questo, la cosa più comoda è simulare operazioni, reinventare la realtà e mantenere intatta la struttura criminale. Pace a parole, violenza nei fatti.

Di quanto detto finora riteniamo direttamente responsabili Claudia Sheinbaum, Evelyn Salgado, Harfuch, i presidenti municipali e le corporazioni di sicurezza; per la violenza che si vive nel paese e per la morte delle persone che ogni giorno sono vittime della violenza causata dal disprezzo dei gruppi al governo. Li riteniamo responsabili della sicurezza del nostro fratello Jesús Plácido Galindo, promotore del CIPOG-EZ, come di altre autorità comunitarie, minacciate di morte dagli Ardillos, e per le quali non sono è stata messa in atto alcun tipo di misura di sicurezza; sappiamo perché.

Facciamo un appello alla società affinché metta in dubbio e  e si interroghi sul discorso portato avanti dai mezzi di comunicazione e attraverso cui pretendono convincerci che il governo di Morena stia disarticolando la criminalità e lavorando per la sicurezza del popolo, mentre in realtà sta solo assicurando la consegna delle risorse naturali del paese al capitale e la sua permanenza al potere per molti mandati.

Facciamo appello ai maestri, agli intellettuali, a rendere visibile attraverso il pensiero critico la realtà del paese e la costruzione di discorsi provenienti dal potere. Rivolgiamo inoltre un appello ai contadini, alle organizzazioni sociali, agli studenti e al movimento popolare di Guerrero affinché si organizzino per la difesa della vita delle loro comunità e per la difesa del territorio, poiché la giustizia non arriverà mai dall’alto.

Ai popoli e alle comunità del Messico, chiediamo di rimanere in allerta, poiché lo scenario che descriviamo non si verifica solo a Guerrero, ma in tutto il paese. Gli omicidi e gli arresti continueranno, perché prolungare la permanenza di Morena al potere e posizionare politicamente Harfuch, personaggio dal passato tetro (con un nonno militare assassino di studenti nel 1968, un padre torturatore membro della Direzione Federale di Sicurezza durante la Guerra Sucia, e lui stesso artefice, insieme ad altri, della cosiddetta “verità storica” nel caso della sparizione dei normalisti di Ayotzinapa), come figura centrale del prossimo mandato, implica spianare la strada e riordinare il territorio, le forze economiche, politiche e sociali in Messico, uccidendo persone innocenti e chi lotta per difendere la vita e il territorio, distruggendo storie per imporre la propria, quella del vincitore, cosa che ci rende fortemente vulnerabili.

Alle organizzazioni per i diritti umani solidali, alla Sesta Nazionale e all’Altra Europa, quella che non si arrende, chiediamo di continuare a vegliare su di noi, come hanno sempre fatto fino ad oggi.

A 114 anni dall’inizio della Rivoluzione Messicana, rivendichiamo la lotta di Emiliano Zapata, di Francisco Villa, di Magón e di tutte quelle persone che hanno lottato per la vita e per la costruzione di una realtà senza tiranni e sfruttatori, con libertà, giustizia e democrazia.

Abbracciamo i nostri fratelli e sorelle dell’EZLN per i loro 41 anni di lunga ribellione e resistenza. Come CIPOG-EZ, continuiamo a resistere, senza arrenderci, senza venderci e senza claudicare.

FERMIAMO LA GUERRA CONTRO I POPOLI DEL MESSICO E DEL MONDO!

Con rispetto:

Consiglio Indigeno e Popolare di Guerrero Emiliano Zapata.

Link originale: https://www.congresonacionalindigena.org/2024/11/19/la-violencia-en-mexico-en-guerrero-y-la-creacion-de-realidades-en-tiempos-de-la-4t/

Per saperne di più: https://radiozapote.org/denuncia-urgente-hostigamiento-y-amenazas-a-companers-de-la-mision-civil-de-observacion-sexta/

Nieto 133- Identità rubate

Il collettivo Nodo Solidale:
A Cristina
A Flori
Alla grande famiglia che siete
Alla grande famiglia che siamo

Desaparecidos. Desaparecidas. Scomparsi.
Nell’Argentina della dittatura militare, tra il 1976 e il 1983, nel  cosiddetto Processo di Riorganizzazione Nazionale, 30.000 vite furono inghiottite dal buio. Studenti e studentesse, operai e operaie, sindacalisti, artisti, cineasti, teatranti, membri della Chiesa, maestri e maestre. Donne e uomini, perlopiù giovani, che agli occhi del potere erano, o potevano diventare, una minaccia al regime. Ribelli, insubordinati, dissidenti. Una generazione intera strappata via. Torturati con ferocia disumana. Corpi stuprati, massacrati, umiliati, annientati in maniera sistematica. Pochissimi sono sopravvissuti.

Donne incinte sequestrate nei centri di tortura, sottoposte alla stessa brutalità delle altre. I  figli, partoriti nell’orrore, venivano strappati dalle loro braccia, privati del loro nome, della loro storia, venduti o affidati a famiglie compiacenti, quasi sempre militari o collusi con il sistema criminale.

Le loro identità furono rubate e profanate. 30.000 uomini e donne, in quei sette anni, sono stati inghiottiti dall’acqua, dalla terra, dal fuoco. Scaraventati nell’oblio. I loro corpi spariti, ingurgitati dall’orrore fascista. Eppure le loro voci, i loro sogni, la loro lotta e le loro ragioni non sono mai stati davvero cancellati. Non sono riusciti  a “desaparecerlos”, a farli sparire del tutto. Mai. Las Madres, Las Abuelas y Los Hijos de Plaza de Mayo, insieme a molti altri, non hanno più smesso di combattere.
Hanno trasformato il dolore in resistenza, la memoria in uno strumento di giustizia, costruendo ponti tra passato e presente. Cercano, nominano, denunciano ancora. Gridano ancora. Perché dimenticare significa essere complici.

Chi non conosce questa storia, giovane o adulto, deve conoscerla. Chi l’ha dimenticata, se ne assuma la responsabilità. Non c’è giustizia senza memoria, non c’è futuro senza verità.

Come Nodo Solidale, piccolo collettivo con radici sia in Italia – terra d’origine di tanti migranti giunti in Argentina – sia in Messico – immensa fossa comune in cui all’oggi sono sprofondati nel nulla 115,000 desaparecid@s – sentiamo il dovere di contribuire a preservare e diffondere la memoria della dittatura argentina di quegli anni, degli orrori e le atrocità che ha provocato, così come di tutte le dittature e i fascismi, espliciti o mascherati, che hanno segnato la storia, ieri come oggi, in ogni angolo del mondo. La memoria non riguarda solo un passato lontano, ma é continua vigilanza contro ogni forma di oppressione, fascismo, violenza e negazione dei diritti umani, in qualsiasi contesto e in qualsiasi tempo. Perché solo attraverso la memoria, senza perdono per gli assassini né oblio per i loro complici, possiamo fare in modo che quel Nunca Más sia davvero definitivo.

Oggi vogliamo condividere la storia del NIETO 133, Daniel Santucho Navajas, figlio di Julio e Cristina, rubato alla madre, poi desaparecida, durante la sua prigionia. Dopo anni di lotte e speranze infrante, nel luglio del 2023, a questo nieto, a questo nipote – che ormai è un uomo – è stata restituita l’identità, e, con essa, una parte della vita che gli era stata sottratta. Il caso di Daniel è simbolo di tutte le storie di nietos e nietas rubati, ma anche di una speranza che non muore mai: che la verità e la giustizia possano prevalere, anche dopo decenni di silenzio e omertà. Questa restituzione di identità non è solo una vittoria personale, ma un atto di resistenza collettiva, che ci ricorda quanto sia fondamentale non arrendersi. Mancano ancora 300 nipoti delle Abuelas de Plaza de Mayo, strappati ai loro familiari dai militari, e potrebbero trovarsi ovunque, anche in Europa. La loro ricerca non è finita, la lotta, appunto, continua. Diffondi, condividi, e fai in modo che la memoria non svanisca.

Esistono numerosi testi, dossier, romanzi, film e altri contributi che raccontano la storia e le storie dei desaparecidos e delle desaparecidas durante la dittatura argentina. Questi racconti sono ancora lì, pronti a essere scoperti. È nostro dovere cercarli, ascoltarli e non dimenticare.

Qui i link ai materiali sulla storia del NIETO 133:

“Identidad robada” Breve documentario diretto da Rodrigo Vazquez-Salessi e Florencia Santucho sulla storia di Daniel. Prossimamente avrà anche i sottotitoli in italiano.
“I dubbi che Daniel Santucho Navajas aveva sulla sua identità sono finalmente venuti alla luce quando le Abuelas de Plaza de Mayo, che conservano le informazioni genetiche delle vittime della dittatura militare in Argentina, hanno trovato una corrispondenza di DNA per lui nel luglio del 2023. Riconnettendosi con la sua famiglia biologica, Daniel scopre la verità su ciò che gli è accaduto. Scopre di essere nato in un centro di detenzione e di essere stato adottato in segreto. Sua madre è ancora una delle migliaia di desaparecidos. Durante la sua ricerca della verità, si svela il programma sistematico di adozioni illegali e crimini commessi durante la dittatura militare dal 1976 al 1983”.
– In italiano il bellissimo Podcast di Claudia Gatti, Riccardo Cocozza e Florencia Santucho, NIETO 133 – Storia di una famiglia contro le dittature argentine.

“Questa è la saga di una famiglia militante che segna la storia dell’Argentina degli ultimi 70 anni, la famiglia Santucho, le dittature, la lotta armata, i desaparecidos, i mondiali del 76 e poi l’esilio, l’Italia e il Messico, e poi ancora la democrazia e i processi a metà, il PC e i centri sociali, e Genova, Maastricht e la Patagonia, fanno da sfondo a identità militanti che si muovono tra Italia e Argentina alla ricerca della verità e attanagliati da un dubbio. Dubbio che trova una risposta in un volto di 46 anni. È il 28 luglio 2023. Finalmente, una nuova identità militante, l’ultimo Santucho, emerge dal passato e si fa futuro. Questa è la storia di Daniel, Nieto 33.

Il link alla commovente conferenza stampa in cui la famiglia Santucho annuncia il ritrovamento di Daniel.
É importante chiamarlo nipote, anche se è figlio, fratello e padre perché come ricorda la presenza e le parole di  Estela Carlotto, rappresentante delle madri di Plaza de Mayo, lui è anche il nipote di Nelida Gomez Navaja. Nonna di Plaza de Mayo, Nelida è morta nel 2012 e non ha mai smesso di cercare suo nipote fino alla fine della sua vita.

————————-CASTELLANO————————————–

Para Cristina
Para Flori
A la gran familia que son
A la gran familia que somos

Desaparecidos. Desaparecidas.

En la Argentina de la dictadura militar, entre 1976 y 1983, durante el llamado Proceso de Reorganización Nacional, 30.000 vidas fueron tragadas por las tinieblas. Estudiantes, obreros y obreras, sindicalistas, artistas, miembros de la Iglesia, maestros y maestras. Mujeres y hombres, en su mayoría jóvenes, que a los ojos del poder eran, o podían llegar a ser, una amenaza para el régimen. Revolucionaries, rebeldes, insubordinados, disidentes. Toda una generación diezmada. Torturada con ferocidad inhumana. Cuerpos violados, masacrados, humillados, aniquilados sistemáticamente. Muy pocos sobrevivieron. Mujeres embarazadas apresadas en centros de tortura, sometidas a la misma brutalidad que las demás. Sus hijos, nacidos en el horror, fueron arrancados de sus brazos, privados de su nombre, de su historia, vendidos o entregados a familias complacientes, casi siempre militares o en connivencia con el sistema criminal.

Sus identidades fueron robadas y profanadas. 30.000 hombres y mujeres, en esos siete años, fueron tragados por el agua, la tierra, el fuego. Arrojados al olvido. Sus cuerpos desaparecieron, engullidos por el horror fascista. Sin embargo, sus voces, sus sueños, su lucha y sus razones nunca las pudieron borraron. No consiguieron «desaparecerlos». Nunca. Las Madres, Las Abuelas y Los Hijos de Plaza de Mayo, junto con muchos otros y otras, nunca han dejado de luchar.  Han transformado el dolor en resistencia, la memoria en instrumento de justicia, tejiendo puentes entre el pasado y el presente. Siguen buscando, siguen nombrando, siguen denunciando. Siguen gritando. Porque olvidar significa ser cómplice.

Los que no conocen esta historia, jóvenes o mayores, deben conocerla. Los que la han olvidado, que asuman su responsabilidad. No hay justicia sin memoria, no hay futuro sin verdad.

Como Nodo Solidale, un pequeño colectivo con raíces tanto en Italia – la tierra de origen de tantos migrantes que llegaron a Argentina – como en México – una inmensa fosa común en la que se cuentan 115,000 desaparecid@s – sentimos que es nuestro deber contribuir a preservar y difundir la memoria de la dictadura argentina de aquellos años, de los horrores y atrocidades que provocó, así como de todas las dictaduras y fascismos, explícitos o enmascarados, que han marcado la historia, ayer como hoy, en todos los rincones del mundo. La memoria no se refiere sólo al pasado lejano, sino que es una vigilancia continua contra todas las formas de opresión, fascismo, violencia y negación de los derechos humanos, en cualquier contexto y en cualquier momento. Porque sólo a través de la memoria, sin perdón para los asesinos ni olvido para sus cómplices, podremos conseguir que el Nunca Más sea realmente definitivo.

Hoy queremos compartir la historia de NIETO 133, Daniel Santucho Navajas, hijo de Julio y Cristina, robado a su madre, posteriormente desaparecida, durante su encarcelamiento. Tras años de lucha y esperanzas rotas, en julio de 2023, este nieto -que ahora es un hombre- recuperó su identidad y, con ella, una parte de la vida que le había sido arrebatada.

El caso de Daniel es simbólico de todas las historias de nietos y nietas robados, pero también de una esperanza que nunca muere: que la verdad y la justicia puedan prevalecer, incluso después de décadas de silencio y complicidad. Esta restitución de la identidad no es sólo una victoria personal, sino un acto de resistencia colectiva, que nos recuerda lo crucial que es no rendirse.

Todavía hay 300 nietos de las Abuelas de Plaza de Mayo desaparecidos, arrebatados a sus familias por los militares, y podrían estar en cualquier parte, incluso en Europa. Su búsqueda no ha terminado, la lucha, de hecho, continúa. Difunde, comparte y haz que la memoria no se desvanezca.

Existen numerosos textos, novelas, películas y otras aportaciones que relatan la historia y las historias de los desaparecidos y desaparecidas durante la dictadura argentina. Estas historias siguen ahí, listas para ser descubiertas. Es nuestro deber buscarlas, escucharlas y no olvidar.

Aquí siguen los enlaces a materiales sobre la historia del NIETO 133:

– “Identidad Robada” Breve documental dirigido por Rodrigo Vazquez-Salessi y Florencia Santucho sobre la historia de Daniel.
«Las dudas que Daniel Santucho Navajas tenía sobre su identidad finalmente salieron a la luz cuando las Abuelas de Plaza de Mayo, que almacenan la información genética de las víctimas de la dictadura militar en Argentina, encontraron una coincidencia de ADN para él en julio de 2023. Al reencontrarse con su familia biológica, Daniel descubre la verdad sobre lo que le ocurrió. Descubre que nació en un centro de detención y que fue adoptado en secreto. Su madre sigue siendo una de los miles de desaparecidos. Durante su búsqueda de la verdad, se revela el programa sistemático de adopciones ilegales y los crímenes cometidos durante la dictadura militar de 1976 a 1983».

https://www.instagram.com/reel/DCisRFKtCTI/?igsh=bHV0dDd2M2hmaDc2

-El enlace a la emotiva conferencia de prensa en la que la familia Santucho anunció el hallazgo de Daniel.
Es importante llamarlo nieto, aunque sea hijo, hermano y padre porque, como recuerda Estela Carlotto, representante de las Madres de Plaza de Mayo, también es nieto de Nélida Gómez Navaja. Abuela de Plaza de Mayo, Nélida murió en 2012 y nunca dejó de buscar a su nieto hasta el final de su vida.

En italiano, el hermoso Podcast de Claudia Gatti, Riccardo Cocozza y Florencia Santucho, NIETO 133 – Historia de una familia contra las dictaduras argentinas.

«Esta es la saga de una familia militante que marca la historia de Argentina en los últimos 70 años, la familia Santucho, las dictaduras, la lucha armada, los desaparecidos, el Mundial del 76 y luego el exilio, Italia y México, y luego otra vez la democracia y los juicios a medias, el PC y los centros sociales, y Génova, Maastricht y la Patagonia, forman el telar de fondo de identidades militantes que se mueven entre Italia y Argentina en busca de la verdad y atenazadas por una duda. Duda que encuentra respuesta en un rostro de 46 años. Es el 28 de julio de 2023. Finalmente, una nueva identidad militante, el último Santucho, emerge del pasado y se convierte en el futuro. Esta es la historia de Daniel, Nieto 133.»

 

Una sala operatoria nella Selva Lacandona

È iniziata domenica 17 novembre la campagna europea “Un Quirófano en La Selva Lacandona (Una Sala Operatoria nella Selva Lacandona”).

Di che cosa si tratta è presto detto: una campagna di solidarietà e appoggio al Sistema di Salute Autonomo zapatista, nata in seguito ad un post scriptum del Capitán Marcos contenuto nel comunicato “Una idea genial” del passato agosto https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/21/una-idea-genial/

nel quale ironicamente segnalava: “Abbiamo bisogno di attrezzare diverse sale operatorie. Ci sono i “macellai” (N.d.T.: chirurghi) fraterni, ci sono i candidati per l’intervento chirurgico, ci sono i luoghi per costruirle, ci sono i giovani e le giovani disposte a imparare. Manca solo l’attrezzatura. E la formazione per il suo uso e manutenzione, naturalmente.”

La campagna è stata lanciata dalla rete europea EuropaZapatista, di cui facciamo parte anche noi del Nodo Solidale. Le date scelte non sono casuali: quella di lancio, il 17 novembre, è quella in cui nel lontano 1983 nacque l’EZLN, mentre quella di chiusura, il 10 aprile, è quella in cui morì Emiliano Zapata, in un ideale abbraccio e continuità tra zapatismo chiapaneco e quello storico.

Durante i 40 anni di esistenza dell’EZLN, e i 30 dal primo gennaio del 1994 quando migliaia di indigeni maya dello stato del Chiapas, nel sud est messicano, si sollevarono in armi al grido di “Ya basta!” nei confronti dello Stato, l’esercito zapatista e la capacità organizzativa delle sue basi di appoggio hanno sempre puntato al benessere delle proprie comunità. Come scrivevamo nell’introduzione al testo “Autodifesa Medica – Pantere Nere e EZLN” Ed. Kairos:

“…Ad oggi gli zapatisti e le zapatiste hanno costruito un sistema autonomo di cura che si avvale di sale operatorie, ambulanze per le emergenze, case di salute sparse nelle comunità, campagne di prevenzione e vaccinazione, laboratori di analisi. Inoltre con un sistema di formazione, approfondendo temi come la salute pubblica, primo soccorso, fitoterapia e medicina ancestrale educano promotori e promotrici di salute che si prendono cura della comunità…”

In piena tormenta del narco-stato e della repressione dei narco-paramilitari, gli e le zapatiste hanno deciso di fare un passo avanti nella costruzione e nella pratica dell’autonomia nella salute. Questo è quello che vogliamo appoggiare con questa campagna.

“Perché se la lotta è per la vita, non può che essere una lotta per la salute”

 

Una sala operatoria nella Selva Lacandona – Campagna di solidarietà con la salute autonoma zapatista
17 Novembre 2024– 10 Aprile 2025

“Non puoi pensare alla salute senza pensare al fiume”
“Non puoi pensare alla salute senza pensare alla Madre Terra. Se lei non è sana, non c’è salute. Dunque, abbiamo iniziato da qui, dalla cura della Madre Terra, togliendole il dolore, le ferite, la stanchezza e la malattia che le hanno imposto alcuni nel suo corpo con la chimica, con i fertilizzanti, violentandola per avere più profitti. Bene… questo la chiamiamo “prevenzione”. E questa è la salute, e non solo la cura con le pasticche e le medicine…”
(dal dialogo con un compagno promotore di salute nel 2008 nel Caracol di Oventik)

 

Cos’è la Campagna “Una sala operatoria nella Selva Lacandona”?
La Rete EuropaZapatista, composta da organizzazioni, collettivi e gruppi di vari territori europei, che appoggiano e solidarizzano con le comunità autonome e in ribellione zapatiste del Chiapas nel sud-est del territorio chiamato Messico, ha lanciato questa campagna con tre obiettivi:
–  Ottenere l’attrezzatura necessaria per le sale operatorie nelle cliniche e negli ospedali zapatisti.
– Diffondere la lotta zapatista per una salute integrale per i popoli indigeni del Chiapas.
– Far conoscere nelle nostre comunità le realtà, le difficoltà e i successi dei popoli zapatisti nella costruzione di un sistema sanitario autonomo, indipendente dai governi, dai loro fondi e dalle loro politiche.

Perché in Chiapas?
Il 1º gennaio 1994, i popoli indigeni del sud-est messicano si sollevarono contro secoli di repressione, razzismo e violenza esercitati su di essi dai vari governi del Paese. Da allora, i diversi governi che si sono succeduti ogni sei anni hanno condotto nella regione una guerra implacabile di logoramento, detta impropriamente “a bassa intensità”, tentando di far arrendere i ribelli. Contro di loro non vi sono stati solo i vari livelli di governo (federale, statale e municipale), ma anche l’esercito federale, le numerose bande paramilitari e di narcotrafficanti, i grandi proprietari terrieri e le multinazionali che cercano di appropriarsi delle ricchezze naturali del Chiapas, uno degli stati più ricchi del Messico.

Questa situazione non appartiene al passato. Ancora oggi la guerra non è cessata. I megaprogetti imposti nelle terre indigene dal precedente presidente López Obrador, che trovano continuità nell’attuale governo di Claudia Sheinbaum, e soprattutto il megaprogetto “Sembrando Vida”, hanno portato il Chiapas sull’orlo di una guerra civile. Organizzazioni vicine al governo da un lato, e gruppi legati al narcotraffico dall’altro, cercano di sottrarre e di appropriarsi delle terre recuperate dai ribelli nel 1994, terre oggi coltivate collettivamente. Ciò ha provocato conflitti molto gravi, come ad esempio le costanti intimidazioni e attacchi alle comunità di Moisés Gandhi e di Seis de Octubre.

Di fronte a tutto questo le comunità zapatiste in ribellione lottano da oltre 30 anni per costruire la loro vita quotidiana secondo i loro principi e valori, rispettando la natura, la Madre Terra, la vita e l’essere umano. Contro la guerra stanno costruendo una cultura di resistenza alla barbarie capitalista. Contro la guerra costruiscono quotidianamente il loro sistema di produzione, di coltivazione e distribuzione dei prodotti, di istruzione e di salute.

Perché nella Selva Lacandona e non altrove?
La Rete EuropaZapatista non è un’associazione umanitaria. Non aiuta i poveri – indigeni o non indigeni – con gli avanzi dei ricchi in cambio di una sorta di espiazione delle proprie colpe. Non è un gruppo culturale che cerca di preservare le tradizioni indigene mentre questi ultimi cercano solo di sopravvivere.
La Rete EuropaZapatista si solidarizza e sostiene i popoli ribelli zapatisti del Chiapas perché questi si sono alzati in lotta.
Perché hanno gridato “¡Ya basta!” alla miseria, all’umiliazione e alla repressione.

Perché cercano di realizzare la loro visione collettiva “qui e ora”.
Perché hanno il coraggio di avere speranza e sanno ascoltare il silenzio mentre resistono e costruiscono.
Perché hanno la forza di aspettare senza cedere, di imparare dai loro errori, di mettere in discussione anche le loro tradizioni pur desiderando di conservare la loro memoria collettiva.
Di più. Perché i popoli originari in ribellione delle montagne del sud-est messicano ci hanno insegnato cosa significa dignità: lottare per la vita. Ci hanno ispirato e continuano a ispirarci a costruire, anche qui nelle nostre terre, un “noi”.
Chiamiamo questa forma di azione, questo sostegno reciproco: politica della solidarietà praticata.

Questa è la nostra risposta, come Rete EuropaZapatista, alla domanda: “Perché nella Selva Lacandona?”

La Salute Autonoma Zapatista
All’epoca dell’insurrezione armata zapatista del 1994, la morte e la povertà colpivano duramente l’infanzia nelle comunità indigene del Chiapas. Le cosiddette “malattie della povertà” come infezioni intestinali, respiratorie ed epidemiche, malnutrizione infantile, febbre e diarrea, abbondavano tra i bambini e le bambine. Sebbene si trattasse di malattie perfettamente curabili, un alto numero di morti avvenivano per mancanza di cure mediche e farmaci, rendendo l’aspettativa di vita alla nascita tra le più basse del Paese. All’epoca non si aveva una chiara idea del numero delle nascite e dei decessi dei bambini e delle bambine poiché le istituzioni governative basavano le statistiche sui certificati di nascita e di morte, documenti ufficiali inesistenti per la popolazione indigena della maggior parte dei municipi, considerati ad alta e altissima marginalità.

Il caso di Paticha, una bambina indigena di meno di 5 anni, è emblematico. Raccontava il Sup Marcos:

“..Quella notte, il compagno Samuel venne a cercarmi, sua figlia stava molto male. Andammo a casa loro e lei aveva la febbre. Non avevamo nemmeno un termometro per capire quanto fosse alta, né sapevamo cosa avesse. L’unica cosa che potemmo fare fu immergerla nel fiume, così com’era con tutti i vestiti, per abbassarle la temperatura. E quando tornammo dal fiume, i vestiti si erano già asciugati per quanto la febbre era alta. Morì poche ore dopo… tra le mie braccia, per dirlo in modo crudo, no? Come Paticha c’era tutta una generazione di bambini e bambine sotto i cinque anni che venivano persi lungo il cammino. E per malattie assurde, curabili con poco.”
Nella Granja, Colonia G. Tepeyac, Puebla. 15 de febrero de 2006

Ed è per questo che decisero di sollevarsi in armi, per costruire una vita per i loro bambini e bambine, per i loro anziani e anziane, per le loro donne e i loro uomini basi di appoggio zapatista, e per costruire una salute, un’educazione e una vita dignitosa per tutti e per tutte.
In questi trent’anni sono riusciti a creare un sistema di salute autonomo gestito dai promotori e dalle promotrici della salute che, ponendo particolare attenzione alla prevenzione, ha costruito farmacie, dispensari e cliniche nelle comunità, anche nelle più remote, e cliniche più grandi che permettono anche il ricovero a livello regionale. Esempi di queste cliniche sono “La Guadalupana” a Oventik e la “Clínica de la Mujer, Comandanta Ramona” a La Garrucha, dove è possibile effettuare analisi e studi clinici e offrire servizi di oftalmologia e odontoiatria. In queste cliniche, i pazienti, siano essi
zapatisti o no, vengono trattati senza differenza, con una sapiente combinazione di conoscenze tradizionali e medicina moderna allopatica. Oggi, la mortalità infantile e quella materna al momento del parto appartengono al passato.

 

Un passo avanti
Ora, i compas e le compas hanno deciso di fare un passo avanti nella pratica dell’autonomia nella salute:

“Abbiamo bisogno di attrezzare diverse sale operatorie. Ci sono i “macellai” (N.d.T.: chirurghi) fraterni, ci sono i candidati per l’intervento chirurgico, ci sono i luoghi per costruirle, ci sono i giovani e le giovani disposte a imparare. Manca solo l’attrezzatura. E la formazione per il suo uso e manutenzione, naturalmente.”
Postdata del comunicado “Una Idea Genial”. Agosto del 2024
https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/21/una-idea-genial/

E questo è quello che vogliamo appoggiare.

Come partecipare alla Campagna “Una sala operatoria nella Selva Lacandona”

– Organizzando eventi e presentazioni pubbliche sulla Campagna

– Informando di questo progetto persone e collettivi che potrebbero essere interessati a partecipare

– Diffondendo gli eventi e le attività della Rete EuropaZapatista

– Contattando direttamente la Rete EuropaZapatista all’indirizzo email: eurozapweb@riseup.net

Potete anche scriverci per qualsiasi domanda, proposta o idea.

Sulla violenza in Chiapas

Insieme a Radio OndaRossa 87.9, come Nodo Solidale abbiamo parlato della situazione di crescente violenza in Messico, in corrispondenza del cambio di presidenza che ha visto l”installarsi di Claudia Sheinbaum. Questo è il contesto all’interno di cui si inseriscono le pressioni da parte  di gruppi paramilitari nei confronti della comunità zapatista 6 de octubre, nel caracol Nuevo Jerusalem, e l’omicidio di Padre Marcelo Perez nella città di San Cristobal de las Casas:

https://www.ondarossa.info/redazionali/2024/11/nodo-solidale-messico-e-chiapas

 

Video realizzato dalla Sexta di San Cristóbal de las Casas: immagini della mobilitazione del passato 24 ottobre, a San Cristóbal, testo: “Alto a la guerra contra a los pueblos zapatistas”:
https://www.congresonacionalindigena.org/2024/10/21/pronunciamiento-alto-a-la-guerra-contra-los-pueblos-zapatistas/

Traduzione in italiano:

A coloro che non vedono la guerra con indifferenza

“Chiapas al bordo della Guerra Civile” era il titolo di un comunicato dell’EZLN del 19 settembre 2021; oggi il Chiapas è un campo di Guerra Civile. Secondo quanto denunciato dallo stesso EZLN il 16 ottobre scorso, da settimane i residenti della comunità chiamata Palestina in Chiapas hanno minacciato gli abitanti del villaggio zapatista “6 ottobre” con armi ad alto calibro, hanno violentato donne, incendiato case e commesso furti delle loro proprietà, raccolti e animali, per sfrattarli dalle terre che occupano e lavorano pacificamente da oltre 30 anni.
I residenti di questa comunità chiamata Palestina hanno segnalato pressioni da parte della criminalità organizzata affinché i compagni zapatisti vengano sfrattati, e che esiste un accordo della criminalità organizzata con i diversi livelli di governo per dare un carattere “legale” a questo esproprio.

Dal 2021, l’EZLN aveva già avvertito dei legami tra il governo del Chiapas e i cartelli della droga e denunciava da allora la crescita del narcoparamilitarismo che ha portato adesso il Chiapas nella più sanguinosa violenza. In Chiapas, il narcoparamilitarismo sta espropriando il territorio e, come affermano le compagne zapatiste, opera insieme ai vari livelli di governo per legalizzare questi espropri. Le stesse terre che l’EZLN liberò dalle mani dei latifondisti nel 1994 sono quelle che ora i governi dei tre livelli pretendono, per poi favorire passivamente o attivamente, che siano consegnate a dei criminali.

In Messico la guerra non solo non è finita, ma si è acutizzata in alcuni stati, e uno di questi è il Chiapas. La gestione della guerra da parte del governo si è concentrata sull’esproprio del territorio, sulla criminalizzazione della ribellione e, ovviamente, su un discorso che minimizza le atrocità e giustifica il crescente e inefficace militarismo, come ha dimostrato la militarizzazione incessante in Chiapas. La guerra del narcotraffico che ha insanguinato il confine nord del Messico e gradualmente tutto il paese, ora si estende verso il sud-est e il confine meridionale, dove gli interessi criminali estrattivi, narcoeconomici e controinsurrezionali si incontrano e si trasformano in una guerra narcoparamilitare particolarmente ostile contro le Comunità Zapatiste, mentre la Guardia Nazionale e il resto delle Forze Armate non solo tollerano queste pratiche criminali, ma le proteggono e, dall’altra parte, assassinano migranti.

Come afferma il Subcomandante Moisés nel più recente comunicato dell’EZLN, la situazione è più grave di quanto si possa percepire; il rischio rappresentato da queste minacce ha portato a sospendere ogni forma di comunicazione e a prendere in considerazione la cancellazione degli incontri annunciati per quest’anno e per il prossimo.
Il Chiapas ha vissuto una guerra di bassa intensità per 30 anni dalla presidenza di Carlos Salinas; il Messico ha vissuto una narcoguerra per quasi 20 anni dalla presidenza di Felipe Calderón e, dopo tre anni della presidenza di Andrés Manuel López Obrador, l’EZLN ha avvertito del recrudescimento della violenza favorita dal governatore Rutilio Escandón e di una possibile guerra civile in Chiapas. A poco più di due settimane dalla presidenza di Claudia Sheinbaum, il Chiapas si trova in uno scenario di guerra civile e uno dei pochi angoli di dignità rimasti al Messico e al pianeta, il territorio zapatista, è nuovamente minacciato dalla morte e dalla distruzione. Come afferma il comunicato dell’EZLN: “questa è la realtà della ‘continuità del cambiamento’ nei cattivi governi”.

Noi che firmiamo questa lettera ci troviamo profondamente indignati, preoccupati e in allerta per quanto sta accadendo nei territori zapatisti del Chiapas. Invitiamo coloro che credono ancora che la dignità e la ribellione siano il cammino verso la speranza, a denunciare quanto sta accadendo e a esercitare pressione sul governo messicano e sul governo del Chiapas affinché cessino queste aggressioni e crimini, si sospenda ogni supporto a organizzazioni narcoparamilitari, che la smettano con il militarismo e la militarizzazione come presunta soluzione. Questa dinamica di guerra ostacola la possibilità che le comunità zapatiste continuino a costruire, a partire dalla loro autonomia e dal comune, quella realtà piena di speranza che esse chiamano quotidianità, affinché nel loro specchio possiamo intravedere i sentieri per sopravvivere al collasso e pensare al giorno dopo.

 

Corrispondenza OndaRossa – Assassinano Padre Marcelo

 

Corrispondenza del 24 ottobre con Radio OndaRossa 87.9

Di nuovo in Messico, in particolare in Chiapas con i compagni e le compagne del Nodo Solidale, questa volta per una notizia triste, che ci riempie di rabbia e dolore, l’omicidio di Fra Marcelo Perez Perez, il parroco della chiesa di Nuesta Senora de Guadalupe a San Cristobal, freddato davanti alla chiesa da due persone in motocicletta appena finita la messa.  Fra Marcelo non era un sacerdote qualsiasi, e i compagni e le compagne ci raccontano un po’ di lui, del suo lavoro e del suo modo di vedere la resistenza dal basso.

La prossima settimana torneremo a parlare di questa terribile vicenda e di cosa sta continuando a succedere nel territorio chiapaneco e nel paese.

https://www.ondarossa.info/redazionali/2024/10/assassinano-padre-marcelo-perez-san

Assassinano padre Marcelo crivellandolo di colpi dopo aver officiato la messa: da sempre ha denunciato l’estrema violenza in Chiapas.

Pubblichiamo la traduzione di questo del 20.10.2024 articolo a cura della Redazione di Desinformémonos perchè pensiamo sia prezioso per far conoscere la storie e le lotte portate avanti da padre Marcelo Perez Pérez attraverso le sue stesse parole.
Verità e giustizia per padre Marcelo!
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Padre Marcelo Pérez Pérez, presbitero della chiesa di Guadalupe a San Cristóbal de las Casas, Chiapas, ed ex parroco di Simojovel, è stato assassinato, a seguito di minacce, subito dopo aver officiato una messa nel quartiere di Cuxtutali. È stato crivellato di colpi da persone a bordo di una motocicletta.

 

Chi era padre Marcelo?

Condividiamo un’intervista con il sacerdote realizzata da Raúl Zibechi nel settembre 2022.

“Stiamo vivendo qualcosa di simile ai tempi di Gesù. I romani non avevano pietà. Il narcotraffico non ha pietà”, sentenzia padre Marcelo Pérez, seduto nella sala da pranzo della parrocchia Nuestra Señora de Guadalupe a San Cristóbal de las Casas, Chiapas.
La chiesa sorge su un’altura, raggiungibile salendo 79 scaloni che lasciano con il fiato corto. La ricompensa è una vista panoramica stupenda, con montagne alberate che dominano la candida città coloniale. Al centro, a fare da cerniera tra il manto naturale e le pietre urbane, c’è la chiesa, circondata da una piazza alberata dove incontriamo padre Marcelo, sempre accompagnato da persone che lo consultano e gli chiedono consiglio.

Marcelo si è formato nella diocesi di Tuxtla Gutiérrez, che definisce come “molto conservatrice”, ma nel 2001 fu inviato a Chenalhó dove la sua vita cambiò radicalmente. “Acteal mi ha dato la luce”, afferma con fermezza. Il massacro di Acteal, del 22 dicembre 1997, con un saldo di 45 tsotsiles [popolo maya della regione de Los Altos de Chiapas, ndt] assassinati mentre pregavano per mano di paramilitari addestrati per combattere l’EZLN, continua a esercitare una brutale presenza sul municipio e in tutto il Chiapas.

“Avevo paura, ma ad Acteal ho visto che le persone sono libere. Sono pastore, ma ho visto che il gregge è molto più coraggioso. Mi sono unito a loro per denunciare l’impunità e per lottare contro il progetto Ciudades Rurales del governo di Juan Sabines”, continua il padre in un racconto che spazia dagli anni della formazione all’impegno con il suo popolo.

Rifiuta l’ispirazione della Teologia della Liberazione e recita i quattro pilastri del suo pensiero e modo di agire: la realtà che affrontiamo, la parola di Dio di fronte a essa, la posizione della chiesa e gli impegni necessari da assumere. “Parlare di teologia della liberazione significa entrare in conflitto”, afferma con pragmatismo.

Poi ritorna al suo discorso: “Acteal mi ha convertito”. Il dolore nasce ascoltando i sopravvissuti: María, Zenaida, donne e uomini che hanno perso tutta la loro famiglia. “Come è possibile dir loro che Dio li ama!”, esclama il padre. Per questo non si ispira alla parola della Bibbia, alla teoria che nasce dal testo sacro, ma prende un’altra direzione, “piangere con chi piange, soffrire con chi soffre” e, soprattutto, “camminare con loro”.

La strada non è nel cambio di partito.

Le parole scorrono su una tavola imbandita con un pranzo semplice. Ci avvolge il suo entusiasmo e la sincerità del suo dolore. “I sopravvissuti sanno leggere, lì è la luce”. Impossibile non ricordare parole molto simili pronunciate decenni fa dall’assassinato monsignor Oscar Romero, che si espresse in modo molto simile al sacerdote di Chenalhó: “Il sangue di Rutilio Grande mi ha convertito”, disse in riferimento al martire del movimento contadino salvadoregno.

La conversione portò padre Marcelo a camminare con il popolo contadino. Non solo ha accompagnato le vittime, ma denunciò anche gli autori materiali e intellettuali della violenza, il che gli ha provocato la persecuzione da parte del governo del Chiapas.

“Nel 2008 hanno incendiato la casa parrocchiale, poi hanno danneggiato le candele e le gomme della mia auto, e il 12 dicembre 2010 due ragazzi mi hanno picchiato per strada”, racconta con calma.

È quasi morto quando hanno collegato un cavo elettrico al serbatoio della benzina del suo veicolo, il che lo ha spinto ad accettare il trasferimento a Simojovel, dove è arrivato il 5 agosto 2011. “La gente ha iniziato a visitarmi per raccontare le proprie tragedie, gli omicidi, le morti. È così che ho scoperto che i criminali hanno accordi con le autorità e alle denunce sono seguite le minacce”.

L’8 marzo ha organizzato una processione di donne contro la vendita di droghe nei pressi della presidenza del municipio. Lo hanno accusato di essere un guerrigliero e persino uno zapatista, hanno messo una taglia sulla sua testa, fino a quando nel 2014 il municipio e il PRI hanno cercato di mobilitare la popolazione contro di lui, con scarso successo tra la gente.

Un punto di svolta è stato il pellegrinaggio di 15.000 persone, tenutosi in ottobre, in cui si denunciò la famiglia Gómez Domínguez, che è entrata in scena con sicari che hanno fatto vari attentati e messo sù una campagna mediatica contro padre Marcelo, arrivando a offrire un milione di pesos per la testa del sacerdote di Simojovel.

Nel citato comunicato, il Pueblo Creyente conclude che i cambiamenti non vengono da un partito “ma dalla società civile, dai popoli originari, dalla classe povera e media”, e denuncia che il Chiapas “si avvicina a un’esplosione sociale”.

La sua forma d’azione sociale è la convocazione di processioni, alle quali hanno partecipato decine di migliaia di fedeli, e la denuncia delle autorità e dei politici. È riuscito a far sì che i Gómez Domínguez non vincessero le elezioni municipali, ma è stato denunciato per diffamazione presso la PGR. Comunque Marcelo riconosce che “la strada non è cambiare partito”.

Negli anni successivi ci sono stati molti sit-in della popolazione e tanti omicidi da parte del crimine organizzato, sempre sotto la protezione delle autorità. “Il 12 dicembre 2017 ho celebrato la messa più triste della mia vita, per la morte di due anziani a causa del freddo e della fame”. Proseguono lo sfollamento forzato di intere comunità, ulteriori violenze e morti, bombe e spari. Ma la popolazione continua a resistere.

Nel maggio 2017 nasce il Movimento Indigeno del Pueblo Creyente Zoque in Difesa della Vita e del Territorio (ZODEVITE), mentre a giugno si svolse una massiccia processione verso Tuxtla Gutiérrez contro le concessioni minerarie e petrolifere, poiché il governo messicano voleva concedere a imprese straniere oltre 80.000 ettari, coinvolgendo più di 40 ejidos e comunità locali.

La mobilitazione ha rappresentato una nuova sconfitta per i piani di chi sta in alto, ma la violenza continua. Nel 2021 si sono registrati a Pantelhó, un municipio di appena 8.600 abitanti della regione degli Altos del Chiapas, più di 200 morti a causa del crimine di stato/organizzato,.

Il 3 luglio viene assassinato Mario Santiz López. Il 5 luglio 2021 viene assassinato Simón Pedro Pérez López, catechista ed ex presidente della direzione della Società Civile Las Abejas di Acteal, colpevole di promuovere la non violenza e di accompagnare le comunità tsotsiles di Pantelhó. Al suo funerale Marcelo ha accusato il “narco-municipio”, cioè l’alleanza tra lo Stato e il crimine organizzato.

Sebbene abbia chiesto alle comunità di “non cadere nella tentazione della vendetta”, il 10 luglio è stato diffuso un comunicato del gruppo armato “El Machete”, creato dalle comunità come autodifesa contro la violenza. Il 26 luglio 2021 migliaia di persone in passamontagna hanno preso il controllo del municipio, 19 uomini sono stati esposti ammanettati nella piazza centrale del municipio a causa dei loro legami con il crimine organizzato.

Sebbene fosse stata un’azione collettiva comunitaria (un’esplosione dal basso), che apparentemente non fu convocata da El Machete, la Procura Generale del Chiapas ha emesso un mandato di arresto contro padre Marcelo per la scomparsa di queste 19 persone a Pantelhó. Non importava loro che quel giorno il sacerdote fosse in un altro luogo, a Simojovel, che invocasse sempre la pace e che il giorno successivo fosse arrivato in realtà per calmare gli animi.

È la vita del popolo ad essere a rischio, non la mia.

Il mandato di arresto è ancora in vigore. A ottobre è stato trasferito alla chiesa di Guadalupe a San Cristóbal, dove adesso ci spiega chi sta provocando violenza e morte. “Le autorità sono complici del narcotraffico. Hanno cercato di metterci a tacere, attraverso minacce di morte e diffamazione sui social network. Si ho paura, ma questo non mi ferma”.

Nella sua analisi della situazione, questo indigeno tsotsil che è sacerdote in Chiapas da 20 anni, sostiene che non è possibile fermare la violenza perché i poliziotti sono sicari, perché “abbiamo un narco-Stato”. È convinto che la violenza peggiorerà e che solo successivamente si potrà giungere ad una certa calma, ma a costo di molto sangue. “Spero che sia il sangue di sacerdoti e vescovi, non quello del popolo”.

Afferma che siamo nel mezzo della tempesta, che non si può risolve con un’altra tempesta, ma cercando strade differenti. Diffida dei poteri e dei potenti: “Se uccidono me è uno scandalo, ma se uccidono un contadino non succede nulla, a nessuno importa. Se serve dare la mia vita, eccomi qui”, conclude.

Prima di congedarci, fa riferimento a una frase biblica, assicurando che i dolori che stiamo attraversando sono “i gemiti del parto”. Pone i suoi principi e valori al di sopra della sua stessa vita: “Non accetto guardie del corpo. È contro il Vangelo che qualcuno muoia perché io viva. È la vita del popolo ad essere a rischio, non la mia.”. Nel saluto finale, si confessa: “Non mi fido della polizia”.

 

 

 

Aggressioni e minacce contro le Basi d’Appoggio Zapatiste di Nuevo Jerusalén

Di seguito riportiamo la traduzione del comunicato dell’EZLN e denuncia effettuata dal  Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba)  in merito alle minacce e aggressioni subite dalle Basi d’Appoggio Zapatiste di Nuevo Jerusalén.

La denuncia può essere firmata dalla pagina:
https://frayba.org.mx/denunciamos-el-riesgo-la-vida-seguridad-e-integridad-personal-de-los-habitantes-bases-de-apoyo-del

 

L’EZLN denuncia aggressioni e minacce contro le sue basi di appoggio

 

COMUNICATO DEL COMITATO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO-COMANDANCIA GENERALE DELL’ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIÓNE NAZIONALE

MESSICO

16 OTTOBRE 2024

ALLA SEXTA NAZIONALE ED INTERNAZIONALE:

A CHI HA FIRMATO LA DICHIARAZIONE PER LA VITA:

COMPAS:

ALCUNE SETTIMANE FA, ABITANTI DI PALESTINA HANNO MINACCIATO LE DONNE, GLI ANZIANI, I BAMBINI E GLI UOMINI DEL VILLAGGIO ZAPATISTA “6 DE OCTUBRE”, PARTE DEL CARACOL DI JERUSALÉN, DI CACCIARLI DALLE TERRE CHE OCCUPANO E LAVORANO, PACIFICAMENTE, DA OLTRE 30 ANNI.

FINO A QUESTO “CAMBIO” DI GOVERNO, IL VILLAGGIO “6 DE OCTUBER” AVEVA VISSUTO IN PACE E ARMONIA CON LE POPOLAZIONI CIRCOSTANTI, SENZA PROBLEMI.

DALL’INIZIO DI QUESTO PROBLEMA IL GOVERNO AUTONOMO LOCALE (GAL) DI “6 DE OCTUBRE” E L’ASSEMBLEA DEI COLLETTIVI DEI GOVERNI AUTONOMI ZAPATISTI (ACEGAZ) DEL CARACOL JERUSALÉN, HANNO INSISTO PER IL DIALOGO E L’ACCORDO CON LE AUTORITÀ COMUNALI DI PALESTINA, MA È STATO INVANO. QUESTE AUTORITÀ DI PALESTINA DICHIARANO DI AVERE L’APPOGGIO DELLE AUTORITÀ MUNICIPALI DI OCOSINGO E DEL GOVERNO DELLO STATO DEL CHIAPAS (RISPETTIVAMENTE PVEM E MORENA), E DI AVERE ISTRUZIONI DA TALI MALGOVERNI DI CONSEGNARE AGLI AGGRESSORI I DOCUMENTI CHE DIMOSTRANO LA LORO PROPRIETÀ SULLE TERRE SOTTRATTE.

GLI STESSI ABITANTI DI PALESTINA SOTTOLINEANO CHE CI SONO PRESSIONI DA PARTE DELLA COSIDDETTA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA PERCHÉ I NOSTRI COMPAGNI VENGANO CACCIATI E CHE C’È UN ACCORDO TRA LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA E I DIVERSI LIVELLI DI GOVERNO PER DARE NATURA “LEGALE” A QUESTO FURTO.

LE MINACCE SONO IN AUMENTO FINO A COMPRENDERE LA PRESENZA DI ABITANTI DI PALESTINA CON ARMI DI GROSSO CALIBRO, MINACCE DI STUPRO SULLE DONNE, INCENDI DI CASE E FURTI DI BENI, RACCOLTI E ANIMALI.

LE PROVOCAZIONI NON CESSANO. IL CARACOL JERUSALÉN ERA UNO DEI LUOGHI CONTEMPLATI PER LA CELEBRAZIONE DEGLI INCONTRI DI RESISTENZA E RIBELLIONE 2024-2025.

POICHÉ DOBBIAMO ESSERE CONSAPEVOLI DEL DETERIORAMENTO DI QUESTA GRAVE SITUAZIONE, SOSPENDIAMO TUTTE LE COMUNICAZIONI E LE INFORMAZIONI RIGUARDANTI TALI INCONTRI E CONTEMPLEREMO LA CANCELLAZIONE DEGLI STESSI PERCHÉ NON CI SAREBBE SICUREZZA PER I PARTECIPANTI OVUNQUE IN CHIAPAS.

QUESTA È LA REALTÀ DELLA “CONTINUITÀ CON IL CAMBIAMENTO” DEI MALGOVERNI.

È TUTTO.

Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comandancia Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

Subcomandante Insurgente Moisés

Messico, ottobre 2024

Denunciamo il rischio per la vita, la sicurezza e l’integrità personale degli abitanti Basi di d’Appoggio dell’EZLN della comunità 6 de Octubre, CGAZ di Nuevo Jerusalén
San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico

16 ottobre 2024

Azione Urgente n. 3

  • L’assedio all’autonomia zapatista continua senza sosta.
  • Il Governo Autonomo Locale ha reso noto che un gruppo di persone armate si è stabilito nelle terre recuperate.

Il Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) ha ricevuto informazioni dai Collettivi di Governi Autonomi Zapatisti (CGAZ), Caracol IX, Nuevo Jerusalén, riguardo agli attacchi di persone armate e all’installazione di capanne all’interno delle terre recuperate del villaggio 6 de Octubre, Governo Autonomo Locale (GAL), comune ufficiale di Ocosingo, Chiapas.

In più occasioni durante il mese di giugno, persone sconosciute sono arrivate nella comunità con armi di differente calibro, intimidendo le famiglie del villaggio 6 de Octubre. Hanno svolto delle perlustrazioni e scattato foto. Successivamente, due Basi di Appoggio che erano uscite per andare a lavoro sono state minacciate: è stato detto loro in modo “pacifico” che devono lasciare la loro comunità, altrimenti sarebbero stati “cacciati con la forza”. La comunità non ha ceduto a queste intimidazioni che si sono succedute nel tempo. Finché la sera del 30 agosto, un drone è stato avvistato sorvolare l’abitato della comunità 6 de Octubre.

Nel corso del mese di settembre, persone sconosciute hanno continuato a fare incursioni, generando paura tra gli abitanti. L’episodio culminante è avvenuto il 23 settembre 2024, intorno alle ore 6:00, quando un gruppo di persone armate è arrivato al GAL 6 de Octubre. Sono arrivati con 10 veicoli con a bordo circa 100 persone, scese per ripulire una porzione di terreno dove costruire le proprie capanne, vicino alle abitazioni delle famiglie Basi di Sostegno dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (BAEZLN). Da quel momento, il gruppo armato è rimasto sul posto, incrementando le intimidazioni e le minacce. Uomini armati sorvegliano le attività delle famiglie zapatiste. Per sicurezza, gli uomini del villaggio preferiscono restare in casa, lasciando uscire solo le donne, che sono state oggetto di minacciate di violenza sessuale.

Dal 5 settembre 2024, diverse autorità dello Stato messicano sono state informate della presenza di questo gruppo armato, delle intimidazioni e delle minacce nelle terre recuperate delle famiglie BAEZLN, senza che finora siano state intraprese azioni efficaci per affrontare la situazione, con il rischio di sfollamento forzato interno.

Chiediamo alle autorità competenti di:

  • Adottare azioni urgenti e necessarie per garantire e proteggere la vita, l’integrità e la sicurezza personale delle famiglie Basi d’Appoggio Zapatiste, evitando che la situazione peggiori.
  • Condurre indagini tempestive e adeguate per identificare i responsabili, smantellare e disarmare il gruppo o i gruppi che operano nella zona.
  • Garantire e rispettare in generale l’autonomia e l’autodeterminazione dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e delle sue Basi d’ Appoggio, e nello specifico dell’Assemblea dei Collettivi di Governi Autonomo Zapatisti di Nuevo Jerusalén.
  • Facciamo appello alla solidarietà nazionale e internazionale affinché si firmi urgentemente questa petizione e scrivano alle autorità messicane per fermare queste azioni violente contro le comunità zapatiste.

Firmando questa Azione si invierà automaticamente un’e-mail alle autorità governative con il vostro indirizzo come mittente . Maggiori informazioni nell’ informativa sulla privacy. 

 

 

I cambi nell’Autonomia Zapatista

Pubblichiamo la traduzione dell’ articolo  https://www.elsaltodiario.com/ezln/cambios-autonomia-zapatista 
di Lola Sepúlveda del Centro de documentación sobre Zapatismo, CEDOZ.

 

I cambi nell’Autonomia Zapatista

16 jun 2024

Quarto testo appartiene ad una rassegna che dedichiamo al 30° anniversario della rivolta dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. L’autrice analizza il modo in cui lo zapatismo concepisce l’Autonomia e i vari cambi organizzativi che ha prodotto al suo interno nel corso di tre decenni.

Ora possiamo sopravvivere alla tempesta come comunità zapatiste che siamo. Ma ora non si tratta solo di questo, ma di attraversare questa e altre tempeste che arriveranno, attraversare la notte e arrivare a quel mattino, tra 120 anni, in cui una bambina inizia a imparare che essere libera significa anche essere responsabile di quella libertà.”

Per questo, guardando quella bambina lì da lontano, apporteremo i cambi e gli aggiustamenti che abbiamo discusso e concordato insieme in questi anni, e che abbiamo già concordato con tutti i popoli zapatisti.”

Terza parte: Deni (02/11/2023)

Continua la lettura di I cambi nell’Autonomia Zapatista

AMLO, Ayotzinapa e la dimensione sconosciuta

A dieci anni dal massacro e “desaparición” Degli studenti di Ayotzinapa proponiamo la traduzione di questo articolo del giornalista John Gibler, autore del libro “Una storia orale dell’infamia”, che ci racconta come il governo di Andrés Manuel López Obrador, nonostante le forti promesse di costui in campagna elettorale, abbia paralizzato le indagini e tradito le famiglie dei desaparecidos . Nell’articolo viene ricostruita nel tempo la continuità nella copertura dei responsabili tra i differenti partiti di governo, come anche la complicità tra i differenti livelli di governo, forze armate di ogni ordine e grado, e criminalità organizzata negli avvenimenti della lunga “Notte di Iguala” e nel continuo insabbiamento e depistamento delle indagini nel corso di un decennio.

AMLO, Ayotzinapa e la dimensione sconosciuta

Jonn Gibler -23 settembre 2024

Link articolo originale: https://estepais.com/tendencias_y_opiniones/amlo-ayotzinapa-dimension-desconocida/

Nel 2016 la scrittrice cilena Nona Fernández ha pubblicato un libro di non-fiction intitolato La dimensione sconosciuta. Il libro prende il titolo dalla serie televisiva di fantascienza, fantasy e horror americana The Twilight Zone. L’autrice cita nell’epigrafe lo slogan della serie: “Oltre il conosciuto c’è un’altra dimensione. Voi avete appena attraversato la soglia”.

“La dimensione sconosciuta è un modo per nominare quella realtà parallela che lo Stato gestisce e nega simultaneamente.”

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¡NOS FALTAN 43!

Il 26 settembre del 2014, esattamente dieci anni fa, 43 studenti della scuola normale di Ayotzinapa, Guerrero, vennero sequestrati dalla polizia e fatti scomparire mentre altre 6 persone vennero assassinate durante quella che venne chiamata “la noche de Iguala”.
In questi dieci anni il governo messicano attraverso la propagandata “verdad historica” ha negato la propria responsabilità e la verità sui fatti di quella notte e sul destino dei ragazzi. 
Le immediate mobilitazioni e le inchieste portate avanti dai loro compagni e dai famigliari hanno ampiamente dimostrato il coinvolgimento di tutti i livelli delle forze di sicurezza governative, comprese le Forze Armate, in quel crimine che possiamo a tutti gli effetti definire un crimine di Stato. 

La voce  delle famiglie  ha inoltre con coraggio aperto una breccia nel muro di impunità amplificando a livello mondiale le migliaia di voci che denunciano le 114,000 “desapariciones” forzate in Messico negli ultimi due decenni.

¡Nos faltan 43! 

26 settembre 2014-26 settembre 2024)

 

Cammino da tanto, troppo tempo in cerca della via di casa. 
Ormai i vestiti che ho addosso non li riconosco nemmeno più. 
Sono gli stessi di quella notte assassina di dieci anni fa, quella notte che  chiamate “la noche di Iguala”. 
Non ricordo più nulla di quel che è successo, solo paura, spari e crudeltà. 
Ricordo divise di tutti i livelli, divise di Stato. 
Non ricordo il mio nome, magari non ne ho uno solo ma 43 differenti o uno a caso fra essi. 
Sono confuso frastornato, non sento nulla e vedo poco. 
Ho bisogno di luce e voci complici.
Non ricordo la mia storia né il mio passato, dove ho perso, o meglio mi hanno rubato la strada di casa. 
Ricordo dei miei compagni di Ayotzinapa, della Scuola Normale, della manifestazione. 
Tuttavia a volte svaniscono anche quelle immagini e di colpo divento una ragazza di Veracruz, un migrante Honduregno, una madre di Ciudad Juárez. 
Desparecidos, desaparecidas.
Non so nulla e so tutto ma non riesco a tornare a casa. 
Nella mia testa ho migliaia di storie, ai piedi le scarpe consumate di tanto camminare senza meta. 
Eppure continuo la mia strada a testa alta, con la convinzione che il silenzio terminerà presto. 
Che quelle voci che sento in lontananza diventeranno grida di rabbia sempre più forti e grazie a loro troverò la strada di casa. 
Tornerò a studiare, alla milpa, ad ascoltare le storie di mio nonno, a essere un buon padre oppure una buona madre. 
A poter camminare di notte da sola e senza paura. 
Ecco tornerò a vivere senza paura. 
A casa appunto. 
Ho bisogno di una luce per tornare a vedere la strada che porta al mio paese, alla comunità, al Barrio. 
Ho bisogno delle vostre grida di rabbia e dignità.
È questo il pensiero che mi accompagna e mi tiene alto lo sguardo, in attesa di un segnale. 

So che arriverà perché non possiamo permettere che esista storia senza giustizia e quel finale dobbiamo scriverlo noi.

 

¡Viv*s l*s llevaron! ¡Viv*s l*s queremos!