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SUL CAMPO DI CONCENTRAMENTO E STERMINIO IN JALISCO. IL RANCH IZAGUIRRE a Teuchitlán

Pubblichiamo la traduzione di un documento di Nodo de Derechos Humanos in merito al rinvenimento del campo di addestramento, tortura e sterminio nel ranch Izaguirre a Teuchitlán nello stato di Jalisco.

SUL CAMPO DI CONCENTRAMENTO
E STERMINIO IN JALISCO.

Nodo de Derechos Humanos, 12 marzo 2025


Il ritrovamento del campo di sterminio nel ranch Izaguirre a Teuchitlán, Jalisco, lo scorso 5 marzo 2025, è un esempio della crudeltà e dell’atrocità normalizzata, istituzionalizzata e coperta in Messico. Le immagini e le testimonianze possono essere paragonate solo alle peggiori storie di genocidi nel mondo.

La descrizione degli atti brutali e disumani eseguiti per almeno tredici anni in quel luogo rivela una lunga lista di crimini perpetrati in modo sistematico e quotidiano. La negligenza delle autorità di Jalisco e federali dimostra qualcosa di più di una semplice omissione. Il ranch era già stato identificato dalle autorità nel 2017 in seguito alla testimonianza di un sopravvissuto. Nel settembre 2024, agenti della Guardia Nazionale hanno condotto un’operazione a Teuchitlán, arrestando dieci uomini armati con armi d’uso esclusivo dell’esercito. In nessuno di questi due momenti è stata avviata un’indagine da parte della Procura di Jalisco né da quella Generale della Repubblica. Persino dopo gli ultimi ritrovamenti nel campo di sterminio, la Procura dello Stato di Jalisco non ha fornito alcun rapporto ufficiale, il che è estremamente grave e finisce per implicare direttamente le autorità in questa lunga catena di esecuzione di crimini gravi e inumani.

Per la gravità dei crimini commessi nel ranch Izaguirre, siamo di fronte a vari tipi di genocidio e di crimini contro l’umanità. L’intento non è stato quello di commettere un genocidio fine a sé stesso, ma di lucrare, sfruttare, abusare, sottomettere, controllare e degradare i corpi con fini economici e di potere.

Siamo di fronte a un “genocidio tramite sterminio”, poiché sono state uccise più di una o due persone. È presumibile, dai racconti dei sopravvissuti e dalle caratteristiche dei crematori ritrovati, che le persone giustiziate siano state migliaia. Gli indizi rivelati dai video di Guerreros Buscadores mostrano che queste esecuzioni sono state perpetrate nelle forme più atroci. I probabili esecutori diretti (in questo caso il Cartello Jalisco Nueva Generación) hanno deliberatamente tolto la vita a queste persone per scopi economici e per rafforzare la loro struttura paramilitare.

Siamo di fronte a un “genocidio tramite sottomissione intenzionale a condizioni di esistenza che portano alla distruzione fisica”, poiché per raggiungere i propri obiettivi il cartello ha deciso di sfruttare migliaia di persone nelle condizioni più violente e precarie, per poi sterminarle in modo sistematico per almeno tredici anni.

Siamo di fronte a un “genocidio tramite trasferimento forzato di minori”, poiché secondo le testimonianze dei sopravvissuti, bambine sono state rapite e portate nel ranch per subire abusi e violenze sessuali da parte dei responsabili dell’operazione, prima di essere assassinate. Questi trasferimenti erano deliberatamente mirati a bambine di specifiche fasce d’età.

Siamo di fronte a un “genocidio tramite lesioni gravi all’integrità fisica e mentale delle persone”, non solo delle vittime giustiziate, ma di un’intera popolazione, poiché il danno emotivo si estende a tutte le famiglie e alle persone vicine alle vittime assassinate.

Siamo di fronte a “crimini di lesa umanità”, tra i più gravi e di rilevanza per la comunità internazionale nel suo insieme. Ciò deve portare a un’indagine approfondita e a una responsabilità penale individuale e strutturale. Il campo di concentramento e sterminio di Jalisco mette in evidenza una pratica generalizzata e sistematica contro la popolazione civile. È altamente probabile che autorità statali e federali, attraverso almeno tre amministrazioni presidenziali, fossero a conoscenza di questi crimini.

Siamo di fronte a un “crimine di lesa umanità per omicidio”, di “lesa umanità per schiavitù”, davanti a un “crimine di lesa umanità per trasferimento forzato di popolazione”, di “lesa umanità per privazione grave della libertà”, di “lesa umanità per tortura”, “per stupro”, per schiavitù sessuale”, di fronte a “crimini di lesa umanità per sparizione forzata di persone”.

Tutti questi crimini sono inclusi nello Statuto di Roma, ma in questo caso non sono stati commessi per motivi di razza, etnia, religione o nazionalità, bensì per motivi di classe e genere (uomini e donne in cerca di lavoro e bambine). Il fine dello sterminio sistematico è stato quello di coprire uno sfruttamento estremo a beneficio di un’impresa illegale e soddisfare un sadismo senza limiti. Le vittime erano per lo più giovani tra i 20 e i 25 anni in cerca di lavoro, e altre erano bambine.

La tragica realtà del Messico, con un indice di impunità del 99%, le cifre delle atrocità e la configurazione di uno Stato criminale ci pongono di fronte a un bivio. Le vie legali sono inutilizzabili, perché lo Stato, funzionando attraverso reti clientelari e di impunità, non giudicherà sé stesso.

Mentre guardiamo con orrore il campo di concentramento e sterminio in Jalisco, probabilmente molti altri sono ancora attivi o in fase di installazione in tutto il Messico, sotto la protezione delle autorità locali, statali e federali. Lo sappiamo perché questa guerra dura dal 2006, perché atrocità di questo tipo sono diventate quotidiane da 19 anni.

Il terribile caso di Teuchitlán rivela una verità brutale: ecco dove finiscono i desaparecidos in Messico. Ci permette di percepire la crudeltà che ha portato a quei crematori, alimentata dal sadismo paramilitare dei cartelli e dall’avidità inumana e codarda di governanti e imprenditori, sia legali che illegali. Non esiste uno Stato in Messico senza sparizioni. Il sottosuolo di tutto il Paese è una gigantesca fossa comune.

È inevitabile che, nominando Teuchitlán, pensiamo a un genocidio che coinvolge autorità municipali, statali e federali. È difficile immaginare che i governatori di Jalisco degli ultimi dodici anni non sapessero di ciò che accadeva, ed è scandaloso che non abbiano avviato alcuna indagine. La risposta del governo di Claudia Sheinbaum è stata così debole da sembrare un insabbiamento.

L’orrore del campo di concentramento e sterminio nel ranch Izaguirre esige una risposta chiara e decisa da parte della società messicana e del mondo. Tuttavia, questa risposta rischia di seguire le vie dell’opportunismo politico e della costruzione di “verità storiche” che puniscono capri espiatori per mantenere impuniti i veri responsabili strutturali.

La risposta non può essere aprire la porta all’interventismo degli Stati Uniti con la scusa del terrorismo, poiché proprio gli Stati Uniti sono in gran parte responsabili del costante flusso di armi ai cartelli e della trasmissione di tattiche brutali simili a quelle promosse dalla Escuela de las Américas e dai suoi successori.

La risposta non può essere trasformare ancora una volta queste atrocità in strumento di propaganda elettorale, né usare l’alibi di un’opposizione opportunista per puntare all’oblio e all’impunità, come è successo ripetutamente con il caso Ayotzinapa e molti altri.

Non possiamo permettere che la questione venga minimizzata con una procura speciale, trattata come un caso emblematico per poi essere archiviata come un episodio isolato. È necessaria un’indagine sistemica e urgente, perché ciò che l’inferno di Teuchitlán rende evidente è che la codardia, il sadismo e l’avidità dei cartelli non hanno limiti, e coloro che dovrebbero combatterli sono spesso loro complici.

A partire dal 5 marzo 2025, tutti i sindaci, governatori e presidenti degli ultimi 19 anni devono essere considerati sospettati di genocidio e crimini contro l’umanità, perché lo sono.

Ma chi può indagare e punire coloro che, dallo Stato, sono stati o sono complici di questo genocidio quotidiano, se sono proprio loro a detenere il potere? Non poter rispondere con certezza a questa domanda è tragico. È sconvolgente che né le autorità di Jalisco nel 2017 né la Guardia Nazionale nel settembre scorso abbiano scoperto e avviato un’indagine su questo campo di sterminio. A farlo è stato il collettivo Guerreros Buscadores, ancora una volta la gente che, di fronte alla negligenza dello Stato, organizza il proprio dolore e il proprio coraggio per affrontare i mostri più brutali.

È chiaro, ancora una volta, che dove la crudeltà massacra e lo Stato seppellisce, le famiglie cercatrici trovano.

Dobbiamo avere ben chiaro che, se vogliamo sopravvivere e impedire che la crudeltà e l’orrore occupino ogni angolo del nostro Paese e della nostra quotidianità, non possiamo permettere di superare un altro limite verso il terrore e la normalizzazione della violenza.

Al di là della lotta politica tra potenti, questo deve essere un punto di svolta per tutto il Messico. Non possiamo continuare a ingoiare menzogne che costano vite, non possiamo smettere di denunciare coloro che usano lo Stato per arricchirsi e sono complici della trasformazione del Messico in un campo di sterminio.

È urgente gridare con forza e impegno:

¡Teuchitlán NUNCA MÁS!

Teuchitlán MAI PIÙ!

Nodo de Derechos Humanos
www.nodho.net

Marcha-caravana de la Dignidad, de Oaxaca a la Cdmx

¡¡¡ Información en constante actualización !!!

Marcha-caravana por justicia, la defensa de nuestros territorios y los derechos humanos

actualización 13.03.2025

📢 Compartimos una entrevista con el compañero Cristóbal del Codedi, presentando un resúmen de la Marcha Caravana del FORO- Frente de Organizaciones Oaxaqueñas, en los días pasados, sobre las demandas, las actividades realizadas y los logros alcanzados.
🚩✊🏾 Las organizaciones de la alianza señalan que la lucha sigue e invitan a vigilar el cumplimiento de los acuerdos de parte del gobierno. También el CODEDI señala la situación de violencia y tensión que sigue en Miahuatlán, por el desalojo y la golpiza que sufrieron los vendedores de esta localidad por orden del presidente municipal represor César Figueroa
Aquí el audio 👇🏾👇🏾👇🏾

🚩 Empezó hoy la movilización de nuestrxs hermanxs del Codedi (Comité de Defensa de los Derechos Indígenas), con los aliados de FORO (Frente de Organizacion Oaxaqueñas) rumbo a la Ciudad de México, una marcha-caravana masiva, por la dignidad y con unas demandas de justicia y defensa del territorio ya urgentes.

📢 Compartimos la entrevista al compañero Fredi García del Codedi en dónde nos detalla algunos casos de despojo de la costa, por mano de grupos armados al servicio de las empresas hoteleras con la complicidad de las instituciones estatales. Un claro ejemplo de contubernio entre Capital, Crimen Organizado y Estado, que involucra hasta al mismo gobernador de Oaxaca, Salomón Jara. Todo esto se traduce también en una ola violencia feroz en todo el territorio, cuya víctima principal son el pueblo y las organizaciones populares que lo defienden, viviendo Oaxaca una etapa más de despojos y masacres por una colonización que aún sigue, a pesar de los dizque cambios en el poder estatal y federal.

 

Le sfide della Solidarietà internazionale in Chiapas – 30 anni di BriCo

Condividiamo l’intervento del Nodo Solidale in occasione del dibattito “Sfide della Solidarietà Internazionale nel Chiapas” per celebrare il 30° anniversario delle Brigate di Osservazione Civile (BriCO).

Qui il link della registrazione integrale dell’iniziativa pubblica.

Le sfide della Solidarietà internazionale in Chiapas – 30 anni di BriCo

Compagn3, siamo felici di poter celebrare oggi il 30° anniversario delle Brigate Civili di Osservazione (BriCO), un progetto al quale molt3 di noi hanno partecipato in questi anni e che abbiamo accompagnato in modi diversi.
Per cominciare, vorremmo congratularci con tutt3 i/le compagn3 che hanno lavorato duramente affinché oggi potessimo essere qui a festeggiarle. 
 
Parleremo brevemente del nostro collettivo e di come intendiamo la solidarietà internazionale, che per molt3 di noi è diventata il fulcro principale della nostra lotta.

Continua la lettura di Le sfide della Solidarietà internazionale in Chiapas – 30 anni di BriCo

Samir ucciso dall’estrattivismo – Gli interessi italiani nel Proyecto Integral Morelos e l’uccisione di Samir Flores

[Ringraziamo Recommon per la foto di copertina]

Il 20 febbraio è una data fondamentale nelle agende dei movimenti messicani che lottano per la vita, in questo giorno di 6 anni fa, Samir Flores Soberanes venne brutalmente assassinato sulla porta di casa sua. Samir era un contadino, un fabbro, un insegnante, uno zapatista e una voce della radio comunitaria di Amilcingo.

La sua voce ha animato la lotta contro il Proyecto Integral Morelos (PIM). Un megaprogetto molto esteso, che sta portando alti consumi energetici, in inquinamento e consumo di acqua senza precedenti. L’opera è composta da un gasdotto, una centrale a gas e una serie di parchi industriali che stravolgeranno le radici contadine dell’area, nello stato del Morelos. Il progetto al momento non ha dato molti risultati in termini di occupazione, come promesso, in compenso, con l’estrattivismo ha portato morte e disgregazione sociale. Continua la lettura di Samir ucciso dall’estrattivismo – Gli interessi italiani nel Proyecto Integral Morelos e l’uccisione di Samir Flores

GIUSTIZIA PER SAMIR FLORES SOBERANES! 6 ANNI DI IMPUNITÀ

Questo 20 febbraio si compiono 6 anni dal vile assassinio del nostro compagno Samir Flores Soberanes. Sei anni nella totale impunità di un governo che funge da mano armata per il grande capitale. Samir è stato ucciso da 4 colpi di pistola davanti a casa sua ad Amilcingo, nello stato messicano del Morelos, perché difendeva la terra dalla devastazione dei grandi progetti. I nomi di coloro che lo hanno assassinato non li conosciamo ancora, ma sappiamo bene a che interessi rispondevano.

Vi invitiamo questo 20 febbraio alle 12.00 di fronte all’ambasciata messicana a Roma (Via Lazzaro Spallanzani 16) per esigere, dopo sei anni, con la stessa forza, giustizia per Samir! Giustizia per chi difende la terra! Continua la lettura di GIUSTIZIA PER SAMIR FLORES SOBERANES! 6 ANNI DI IMPUNITÀ

Educazione Autonoma in Messico #2 – Esperienze Urbane

Siamo lietə di annunciarvi l’uscita di “Educazione Autonoma in Messico #2 – Esperienze Urbane”, un nuovo elemento della collana “Quaderni della Complicità Globale” realizzata in collaborazione con il progetto editoriale Kairos – moti contemporanei.

Nel volume abbiamo raccolto delle interviste, completamente inedite, dedicate all’educazione all’interno dei processi di organizzazione dal basso e  realizzate come Nodo Solidale in dialogo con l’ Organización Popular Francisco Villa de Izquierda Independiente, Tejiendo Organización Revolucionaria, Brigada Callejera de Apoyo a la Mujer “Elisa Martínez”, A.C. e l’Asamblea de los Pueblos Indígenas del Istmo en Defensa de la Tierra y el Territorio.

Cogliamo l’occasione per ringraziare Carol Rollo per la meravigliosa copertina!

In attesa di organizzare presentazioni e momenti di confronto vi proponiamo qui di seguito l’introduzione al libro👇

Il sogno di un mondo migliore nasce
dalle viscere del suo contrario.
(P. Freire)

Il libro che vi trovate tra le mani nasce dal tentativo di approfondire quanto sperimentiamo nel nostro agire quotidiano a partire dalla relazione tra formazione, produzione e riproduzione di soggettività in lotta, attraverso uno sguardo che parte dalle resistenze delle nostre geografie e si estende al mondo intero. Nella pratica di ogni giorno abbiamo imparato a riconoscere la trasversalità dell’educazione all’interno dei percorsi che attraversiamo, nei nostri luoghi di attivazione e militanza: nelle scuole, nelle università, negli spazi occupati e autogestiti, così come nei quartieri popolari dove abitiamo.

Abbiamo imparato, e ci rendiamo conto ogni giorno sempre di più, che l’educazione, la formazione e la condivisione di saperi sono un terreno di contesa con il sistema di alienazione e sfruttamento capitalista e che è urgente condividere strumenti ed esperienze che mettano in discussione il presente imposto, sostenendo la riproduzione di comunità in lotta nella loro crescita e nella costruzione di mondi altri, nel tentativo urgente di far fronte ad un continuo attacco dall’alto, diretto contro lxs de abajo, ovvero contro le mille soggettività subalterne di tutto il mondo.

Questa raccolta di interviste nasce con la volontà di dare seguito alle riflessioni avviate con il libro “Educazione autonoma in Messico – Chiapas e Oaxaca”, dove avevamo raccolto testimonianze di lotta e di educazione comunitaria nei territori autonomi e ribelli del Messico profondo, esperienze fiorite tra esperimenti di autogestione popolare in zone rurali e indigene. Con questo nuovo testo abbiamo voluto rivolgere lo sguardo verso chi affronta la realtà della Hidra Capitalista, aggredendola da differenti punti e prospettive, nei territori urbanizzati delle città più o meno grandi del centro-sud del Messico. È proprio da questa prospettiva che ci sembra importante continuare a esplorare il ruolo che ha, e che può avere, l’educazione all’interno dei processi di organizzazione autonoma, con un’attenzione particolare a quello che succede in ambito urbano. Per fare questo abbiamo raccolto testimonianze, storie di vita e suggestioni, in dialogo con organizzazioni popolari e sociali con la maggioranza delle quali il Nodo Solidale da anni ha stretto un “patto di complicità”, di alleanza e scambio politico/umano; altre sono organizzazioni incontrate percorrendo il lungo e difficile sentiero dell’autonomia, costruito in seno all’ampio movimento a cui ha dato vita l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (Ezln) a partire dalla sollevazione del 1 gennaio 1994. Siamo partiti quindi da domande di carattere generale, che ci hanno aiutato a identificare che ruolo ha l’educazione formale e istituzionale all’interno della produzione e riproduzione di disuguaglianze lungo le linee di genere, razza e classe per cercare poi di capovolgere la questione:

Che ruolo ha e può avere l’educazione nella produzione e nella riproduzione di soggettività in lotta e nella costruzione di processi dal basso che aspirano ad innescare una trasformazione radicale della società? Come dotarsi di strumenti e pratiche che permettano di comprendere la realtà che ci circonda per poterla trasformare e riscrivere? Qual è l’importanza di costruire forme di apprendimento libere e autonome per dotarsi di antidoti al presente capitalista che quotidianamente ci impone guerra, sfruttamento, oppressione, saccheggio e violenza? Cosa possiamo recuperare delle esperienze di educazione popolare e autonoma lontane e vicine nello spazio e nel tempo?

La maggior parte delle realtà che abbiamo scelto di intervistare sono organizzazioni che non si occupano direttamente di educazione ma, piuttosto, vedono nell’educazione popolare uno strumento per rendere riproducibile il proprio progetto politico e le proprie pratiche di riappropriazione dei bisogni e trasformazione della realtà, per sostenere la soggettivazione della subalternità e un ribaltamento, nella pratica, dello stato di cose presente.

Con l’esperienza del Progetto di Educazione e Cultura dell’Organización Popular Francisco Villa de Izquierda Independiente (OPFVII) abbiamo potuto scoprire come, a partire dalla rivendicazione di un tetto per tutti e tutte, si possa scommettere sulla costruzione di un mondo anticapitalista, qui e ora, stimolando alla partecipazione e alla vita comunitaria tutte le persone che abitano nelle comunità dell’Organizzazione, attraverso un processo continuo di crescita collettiva e di articolazione tra soggetti in lotta.

Grazie ad alcune compagne di Tejiendo Organización Revolucionaria (TOR) – organizzazione nata dalle lotte universitarie dei primi del 2000, oggi con un piede dentro e uno fuori dall’università, e in prima fila nella lotta per il diritto ad un’educazione pubblica e di qualità – abbiamo potuto approfondire come i saperi saccheggiati all’accademia possono essere messi a disposizione di movimenti e percorsi di trasformazione sociale. Insieme abbiamo approfondito l’esperienza della scuola “Preparatoria Karl Marx”, costruita insieme all’OPFVII e con il sostegno di compagne e compagni solidali, e della scuola di formazione sindacale del sindacato dei lavoratori e delle lavoratrici dell’Univesidad Autonoma de Mexico, come proprio contributo al sindacalismo di base messicano.

“Brigada Callejera” è un’organizzazione civile autonoma di Città del Messico con oltre 30 anni di storia in strada, in prima linea tanto contro la tratta di persone, quanto per la rivendicazione del diritto alla salute e all’organizzazione delle lavoratrici sessuali. Con loro abbiamo parlato dell’importanza di riappropriarsi delle conoscenze relative al proprio corpo, la propria salute e dell’importanza di fornire alle lavoratrici sessuali la possibilità di ultimare o portare avanti gli studi, come passo fondamentale nel contesto più ampio della riappropriazione – senza deleghe – dei propri diritti.

In conclusione, una compagna dell’Asamblea de los Pueblos Indigenas del Istmo en Defensa de la Tierra y el Territorio (APIIDTT) ci ha raccontato l’esperienza della “Escuelita de la Tierra Rusianda’” e della riappropriazione delle conoscenze legate all’utilizzo delle piante medicinali intrapresa insieme ai ragazzi e alle ragazze di una scuola a Juchitàn de Zaragoza -’Istmo di Tehuantepec, stato di Oaxaca – e di come uno spazio autogestito può diventare un luogo di incontro e socialità, antidoto all’isolamento imposto dalla pandemia di COVID-19, capace di incrinare le mura che separano scuola e territorio.
Le parole che trovate custodite in questo libro sono frutto di conversazioni che sono state possibili grazie al cammino collettivo, svolto fianco a fianco con ognuna delle organizzazioni protagoniste. La profondità e la vicinanza dei racconti gentilmente condivisi sono il risultato di numerosi scambi di saperi, attraverso momenti laboratoriali e di dibattito su diversi temi – dall’educazione alla salute-, fecondati in spazi comuni di lotta come picchetti, manifestazioni e, in alcuni casi, anche le barricate. Spesso davanti al fuoco, con caffè caldo in mano, con la polizia schierata sullo sfondo di un plantón in una geografia o un calendario qualsiasi, nasce l’idea di collaborare fra diversi, fra güeros e lotte locali, e ci si inventa un workshop come pretesto; elementi pratici per condividere tempo, emozioni e saperi, le tattiche, i mille modi della resistenza e dell’organizzazione dal basso.
Tra queste occasioni di scambio possiamo citare per esempio il Laboratorio di grafica, embrione della Scuola di Arti e Mestieri dell’OPFVII; i laboratori di serigrafia – portati avanti con la complicità e solidarietà di 0stile Serigrafia Ribelle -; il laboratorio creativo “Cielo Stampato” – nato nella periferia romana e condiviso dalla Microstamperia Quarticciolo con i bambini dell’OPFVII e di Brigada callejera -; le giornate ed i laboratori dedicate alla salute con personale sanitario solidale dall’Italia condivisi assieme alla Brigada Callejera in uno dei quartieri più difficili del cuore popolare di Città del Messico, La Merced, come nella selva e sulle montagne del sud indigeno del Messico.

Speriamo questo libro possa servire altrettanto da stimolo su questa sponda dell’oceano per la creazione di momenti di dibattito e incontro a partire dal desiderio di continuare a “camminare domandando” i sentieri della sovversione, guidandoci nella costruzione di un mondo che possa accogliere tutti i mondi possibili. Questo testo, insieme agli altri libri della collana “Quaderni della complicità globale”, nasce con la speranza di essere un elemento di connessione, affinché ci si possa conoscere e imparare a riconoscere tra organizzazioni, collettivi, associazioni e singoli, confrontandoci a partire dall’educazione intesa come pratica di liberazione e su tutte le differenti tematiche del complesso, difficile e necessario mondo dell’autogestione, dell’autogoverno e dell’organizzazione popolare.

La nostra idea di scrivere e riportare lotte geograficamente così lontane non si fonda sulla necessità di importare ricette o linee guida per applicarle qui, e ancora meno sulla loro narrazione esotizzante, ma sul tentativo di raccontare la diversità per offrire elementi che possano ampliare lo sguardo sull’orizzonte, e così aiutarci a cogliere le infinite sfumature del presente, nelle quali inserire urgentemente il grimaldello della trasformazione sociale.

Nodo Solidale

I cambi nell’Autonomia Zapatista

Pubblichiamo la traduzione dell’ articolo  https://www.elsaltodiario.com/ezln/cambios-autonomia-zapatista 
di Lola Sepúlveda del Centro de documentación sobre Zapatismo, CEDOZ.

 

I cambi nell’Autonomia Zapatista

16 jun 2024

Quarto testo appartiene ad una rassegna che dedichiamo al 30° anniversario della rivolta dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. L’autrice analizza il modo in cui lo zapatismo concepisce l’Autonomia e i vari cambi organizzativi che ha prodotto al suo interno nel corso di tre decenni.

Ora possiamo sopravvivere alla tempesta come comunità zapatiste che siamo. Ma ora non si tratta solo di questo, ma di attraversare questa e altre tempeste che arriveranno, attraversare la notte e arrivare a quel mattino, tra 120 anni, in cui una bambina inizia a imparare che essere libera significa anche essere responsabile di quella libertà.”

Per questo, guardando quella bambina lì da lontano, apporteremo i cambi e gli aggiustamenti che abbiamo discusso e concordato insieme in questi anni, e che abbiamo già concordato con tutti i popoli zapatisti.”

Terza parte: Deni (02/11/2023)

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AMLO, Ayotzinapa e la dimensione sconosciuta

A dieci anni dal massacro e “desaparición” Degli studenti di Ayotzinapa proponiamo la traduzione di questo articolo del giornalista John Gibler, autore del libro “Una storia orale dell’infamia”, che ci racconta come il governo di Andrés Manuel López Obrador, nonostante le forti promesse di costui in campagna elettorale, abbia paralizzato le indagini e tradito le famiglie dei desaparecidos . Nell’articolo viene ricostruita nel tempo la continuità nella copertura dei responsabili tra i differenti partiti di governo, come anche la complicità tra i differenti livelli di governo, forze armate di ogni ordine e grado, e criminalità organizzata negli avvenimenti della lunga “Notte di Iguala” e nel continuo insabbiamento e depistamento delle indagini nel corso di un decennio.

AMLO, Ayotzinapa e la dimensione sconosciuta

Jonn Gibler -23 settembre 2024

Link articolo originale: https://estepais.com/tendencias_y_opiniones/amlo-ayotzinapa-dimension-desconocida/

Nel 2016 la scrittrice cilena Nona Fernández ha pubblicato un libro di non-fiction intitolato La dimensione sconosciuta. Il libro prende il titolo dalla serie televisiva di fantascienza, fantasy e horror americana The Twilight Zone. L’autrice cita nell’epigrafe lo slogan della serie: “Oltre il conosciuto c’è un’altra dimensione. Voi avete appena attraversato la soglia”.

“La dimensione sconosciuta è un modo per nominare quella realtà parallela che lo Stato gestisce e nega simultaneamente.”

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Militarizzazione, guerra contro il popolo e imprese criminali in Messico [Accento, Giugno 2024]

Di seguito riportiamo la traduzione di  Acento, ideas para el combate  un bollettino mensile di Tejiendo Organización Revolucionaria (TOR) dove ci presentano “un mosaico di fonti e riferimenti per affrontare i problemi del nostro tempo da una prospettiva rivoluzionaria. Di fronte al rumore dei media e alla velocità travolgente dei social network, proponiamo di fare una pausa e di porre l’accento sulla costruzione di teoria per la lotta per la vita e contro il capitalismo”. In Quest’occasione abbiamo deciso di tradurre e pubblicare il numero di Giugno 2024 in quanto risorsa preziosa e ricca di spunti per approfondire la questione del crimine organizzato, della militarizzazione del territorio e delle conseguenze che hanno sulla popolazione locale. Continua la lettura di Militarizzazione, guerra contro il popolo e imprese criminali in Messico [Accento, Giugno 2024]

17 anni da quella notte: con Renato nel cuore

17 anni da quella notte dove, nostro malgrado, sei diventato stella. Nella confusione e nel dolore immenso non ci siamo persi e perse. Abbiamo potuto scorgerti nel buio e – come partigiane e partigiani  maldestramente abbiamo attraversato a modo nostro i tempi oscuri di questo inizio di millennio. Dicevamo di essere antifasciste antifascisti e ci hanno risposto che il fascismo e la sua bieca pratica di morte erano sepolti. Oggi sono 17 anni, e dove siamo?
 Dalla tua Montagnola, dal 2006 ,ti abbiamo portato altrove e ti portiamo sempre ovunque. 
Tra le braci ardenti del dolore e la rabbia del tuo omicidio, Rena’, abbiamo trovato le ragioni per quello che oggi continuiamo a essere, una comunità ribelle che non dimentica. Una parte di questa comunità è la nostra, quella di un piccolo grande collettivo internazionalista chiamato Nodo Solidale. 
Abbiamo attraversato gli oceani per annianche con te. Col tuo sorriso, i tuoi occhi vivi, l’esperienza vissuta insieme. Con la tua musica di fondo in ogni rivolta grande o piccola, con la rabbia sacrosanta contro i prepotenti, con lidea di condividere in cento lingue pane, fuoco e amore per la vita.
 
 Ci facciamo cammino nella selva fitta, circondati dal verde intenso, mentre nell’aria il fumo del comal si spande e l’odore del mais cotto si mischia con quello della polvere da sparo, impregnati entrambi dell’umidità intensa del sottobosco. Vita e morte vanno a braccetto in Chiapascome noi, Renato: un giorno ci godiamo la bellezza mozzafiato delle montagne boscose e l’altro piangiamo rabbiosamente fra le valli macchiate di sangue dalla ferocia narco-paramilitare. Mano per mano e ci siamo immerse ed immersinell’autonomia della democrazia radicale zapatista. Trent’anni di autogestione. Quandod’improvvisolo sconforto della sconfitta penetra nei nostri pensieri, ci ricordiamo questo: trent’anni di autogestione e autogoverno, certamente non perfetti, ma umani e reali. Centinaia di migliaia di indigen3 e contadin3, orgogliosamente liber* dalla servitù del latifondo.          Guardandoci negli occhi con dignità ci ripetiamo: “trenta años y aquí nadie se rinde”. 
Occhi a mandorla, neri come il caffè, eppure Renato, nei loro occhi il tuo azzurro, i nostri sogni comuni. Il mondo migliore esiste, ha un prezzo altissimo, però esiste.
Un mondo migliore che deve farsi strada in mezzo all’ecatombe di una guerra per lo più ignorata: ogni giorno in Messico vengono assassinate quasi 100 persone, 11 delle quali donne, inghiottit3 dalla voragine della cosidetta “guerra narco”. Stiamo parlando di 350,000 omicidi negli ultimi sedici anni e, orrore nell’orrore, stiamo adesso cercando 112,000 persone scomparse, “desaparecides” le chiamano, vittime senza neanche il malinconico sollievo della certezza della morte. 
Dire che questa è la guerra della droga è spoliticizzarla, è voler nascondere il saccheggio e lo sfruttamento delle grandi imprese che si arricchiscono smodadamente grazie al lavoro sporchissimo e infame delle bande narco-paramilitari che, in primis, spezzano le reni alle organizzazioni indipendenti che queste imprese fronteggiano. Decine di compagne e amici sono stati falciat3 come te, Renato. Quando ti nominiamo, con una fitta al cuore, nominiamo anche loro: Bety Cariño, Samir Flores, Juan Vasquez, Jaime López, el Kuy Kendall e el Tío, Alejandro di Xanica e i giovanissimi del Codedi, Michele Colosio, Álvaro Ramírez e troppi, troppe altre…
 
Ti ritroviamo in Palestina, Renato. A Betlemme il tuo volto si affaccia in vari angoli di strada, dipinto da tanti mani diverse e fissa con rabbia il muro infame dell’Apartheid, schiva ancora le pallottole di ogni incursione dell’esercito sionista nei campi rifugiati, nido di vespe ribelli e mai sottomesse dal terrore di Stato di Israele. Sei lì con noi, fra gli slogan antifascisti, sotto il sole accecante, l’odore del knafè nei vicoli e i lacrimogeni che rotolano tra i piedi durante la milionesima manifestazione per la vita, per il diritto a respirare e a raccogliere olive, il diritto a sedersi in circolo sulle millenarie colline di Palestina per condividere il pane manakish, il diritto a pescare, a sposarsi, nascere e morire dove una o uno vuole e non in uno dei 300 check-points che frammentano lo spazio vitale delle persone nate per caso dalla parte sbagliata del Muro, i palestinesi e le palestinesi. 
 
Poi guardiamo insieme dall’alto della catena montuosa di Zagròs il destino dell’umanità. Una vastità di altissimi picchi e burroni vertiginosi, come una metafora della tragica storia degli uomini e delle donne. Dal cielo ancora cadono le bombe, squarci nelle valli e nelle pianure desertiche scorgiamo ogni maledetto giorno colonne di fumo, villaggi distrutti, eserciti schierati nell’interminabile terza guerra mondiale che si combatte tra la Siria, la Turchia, l’Irak e l’Iran, ovvero in Kurdistan. Siamo lì con te, Renato, a darci forza nelle preghiere  mentre ci schiaccia l’angoscia di tanto orrore, ma soprattutto siamo lì con te, Renato, ballando tutt3 insieme a braccetto la danza del Dilan, saltando all’unisono per celebrare il fiore dell’autonomia di Rojava, i cui petali da undici anni profumano di speranza in mezzo un deserto di fascismi feroci. Undicimila giovani come te, Renato, hanno dato la vita per questo scorcio di futuro possibile in terra. La maggioranza di loro uomini e donne curde, ma anche fratelli e sorelle di tutto il mondo, parte di questa famiglia immensa e indomita, senza passaporto, che da secoli fronteggia la sopraffazione dei ricchi sulla vita di tutte e tutti.
 
Infine, Renato caro, ti portiamo nel cuore e a spasso fra le vie piene di immondizia dei nostri quartieri. Nel vortice di edifici e di muri graffitati, nella città a te tanto cara e in altre così drammaticamente simili, giriamo vigilando che le lame e le spranghe fasciste non incontrino spazio sufficente per colpire, tra gli applausi di una fetta di società sempre più cieca d’odio e ragioni. Armat3 di musica, libri, spray, secchi e manifesti, cerchiamo di continuare a colorare come te, come mille altri prima e mille altrdopo di noi, la tristezza grigia della vita imposta dalla schiavitù salariale e dall’etero-normatività patriarcale. 
A volte facciamo qualche cazzata, a volte non sappiamo come reagire in massa e con rabbia come vorremmo, a volte piangiamo e poi riniziamo, 
                                       in ogni momento, 
in ogni luogo,
in ogni tempo dove si respira resistenza, 
tu sei con noi, Renato bello.
 
Con tanta rabbia e infinito amore, il collettivo Nodo Solidale
Presentazione di “Autodifesa Medica – Pantere Nere e Ezln”
Renoize 02.09.2023