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Assassinano padre Marcelo crivellandolo di colpi dopo aver officiato la messa: da sempre ha denunciato l’estrema violenza in Chiapas.

Pubblichiamo la traduzione di questo del 20.10.2024 articolo a cura della Redazione di Desinformémonos perchè pensiamo sia prezioso per far conoscere la storie e le lotte portate avanti da padre Marcelo Perez Pérez attraverso le sue stesse parole.
Verità e giustizia per padre Marcelo!
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Padre Marcelo Pérez Pérez, presbitero della chiesa di Guadalupe a San Cristóbal de las Casas, Chiapas, ed ex parroco di Simojovel, è stato assassinato, a seguito di minacce, subito dopo aver officiato una messa nel quartiere di Cuxtutali. È stato crivellato di colpi da persone a bordo di una motocicletta.

 

Chi era padre Marcelo?

Condividiamo un’intervista con il sacerdote realizzata da Raúl Zibechi nel settembre 2022.

“Stiamo vivendo qualcosa di simile ai tempi di Gesù. I romani non avevano pietà. Il narcotraffico non ha pietà”, sentenzia padre Marcelo Pérez, seduto nella sala da pranzo della parrocchia Nuestra Señora de Guadalupe a San Cristóbal de las Casas, Chiapas.
La chiesa sorge su un’altura, raggiungibile salendo 79 scaloni che lasciano con il fiato corto. La ricompensa è una vista panoramica stupenda, con montagne alberate che dominano la candida città coloniale. Al centro, a fare da cerniera tra il manto naturale e le pietre urbane, c’è la chiesa, circondata da una piazza alberata dove incontriamo padre Marcelo, sempre accompagnato da persone che lo consultano e gli chiedono consiglio.

Marcelo si è formato nella diocesi di Tuxtla Gutiérrez, che definisce come “molto conservatrice”, ma nel 2001 fu inviato a Chenalhó dove la sua vita cambiò radicalmente. “Acteal mi ha dato la luce”, afferma con fermezza. Il massacro di Acteal, del 22 dicembre 1997, con un saldo di 45 tsotsiles [popolo maya della regione de Los Altos de Chiapas, ndt] assassinati mentre pregavano per mano di paramilitari addestrati per combattere l’EZLN, continua a esercitare una brutale presenza sul municipio e in tutto il Chiapas.

“Avevo paura, ma ad Acteal ho visto che le persone sono libere. Sono pastore, ma ho visto che il gregge è molto più coraggioso. Mi sono unito a loro per denunciare l’impunità e per lottare contro il progetto Ciudades Rurales del governo di Juan Sabines”, continua il padre in un racconto che spazia dagli anni della formazione all’impegno con il suo popolo.

Rifiuta l’ispirazione della Teologia della Liberazione e recita i quattro pilastri del suo pensiero e modo di agire: la realtà che affrontiamo, la parola di Dio di fronte a essa, la posizione della chiesa e gli impegni necessari da assumere. “Parlare di teologia della liberazione significa entrare in conflitto”, afferma con pragmatismo.

Poi ritorna al suo discorso: “Acteal mi ha convertito”. Il dolore nasce ascoltando i sopravvissuti: María, Zenaida, donne e uomini che hanno perso tutta la loro famiglia. “Come è possibile dir loro che Dio li ama!”, esclama il padre. Per questo non si ispira alla parola della Bibbia, alla teoria che nasce dal testo sacro, ma prende un’altra direzione, “piangere con chi piange, soffrire con chi soffre” e, soprattutto, “camminare con loro”.

La strada non è nel cambio di partito.

Le parole scorrono su una tavola imbandita con un pranzo semplice. Ci avvolge il suo entusiasmo e la sincerità del suo dolore. “I sopravvissuti sanno leggere, lì è la luce”. Impossibile non ricordare parole molto simili pronunciate decenni fa dall’assassinato monsignor Oscar Romero, che si espresse in modo molto simile al sacerdote di Chenalhó: “Il sangue di Rutilio Grande mi ha convertito”, disse in riferimento al martire del movimento contadino salvadoregno.

La conversione portò padre Marcelo a camminare con il popolo contadino. Non solo ha accompagnato le vittime, ma denunciò anche gli autori materiali e intellettuali della violenza, il che gli ha provocato la persecuzione da parte del governo del Chiapas.

“Nel 2008 hanno incendiato la casa parrocchiale, poi hanno danneggiato le candele e le gomme della mia auto, e il 12 dicembre 2010 due ragazzi mi hanno picchiato per strada”, racconta con calma.

È quasi morto quando hanno collegato un cavo elettrico al serbatoio della benzina del suo veicolo, il che lo ha spinto ad accettare il trasferimento a Simojovel, dove è arrivato il 5 agosto 2011. “La gente ha iniziato a visitarmi per raccontare le proprie tragedie, gli omicidi, le morti. È così che ho scoperto che i criminali hanno accordi con le autorità e alle denunce sono seguite le minacce”.

L’8 marzo ha organizzato una processione di donne contro la vendita di droghe nei pressi della presidenza del municipio. Lo hanno accusato di essere un guerrigliero e persino uno zapatista, hanno messo una taglia sulla sua testa, fino a quando nel 2014 il municipio e il PRI hanno cercato di mobilitare la popolazione contro di lui, con scarso successo tra la gente.

Un punto di svolta è stato il pellegrinaggio di 15.000 persone, tenutosi in ottobre, in cui si denunciò la famiglia Gómez Domínguez, che è entrata in scena con sicari che hanno fatto vari attentati e messo sù una campagna mediatica contro padre Marcelo, arrivando a offrire un milione di pesos per la testa del sacerdote di Simojovel.

Nel citato comunicato, il Pueblo Creyente conclude che i cambiamenti non vengono da un partito “ma dalla società civile, dai popoli originari, dalla classe povera e media”, e denuncia che il Chiapas “si avvicina a un’esplosione sociale”.

La sua forma d’azione sociale è la convocazione di processioni, alle quali hanno partecipato decine di migliaia di fedeli, e la denuncia delle autorità e dei politici. È riuscito a far sì che i Gómez Domínguez non vincessero le elezioni municipali, ma è stato denunciato per diffamazione presso la PGR. Comunque Marcelo riconosce che “la strada non è cambiare partito”.

Negli anni successivi ci sono stati molti sit-in della popolazione e tanti omicidi da parte del crimine organizzato, sempre sotto la protezione delle autorità. “Il 12 dicembre 2017 ho celebrato la messa più triste della mia vita, per la morte di due anziani a causa del freddo e della fame”. Proseguono lo sfollamento forzato di intere comunità, ulteriori violenze e morti, bombe e spari. Ma la popolazione continua a resistere.

Nel maggio 2017 nasce il Movimento Indigeno del Pueblo Creyente Zoque in Difesa della Vita e del Territorio (ZODEVITE), mentre a giugno si svolse una massiccia processione verso Tuxtla Gutiérrez contro le concessioni minerarie e petrolifere, poiché il governo messicano voleva concedere a imprese straniere oltre 80.000 ettari, coinvolgendo più di 40 ejidos e comunità locali.

La mobilitazione ha rappresentato una nuova sconfitta per i piani di chi sta in alto, ma la violenza continua. Nel 2021 si sono registrati a Pantelhó, un municipio di appena 8.600 abitanti della regione degli Altos del Chiapas, più di 200 morti a causa del crimine di stato/organizzato,.

Il 3 luglio viene assassinato Mario Santiz López. Il 5 luglio 2021 viene assassinato Simón Pedro Pérez López, catechista ed ex presidente della direzione della Società Civile Las Abejas di Acteal, colpevole di promuovere la non violenza e di accompagnare le comunità tsotsiles di Pantelhó. Al suo funerale Marcelo ha accusato il “narco-municipio”, cioè l’alleanza tra lo Stato e il crimine organizzato.

Sebbene abbia chiesto alle comunità di “non cadere nella tentazione della vendetta”, il 10 luglio è stato diffuso un comunicato del gruppo armato “El Machete”, creato dalle comunità come autodifesa contro la violenza. Il 26 luglio 2021 migliaia di persone in passamontagna hanno preso il controllo del municipio, 19 uomini sono stati esposti ammanettati nella piazza centrale del municipio a causa dei loro legami con il crimine organizzato.

Sebbene fosse stata un’azione collettiva comunitaria (un’esplosione dal basso), che apparentemente non fu convocata da El Machete, la Procura Generale del Chiapas ha emesso un mandato di arresto contro padre Marcelo per la scomparsa di queste 19 persone a Pantelhó. Non importava loro che quel giorno il sacerdote fosse in un altro luogo, a Simojovel, che invocasse sempre la pace e che il giorno successivo fosse arrivato in realtà per calmare gli animi.

È la vita del popolo ad essere a rischio, non la mia.

Il mandato di arresto è ancora in vigore. A ottobre è stato trasferito alla chiesa di Guadalupe a San Cristóbal, dove adesso ci spiega chi sta provocando violenza e morte. “Le autorità sono complici del narcotraffico. Hanno cercato di metterci a tacere, attraverso minacce di morte e diffamazione sui social network. Si ho paura, ma questo non mi ferma”.

Nella sua analisi della situazione, questo indigeno tsotsil che è sacerdote in Chiapas da 20 anni, sostiene che non è possibile fermare la violenza perché i poliziotti sono sicari, perché “abbiamo un narco-Stato”. È convinto che la violenza peggiorerà e che solo successivamente si potrà giungere ad una certa calma, ma a costo di molto sangue. “Spero che sia il sangue di sacerdoti e vescovi, non quello del popolo”.

Afferma che siamo nel mezzo della tempesta, che non si può risolve con un’altra tempesta, ma cercando strade differenti. Diffida dei poteri e dei potenti: “Se uccidono me è uno scandalo, ma se uccidono un contadino non succede nulla, a nessuno importa. Se serve dare la mia vita, eccomi qui”, conclude.

Prima di congedarci, fa riferimento a una frase biblica, assicurando che i dolori che stiamo attraversando sono “i gemiti del parto”. Pone i suoi principi e valori al di sopra della sua stessa vita: “Non accetto guardie del corpo. È contro il Vangelo che qualcuno muoia perché io viva. È la vita del popolo ad essere a rischio, non la mia.”. Nel saluto finale, si confessa: “Non mi fido della polizia”.

 

 

 

Aggressioni e minacce contro le Basi d’Appoggio Zapatiste di Nuevo Jerusalén

Di seguito riportiamo la traduzione del comunicato dell’EZLN e denuncia effettuata dal  Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba)  in merito alle minacce e aggressioni subite dalle Basi d’Appoggio Zapatiste di Nuevo Jerusalén.

La denuncia può essere firmata dalla pagina:
https://frayba.org.mx/denunciamos-el-riesgo-la-vida-seguridad-e-integridad-personal-de-los-habitantes-bases-de-apoyo-del

 

L’EZLN denuncia aggressioni e minacce contro le sue basi di appoggio

 

COMUNICATO DEL COMITATO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO-COMANDANCIA GENERALE DELL’ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIÓNE NAZIONALE

MESSICO

16 OTTOBRE 2024

ALLA SEXTA NAZIONALE ED INTERNAZIONALE:

A CHI HA FIRMATO LA DICHIARAZIONE PER LA VITA:

COMPAS:

ALCUNE SETTIMANE FA, ABITANTI DI PALESTINA HANNO MINACCIATO LE DONNE, GLI ANZIANI, I BAMBINI E GLI UOMINI DEL VILLAGGIO ZAPATISTA “6 DE OCTUBRE”, PARTE DEL CARACOL DI JERUSALÉN, DI CACCIARLI DALLE TERRE CHE OCCUPANO E LAVORANO, PACIFICAMENTE, DA OLTRE 30 ANNI.

FINO A QUESTO “CAMBIO” DI GOVERNO, IL VILLAGGIO “6 DE OCTUBER” AVEVA VISSUTO IN PACE E ARMONIA CON LE POPOLAZIONI CIRCOSTANTI, SENZA PROBLEMI.

DALL’INIZIO DI QUESTO PROBLEMA IL GOVERNO AUTONOMO LOCALE (GAL) DI “6 DE OCTUBRE” E L’ASSEMBLEA DEI COLLETTIVI DEI GOVERNI AUTONOMI ZAPATISTI (ACEGAZ) DEL CARACOL JERUSALÉN, HANNO INSISTO PER IL DIALOGO E L’ACCORDO CON LE AUTORITÀ COMUNALI DI PALESTINA, MA È STATO INVANO. QUESTE AUTORITÀ DI PALESTINA DICHIARANO DI AVERE L’APPOGGIO DELLE AUTORITÀ MUNICIPALI DI OCOSINGO E DEL GOVERNO DELLO STATO DEL CHIAPAS (RISPETTIVAMENTE PVEM E MORENA), E DI AVERE ISTRUZIONI DA TALI MALGOVERNI DI CONSEGNARE AGLI AGGRESSORI I DOCUMENTI CHE DIMOSTRANO LA LORO PROPRIETÀ SULLE TERRE SOTTRATTE.

GLI STESSI ABITANTI DI PALESTINA SOTTOLINEANO CHE CI SONO PRESSIONI DA PARTE DELLA COSIDDETTA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA PERCHÉ I NOSTRI COMPAGNI VENGANO CACCIATI E CHE C’È UN ACCORDO TRA LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA E I DIVERSI LIVELLI DI GOVERNO PER DARE NATURA “LEGALE” A QUESTO FURTO.

LE MINACCE SONO IN AUMENTO FINO A COMPRENDERE LA PRESENZA DI ABITANTI DI PALESTINA CON ARMI DI GROSSO CALIBRO, MINACCE DI STUPRO SULLE DONNE, INCENDI DI CASE E FURTI DI BENI, RACCOLTI E ANIMALI.

LE PROVOCAZIONI NON CESSANO. IL CARACOL JERUSALÉN ERA UNO DEI LUOGHI CONTEMPLATI PER LA CELEBRAZIONE DEGLI INCONTRI DI RESISTENZA E RIBELLIONE 2024-2025.

POICHÉ DOBBIAMO ESSERE CONSAPEVOLI DEL DETERIORAMENTO DI QUESTA GRAVE SITUAZIONE, SOSPENDIAMO TUTTE LE COMUNICAZIONI E LE INFORMAZIONI RIGUARDANTI TALI INCONTRI E CONTEMPLEREMO LA CANCELLAZIONE DEGLI STESSI PERCHÉ NON CI SAREBBE SICUREZZA PER I PARTECIPANTI OVUNQUE IN CHIAPAS.

QUESTA È LA REALTÀ DELLA “CONTINUITÀ CON IL CAMBIAMENTO” DEI MALGOVERNI.

È TUTTO.

Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comandancia Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

Subcomandante Insurgente Moisés

Messico, ottobre 2024

Denunciamo il rischio per la vita, la sicurezza e l’integrità personale degli abitanti Basi di d’Appoggio dell’EZLN della comunità 6 de Octubre, CGAZ di Nuevo Jerusalén
San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico

16 ottobre 2024

Azione Urgente n. 3

  • L’assedio all’autonomia zapatista continua senza sosta.
  • Il Governo Autonomo Locale ha reso noto che un gruppo di persone armate si è stabilito nelle terre recuperate.

Il Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) ha ricevuto informazioni dai Collettivi di Governi Autonomi Zapatisti (CGAZ), Caracol IX, Nuevo Jerusalén, riguardo agli attacchi di persone armate e all’installazione di capanne all’interno delle terre recuperate del villaggio 6 de Octubre, Governo Autonomo Locale (GAL), comune ufficiale di Ocosingo, Chiapas.

In più occasioni durante il mese di giugno, persone sconosciute sono arrivate nella comunità con armi di differente calibro, intimidendo le famiglie del villaggio 6 de Octubre. Hanno svolto delle perlustrazioni e scattato foto. Successivamente, due Basi di Appoggio che erano uscite per andare a lavoro sono state minacciate: è stato detto loro in modo “pacifico” che devono lasciare la loro comunità, altrimenti sarebbero stati “cacciati con la forza”. La comunità non ha ceduto a queste intimidazioni che si sono succedute nel tempo. Finché la sera del 30 agosto, un drone è stato avvistato sorvolare l’abitato della comunità 6 de Octubre.

Nel corso del mese di settembre, persone sconosciute hanno continuato a fare incursioni, generando paura tra gli abitanti. L’episodio culminante è avvenuto il 23 settembre 2024, intorno alle ore 6:00, quando un gruppo di persone armate è arrivato al GAL 6 de Octubre. Sono arrivati con 10 veicoli con a bordo circa 100 persone, scese per ripulire una porzione di terreno dove costruire le proprie capanne, vicino alle abitazioni delle famiglie Basi di Sostegno dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (BAEZLN). Da quel momento, il gruppo armato è rimasto sul posto, incrementando le intimidazioni e le minacce. Uomini armati sorvegliano le attività delle famiglie zapatiste. Per sicurezza, gli uomini del villaggio preferiscono restare in casa, lasciando uscire solo le donne, che sono state oggetto di minacciate di violenza sessuale.

Dal 5 settembre 2024, diverse autorità dello Stato messicano sono state informate della presenza di questo gruppo armato, delle intimidazioni e delle minacce nelle terre recuperate delle famiglie BAEZLN, senza che finora siano state intraprese azioni efficaci per affrontare la situazione, con il rischio di sfollamento forzato interno.

Chiediamo alle autorità competenti di:

  • Adottare azioni urgenti e necessarie per garantire e proteggere la vita, l’integrità e la sicurezza personale delle famiglie Basi d’Appoggio Zapatiste, evitando che la situazione peggiori.
  • Condurre indagini tempestive e adeguate per identificare i responsabili, smantellare e disarmare il gruppo o i gruppi che operano nella zona.
  • Garantire e rispettare in generale l’autonomia e l’autodeterminazione dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e delle sue Basi d’ Appoggio, e nello specifico dell’Assemblea dei Collettivi di Governi Autonomo Zapatisti di Nuevo Jerusalén.
  • Facciamo appello alla solidarietà nazionale e internazionale affinché si firmi urgentemente questa petizione e scrivano alle autorità messicane per fermare queste azioni violente contro le comunità zapatiste.

Firmando questa Azione si invierà automaticamente un’e-mail alle autorità governative con il vostro indirizzo come mittente . Maggiori informazioni nell’ informativa sulla privacy. 

 

 

AMLO, Ayotzinapa e la dimensione sconosciuta

A dieci anni dal massacro e “desaparición” Degli studenti di Ayotzinapa proponiamo la traduzione di questo articolo del giornalista John Gibler, autore del libro “Una storia orale dell’infamia”, che ci racconta come il governo di Andrés Manuel López Obrador, nonostante le forti promesse di costui in campagna elettorale, abbia paralizzato le indagini e tradito le famiglie dei desaparecidos . Nell’articolo viene ricostruita nel tempo la continuità nella copertura dei responsabili tra i differenti partiti di governo, come anche la complicità tra i differenti livelli di governo, forze armate di ogni ordine e grado, e criminalità organizzata negli avvenimenti della lunga “Notte di Iguala” e nel continuo insabbiamento e depistamento delle indagini nel corso di un decennio.

AMLO, Ayotzinapa e la dimensione sconosciuta

Jonn Gibler -23 settembre 2024

Link articolo originale: https://estepais.com/tendencias_y_opiniones/amlo-ayotzinapa-dimension-desconocida/

Nel 2016 la scrittrice cilena Nona Fernández ha pubblicato un libro di non-fiction intitolato La dimensione sconosciuta. Il libro prende il titolo dalla serie televisiva di fantascienza, fantasy e horror americana The Twilight Zone. L’autrice cita nell’epigrafe lo slogan della serie: “Oltre il conosciuto c’è un’altra dimensione. Voi avete appena attraversato la soglia”.

“La dimensione sconosciuta è un modo per nominare quella realtà parallela che lo Stato gestisce e nega simultaneamente.”

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¡NOS FALTAN 43!

Il 26 settembre del 2014, esattamente dieci anni fa, 43 studenti della scuola normale di Ayotzinapa, Guerrero, vennero sequestrati dalla polizia e fatti scomparire mentre altre 6 persone vennero assassinate durante quella che venne chiamata “la noche de Iguala”.
In questi dieci anni il governo messicano attraverso la propagandata “verdad historica” ha negato la propria responsabilità e la verità sui fatti di quella notte e sul destino dei ragazzi. 
Le immediate mobilitazioni e le inchieste portate avanti dai loro compagni e dai famigliari hanno ampiamente dimostrato il coinvolgimento di tutti i livelli delle forze di sicurezza governative, comprese le Forze Armate, in quel crimine che possiamo a tutti gli effetti definire un crimine di Stato. 

La voce  delle famiglie  ha inoltre con coraggio aperto una breccia nel muro di impunità amplificando a livello mondiale le migliaia di voci che denunciano le 114,000 “desapariciones” forzate in Messico negli ultimi due decenni.

¡Nos faltan 43! 

26 settembre 2014-26 settembre 2024)

 

Cammino da tanto, troppo tempo in cerca della via di casa. 
Ormai i vestiti che ho addosso non li riconosco nemmeno più. 
Sono gli stessi di quella notte assassina di dieci anni fa, quella notte che  chiamate “la noche di Iguala”. 
Non ricordo più nulla di quel che è successo, solo paura, spari e crudeltà. 
Ricordo divise di tutti i livelli, divise di Stato. 
Non ricordo il mio nome, magari non ne ho uno solo ma 43 differenti o uno a caso fra essi. 
Sono confuso frastornato, non sento nulla e vedo poco. 
Ho bisogno di luce e voci complici.
Non ricordo la mia storia né il mio passato, dove ho perso, o meglio mi hanno rubato la strada di casa. 
Ricordo dei miei compagni di Ayotzinapa, della Scuola Normale, della manifestazione. 
Tuttavia a volte svaniscono anche quelle immagini e di colpo divento una ragazza di Veracruz, un migrante Honduregno, una madre di Ciudad Juárez. 
Desparecidos, desaparecidas.
Non so nulla e so tutto ma non riesco a tornare a casa. 
Nella mia testa ho migliaia di storie, ai piedi le scarpe consumate di tanto camminare senza meta. 
Eppure continuo la mia strada a testa alta, con la convinzione che il silenzio terminerà presto. 
Che quelle voci che sento in lontananza diventeranno grida di rabbia sempre più forti e grazie a loro troverò la strada di casa. 
Tornerò a studiare, alla milpa, ad ascoltare le storie di mio nonno, a essere un buon padre oppure una buona madre. 
A poter camminare di notte da sola e senza paura. 
Ecco tornerò a vivere senza paura. 
A casa appunto. 
Ho bisogno di una luce per tornare a vedere la strada che porta al mio paese, alla comunità, al Barrio. 
Ho bisogno delle vostre grida di rabbia e dignità.
È questo il pensiero che mi accompagna e mi tiene alto lo sguardo, in attesa di un segnale. 

So che arriverà perché non possiamo permettere che esista storia senza giustizia e quel finale dobbiamo scriverlo noi.

 

¡Viv*s l*s llevaron! ¡Viv*s l*s queremos!

Cosa succede a Xochimilco?

[Immagine di copertina: I popoli repressi il 5 settembre da gruppi paramilitari e polizia del municipio di Xochimilco sono confluiti nel Fronte di Resistenza contro la repressione e la brutalità poliziesca durante una manifestazione davanti alla procura generale della giustizia di Città del Messico – crediti:Diego García Bautista]

Nel pomeriggio di giovedì 5 settembre un gruppo di una trentina di picchiatori ha attaccato il presidio convocato dalle organizzazioni comunitarie di San Gregorio Atlapulco di fronte al comune di Xochimilco mentre protestavano contro la criminalizzazione della leader comunitaria Hortensia Telésforo.

Le organizzazioni denunciano l’accordo tra funzionari municipali, polizia e gruppi d’assalto per reprimere e attaccare le comunità in lotta. 
Hortensia Telésforo nella comunità di Atlapulco promuove la difesa dell’acqua e del territorio e nel 2022 ha partecipato al recupero della Casa del Popolo Tlamachtiloyan, dove si svolgono workshop, forum, conferenze e incontri sui diritti dei popoli originari, delle donne indigene, sulle minacce per l’inquinamento e l’esproprio.  https://desinformemonos.org/denuncian-criminalizacion-contra-defensora-comunitaria-hortensia-telesforo-en-xochimilco/

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Militarizzazione, guerra contro il popolo e imprese criminali in Messico [Accento, Giugno 2024]

Di seguito riportiamo la traduzione di  Acento, ideas para el combate  un bollettino mensile di Tejiendo Organización Revolucionaria (TOR) dove ci presentano “un mosaico di fonti e riferimenti per affrontare i problemi del nostro tempo da una prospettiva rivoluzionaria. Di fronte al rumore dei media e alla velocità travolgente dei social network, proponiamo di fare una pausa e di porre l’accento sulla costruzione di teoria per la lotta per la vita e contro il capitalismo”. In Quest’occasione abbiamo deciso di tradurre e pubblicare il numero di Giugno 2024 in quanto risorsa preziosa e ricca di spunti per approfondire la questione del crimine organizzato, della militarizzazione del territorio e delle conseguenze che hanno sulla popolazione locale. Continua la lettura di Militarizzazione, guerra contro il popolo e imprese criminali in Messico [Accento, Giugno 2024]

Autodifesa Medica: Pantere Nere e Ezln – Introduzione

Di seguito riportiamo l’introduzione al volume italiano “Autodifesa Medica – Pantere Nere e Ezln”, traduzione a cura del Nodo solidale del volume “Autodefensa Medica – Panteras Negras y Zapatistas” di Zineditorial recentemente pubblicata nella collana Quaderni della Complicità Globale in collaborazione con Elementi Kairos.

A Jaime Alberto Montejo Bohórquez (1964-2020), compagno della Brigada Callejera che ci ispira ogni giorno a lottare per la salute dellə oppressə

Introduzione 

Ancora dentro la pandemia COVID-19 ed a oltre un anno dalla Gira por la Vida[1] intrapresa dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) e dal Congresso Nazionale Indigeno (CNI) attraverso i paesi europei, ci siamo imbattutə in Autodefensa Medica: Panteras Negras y Zapatistas e ci è sembrato appropriato tradurlo. Per contribuire con umiltà ai complessi dibattiti sulla salute e sulla cura al tempo dei lockdowns e del green pass, in una fase di crisi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e dell’assalto dei privati alla sanità, per porre domande e non ricette pronte.

La pandemia che ci ha travoltə dall’inizio del 2020 non è ancora finita e probabilmente non sarà nemmeno l’ultima a scuotere la comunità internazionale. Il caso del Monkey pox (vaiolo delle scimmie) ne è un esempio, ma soprattutto, nulla è stato fatto per rallentare l’espropriazione e la devastazione ambientale che avanzano rapidi e mettono ogni giorno sotto stress gli ecosistemi negli angoli più remoti del pianeta. In Italia la pandemia ha incontrato un Sistema Sanitario Nazionale (SSN) allo stremo il cui spirito universalistico, conquistato grazie alle lotte delle lavoratrici e dei lavoratori negli anni ’70, è stato sempre più messo in discussione ed al margine dall’avanzata del paradigma neoliberista. Tre sono i dati che ci danno la radiografia dello stato di salute del SSN: 37 miliardi di euro tagliati in meno di 10 anni, la frammentazione di un sistema nazionale in 20 piccoli sistemi regionali, con la conseguente stratificazione in apparati sanitari di serie A e di serie B, l’aziendalizzazione della sanità. La parità di bilancio è diventata quindi più importante della salute delle persone. Questo è il modello che ci è stato imposto.

Nel nome dell’austerità e del debito pubblico, negli anni passati, siamo statə testimoni di una lenta distruzione della sanità pubblica; oggi, al contrario, per uscire dalla pandemia si ricorre agli investimenti del Piano Nazione Ripresa e Resilienza (PNRR). Ma quale direzione stiamo prendendo? Per ora non percepiamo un cambio di parole d’ordine, nessuna iniziativa che provi a ribaltare il paradigma che vuole la sanità come un campo di profitto, in una Salute come bene comune. Speriamo di sbagliarci.

Ma come si potrà uscire da una sanità come complesso industriale biomedico e delle assicurazioni? Come allontanarsi da una sanità intesa come industria della salute e fonte di profitto per privati e assicurazioni?

Cosa vuol dire prendersi cura della propria salute? Che ruolo ha la salute nella nostra società? È possibile immaginare insieme una salute che rompa i vizi secolari di una medicina pensata da maschi bianchi per maschi bianchi? Ripensare una scienza nata come biopotere estirpato dalla capacità di cura comunitaria e personale, così come dai corpi delle donne? Combattere il suo essere strumento di normalizzazione sociale e dominio coloniale? Si può rompere la catena che inserisce la medicina in un campo di creazione di profitto, all’interno di un sistema di sfruttamento e sovrapproduzione? Sarà possibile re-immaginare la figura medica, non come parte della classe dominante, ma come una figura alleata delle classi oppresse nella lotta contro le disuguaglianze sociali, incidendo nei determinanti di salute?[2] Una figura che incarni un sapere condivisibile e a disposizione della collettività e non una figura di potere che agisce per interessi egoistici e di casta?

Alcune domande ce le poniamo da anni, altre ce le ha fatte sorgere l’esperienza vissuta con il COVID-19. Questioni a cui sarà fondamentale rispondere collettivamente.

La pandemia è piombata sulle nostre vite come un macigno inaspettato, un virus diffusosi rapidamente in tutto il mondo e un’epidemia che abbiamo imparato a interpretare piuttosto come una sindemia[3]. Una malattia estremamente influenzata dai contesti socio-ambientali in cui si diffonde, che acuisce le diseguaglianze sociali ed economiche e colpisce in maniera più aggressiva dove si vive lavorando più del dovuto, in condizioni igienico-sanitarie malsane, in case piccole e sovraffollate, in quartieri inquinatissimi. Il COVID-19 non è stata una semplice malattia dell’essere umano, ma una malattia dell’ecosfera[4] perché nasce in un mondo dove la deforestazione, la cementificazione, l’industrializzazione selvaggia e gli allevamenti intensivi invadono gli ecosistemi naturali. Questa devastazione ambientale obbliga gli animali selvatici alla vicinanza con l’umano, così come i loro batteri e virus, favorendo la possibilità dello spillover (salto di specie). Inoltre le infinite e rapide connessioni internazionali ne consentono una diffusione globale.

Mentre leggevamo e studiavamo, provavamo a discuterne, ma il dialogo era problematico, non fluiva per la complessità del tema e la difficoltà ad affrontare le insidie della vita ai tempi della pandemia covid-19. Non siamo riuscitə ad avere idee chiare e condivise sull’utilità delle misure sanitarie imposte dai governi, su quali fossero le più importanti, su quanto ci si dovesse affidare solo al lockdown e al vaccino e quanto bisognasse invece lavorare su un approccio più sistemico alla questione. In Italia la discussione è stata violenta, così tanto polarizzata su fazioni opposte da non mostrarci la possibilità di  individuare soluzioni collettive e condivise. Sicuramente ci è parso lampante come la gestione della salute collettiva e la medicina possano essere armi di un potere enorme in mano agli Stati e di quanto questo sia in grado di entrare nelle nostre vite.

Lo scrivere questa introduzione ci ha preso molto tempo, proprio per la capacità di questo libro di mettere al centro quello che durante la pandemia in Italia era difficile discutere: il ruolo della salute nella costruzione di una società. Forse per noi discutere su questi temi risultava faticoso perché l’autonomia la vediamo troppo lontana e non siamo abituatə a viverla, quindi sognare insieme e mettere in campo soluzioni altre.

Ci è sembrato importante tradurre questo libro perché ci fa vedere di come la salute sia un campo di lotta, di come può essere uno strumento fondamentale all’interno di una cornice trasformatrice del presente, soprattutto di due organizzazioni politiche che rispettiamo per la loro traiettoria, le Pantere Nere e l’EZLN. Non per avere idee chiare su questi problemi, ma per desiderare di poter ribaltare tutto e riscriverlo da capo, dal basso e da sinistra. Solo sognando possiamo immaginare una società fatta di cura reciproca, dove la salute non sia una merce, ma un diritto di tuttə.  Solo costruendo organizzazione possiamo sognare insieme.

E leggere come le Pantere Nere sul tema della salute abbiano costruito un importante pilastro di emancipazione, significa aprirsi ad uno straordinario e storico esempio di organizzazione e di lotta. In che modo abbiano cercato e trovato forme di prevenzione e cura per problemi concreti che allo Stato non interessavano perché considerati problemi “solo dei neri”. Come abbiano saputo tradurre il proprio pensiero e la propria azione in organizzazione sociale dal basso, coniugando salute, denuncia e presa in carico delle proprie condizioni materiali. La clinica del popolo “Frank Lynch”, le Pantere Nere l’hanno costruita sulla terra su cui avrebbero dovuto edificare una super autostrada che avrebbe isolato e diviso il quartiere.

Le cliniche zapatiste sono nate prima dell’insurrezione armata, esempio di come la cura e la sua difesa fossero centrali per la riappropriazione delle proprie vite sottratte da 500 anni di colonialismo e di razzismo. Recuperare saperi ancestrali, appropriarsi dei saperi della medicina occidentale, integrarli, prevenire le malattie, riprendersi le terre rubate da Stato e latifondisti. Solo in questo modo potevano lottare per la vita. Perché se la lotta è per la vita, non può che essere una lotta per la salute. Ad oggi gli zapatisti e le zapatiste hanno costruito un sistema autonomo di cura che si avvale di sale operatorie, ambulanze per le emergenze, case di salute sparse nelle comunità, campagne di prevenzione e vaccinazione, laboratori di analisi. Inoltre un sistema di formazione, approfondendo temi come la salute pubblica, primo soccorso, fitoterapia e medicina ancestrale, educano promotorə di salute che si prendono cura della comunità.

Ma cosa possono insegnarci queste esperienze nel nostro contesto? Si deve costruire una sanità dal basso o si deve riconquistare il diritto gratuito alle cure? La strada da percorrere è autonoma ed indipendente dal Servizio Sanitario Nazionale oppure è fatta di vertenze e battaglie “interne”? Queste sono due posizioni in contraddizione o possono essere sviluppate in sinergia? Domande aperte che sta a tuttə noi rispondere collettivamente.

Infine,a scrivere questo libro è un  collettivo autonomo messicano critico del governo di Lopez Obrador, che dietro la maschera di governo di “sinistra” riesce a portare a compimento i piani di un’economia neoliberista.  Un collettivo non composto da professionistə della salute. Perchè la salute è delle persone che esse siano sanə o malatə, pazienti o dottorə.

Crediamo che solo attraverso percorsi simili si possa rispondere alle domande che ci ronzano per la testa, che il presente ci impone e che abbiamo voluto riportare in queste righe, nella speranza che la diffusione di questo libro ci aiuti a formulare risposte e a praticare nuove soluzioni.

Nodo Solidale

[1] Carovana dell’EZLN e del CNI che ha invaso l’Europa dal 11/06/2021 al 06/12/21 per condividere con i movimenti sociali europei le lotte e le forme di organizzazione e di resistenza contro il capitalismo estrattivista.
[2] Le analisi alla base di questi concetti e questi interrogativi sono esposte in importanti scritti come: Calibano e la strega di Silvia Federici, Nemesi Medica di Ivan Illich, Storia della follia in età classica di Michel Foucault.
[3] Horton R. Offline: COVID-19 is not a pandemic. Lancet. 2020
[4] Ernesto Burgio su Radio Onda Rossa

Per Saperne di più: link la traduzione di un Articolo di Raul Zibechi sull’edizione Messicana dal blog del collettivo internazionalista Carlos Fonseca.

Salute ribelle e movimenti anticapitalisti

 

 

Chiapas è Messico. STOP alla guerra ai popoli e alle comunità zapatiste

Il Chiapas è Messico e in Chiapas si concentrano oggi molte delle forme di violenza che affliggono tutto il Messico. La guerra imposta al nostro Paese dagli Stati Uniti, e che Felipe Calderón si è assunto il compito di interiorizzare, raggiunge ormai l’intero territorio nazionale. Il confine si è spostato a sud-est e con esso la guerra, una guerra che l’attuale amministrazione non ha fermato: 153 [1] mila 941 omicidi intenzionali, 42 [2] mila 935 persone scomparse e non ritrovate, 69 [3] giornalist* e 94 [4] attivist* in difesa della terra e del territorio, dei popoli indigeni e dell’ambiente assassinat* nel continuo processo di ricolonizzazione militarizzata e criminale all’interno dei sei anni di mandato del governo attuale.

Il Chiapas è il Messico, e come il resto del Paese, il Chiapas sta vivendo tempi di estorsioni, sparatorie, sfollamenti forzati, tratta di donne e migranti, narcotraffico, sequestri, omicidi di difensori del territorio, giornalisti, femicidi….

I fatti sono innegabili: a Chicomuselo, i paramilitari stanno tormentando la popolazione, causando sfollamenti forzati, affinché smetta di opporsi e permettere così la riapertura di una miniera di barite. Anche a Comalapa le dispute territoriali tra gruppi della criminalità organizzata stanno causando lo sfollamento forzato di migliaia di persone. Molto vicino a Tuxtla Gutiérrez, un autobus che trasportava illegalmente migranti si è ribaltato, uccidendo almeno 56 persone e ferendone altre 70. A Pantelhó, persone armate assassinano Simón Pedro, difensore dei diritti dei popoli indigeni e membro dell’organizzazione della società civile Las Abejas de Acteal. A Santa Martha, comune di Chenalhó, uomini armati attaccano famiglie vittime di sfollamento forzato e uccidono sette persone Tzotzil. A San Cristóbal de las Casas, gruppi armati si aggirano per la città, mostrando la loro capacità di mobilitazione e potenza di fuoco… L’elenco potrebbe continuare a lungo, poiché ogni giorno si verificano nuovi atti di violenza nello Stato del Chiapas.

Gruppi del crimine organizzato, narco-paramilitari e paramilitari operano nella più totale impunità in tutto il Chiapas. In risposta, il governo federale ha inviato l’esercito e la Guardia Nazionale in uno Stato che vede già una forte presenza militare dal 1994. Questa rimilitarizzazione non ha portato a una riduzione della violenza e delle attività illegali; al contrario, i gruppi del crimine organizzato hanno diversificato le loro attività economiche e hanno intensificato gli attacchi contro villaggi e comunità locali.

In questo contesto, i gruppi paramilitari e i gruppi di stampo paramilitare che operano impunemente in Chiapas da tre decenni hanno intensificato le loro azioni di guerra contro i popoli zapatisti. L’Organizzazione regionale dei coltivatori di caffè di Ocosingo (ORCAO), che almeno dal 2000 opera al servizio di diversi governi, partiti politici e gruppi di potere della regione, ha compiuto tra il 2019 e il 2023 più di 100 attacchi contro comunità zapatiste appartenenti al Caracol 10, Floreciendo la Semilla Rebelde, con sede a Patria Nueva, Junta de Buen Gobierno Nuevo Amanecer en Resistencia e Rebeldía por la Vida y la Humanidad. Gli attacchi, le aggressioni e le provocazioni sono costanti e si sono intensificati dal 2019. Le autorità zapatiste, le organizzazioni per i diritti umani e almeno tre missioni di osservazione civile hanno documentato e reso noto tutto ciò in rapporti pubblici e conferenze stampa. Condividiamo in allegato a questa dichiarazione un resoconto dettagliato di alcuni di questi attacchi.

Nell’ambito del sostegno nazionale e internazionale all’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e al Congresso Nazionale Indigeno, l’8 giugno 2023, in Messico e nel mondo, abbiamo realizzato 72 azioni (36 nazionali e 36 internazionali) per rendere visibili queste denunce e per chiedere la fine della guerra contro i popoli zapatisti e la fine della guerra in Chiapas. Queste azioni di solidarietà hanno continuato a svolgersi in diversi Stati e Paesi. Le risposte sono arrivate poche settimane dopo: dal 19 al 22 giugno 2023, membri dell’ORCAO hanno compiuto nuovi attacchi coordinati contro tre comunità zapatiste: Emiliano Zapata, San Isidro e Moisés y Gandhi, che fanno parte della Regione Moisés y Gandhi e si trovano nel comune ufficiale di Ocosingo, in Chiapas. Gli attacchi andavano dall’incendio di appezzamenti di terreno agli attacchi armati. Queste aggressioni sono durate, in questa occasione, tre giorni dove sono stati sparati almeno 800 colpi di diverso calibro, oltre all’incendio di appezzamenti di terreno nelle vicinanze delle case di famiglie zapatiste.

Il 23 giugno, nella sua conferenza mattutina dal Chiapas, il capo dell’Esecutivo federale, accompagnato dal Segretario degli Interni, dal Segretario della Difesa Nazionale e dal governatore locale, ha minimizzato tanto il grave contesto che si sta vivendo in Chiapas quanto gli attacchi ampiamente documentati contro le comunità zapatiste. Inoltre, ha continuato con le denigrazioni contro le organizzazioni e le persone che difendono il territorio, i diritti umani e le organizzazioni che documentano e denunciano queste e altre forme di violenza.

Queste risposte, sia da parte dell’ORCAO che del presidente messicano, ci preoccupano e ci allarmano: l’ORCAO continua ad aumentare le sue operazioni armate, mentre il presidente messicano copre, con i suoi discorsi, gravi atti di violenza che sono chiaramente in crescita. La negazione, la minimizzazione e il travisamento di questa realtà comprovata diventano una cappa di impunità che protegge i gruppi paramilitari. Peggio ancora, il presidente del Messico ha ripreso il discorso dei suoi predecessori quando questi hanno sottolineato che questi conflitti erano tra gruppi locali o “tra comunità”, eludendo così ogni responsabilità dello Stato ed emulando Felipe Calderón nel suo offensivo «si uccidono tra di loro».

Questo panorama ci porta come individui, popoli e comunità organizzate, in Messico e in altre parti del mondo, a raddoppiare gli sforzi per fermare la guerra contro le comunità zapatiste e in Chiapas. Oggi ratifichiamo che l’attuale governo non solo non ascolta, ma continua a permettere e sostenere una strategia di guerra controinsurrezionale e criminale. Per queste ragioni, chiediamo di:

 Denunciare la guerra contro i popoli zapatisti, e in Chiapas in generale,  sottolineando la responsabilità del governo statale e federale. 

  1. Realizzare campagne di informazione e azioni di solidarietà in tutto il paese e in altri paesi per informare su questa guerra contro i popoli e le comunità zapatiste e sulla guerra in Chiapas.
     
  2. Realizzare campagne di informazione e azioni di solidarietà in tutto il paese e in altri paesi per informare su questa guerra contro i popoli e le comunità zapatiste e sulla guerra in Chiapas.
  3. Da questo spazio di coordinamento nazionale, indiciamo dell giornate d’azione globale: “Stop alla guerra contro i popoli zapatisti. Dall’orrore della guerra alla resistenza per la vita”, il 13, 14, 15 e 16 luglio, con l’obiettivo di informare la società sulla situazione della guerra contro i popoli zapatisti e in Chiapas. Questa giornata comprenderà:
  1. Volantinaggi e distribuzione di materiali informativi
  2. Banchetti informativi 
  3. Eventi artistici
  4. Mobilitazioni

Inoltre, tra il 24 e il 28 luglio terremo un forum nazionale che si articolerà lungo tre assi: violenza, giustizia e pace. Condividiamo anche che ci si sta preparando a svolgere un lavoro di osservazione e accompagnamento in territorio zapatista appena le condizioni lo permetteranno.

Chiamiamo a dispiegare tutta la solidarietà possibile con i popoli zapatisti, di non cadere nell’indifferenza e nell’evasione individualista di fronte agli attacchi che i popoli e le comunità di quello Stato stanno vivendo quotidianamente. Il Chiapas è Messico, e oggi il Messico e il mondo devono guardare e agire contro la guerra e a favore della pace, con giustizia e dignità.   

Espacio de Coordinación Nacional
 Alto a la guerra contra los pueblos zapatistas

Sabato 8 luglio 2023 alle ore 18 ci troveremo presso l’occupazione di Via del Porto Fluviale 18, Roma per parlare dell’attuale situazione di guerra in atto in Messico: di seguito il link all’evento Facebook:
Chiapas sull’orlo della Guerra civile – Iniziativa benefit

Di seguito invece trovare l’audio della trasmissione di Giovedì 6 luglio su Radio Onda Rossa con aggiornamenti sulla situazione  nel paese.

http://www.ondarossa.info/redazionali/2023/07/guerra-corso-messico