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Gli occhi di Renato

[Immagine di copertina: “Maternità ribelli e militanti: nella foto il Comitato Madri per Roma Città Aperta nella spiaggia di Focene, dove fu assassinato Renato Biagetti”]

Renato dov’è? 18 anni da quelle infami coltellate fasciste, dov’è Renato?

Nel buio globale dei tempi attuali, dove sembra che la luce sia solo quella nefasta e terrificante delle bombe in cielo e delle raffiche in terra, gli zapatisti e le zapatiste ci ricordano, dando l’esempio, di tenere sempre la fiammella della speranza accesa. Ci dicono di non farla morire, per non essere inghiottiti nell’oscurità più nera del capitalismo: la distruzione stessa della specie umana e del suo planeta. Dobbiamo sforzarci per mantenere viva la fiammella, prendersene cura, proteggerla e continuare a caminare collettivamente… Nei piccoli bagliori di questa minuscola luce tremula che siamo, rivediamo gli occhi di Renato e il suo sorriso immenso. Nell’indistruttibilità e irriducibilità delle piccole grandi lotte che anche Renato nutriva. Continua la lettura di Gli occhi di Renato

Le guerre del Capitale

Passano i mesi e, nonostante le mobilitazioni di massa in tutto il mondo, con milioni di persone che chiedono a gran voce un immediato cessate il fuoco, su Gaza continuano a piovere bombe. Venerdì scorso, più di 100 civili sono stati letteralmente fatti a pezzi mentre pregavano in una scuola nel quartiere di Al-Daraj. Un crimine in più tra i migliaia commessi dagli invasori dell’esercito israeliano, i quali stanno perpetrando sfacciatamente un infanticidio di massa e un genocidio davanti agli occhi di tutto il mondo. Là in alto, tra i potenti di tutti i paesi, non c’è nessuno che li fermi. Qui in basso continuiamo ad accumulare rabbia vedendo non solo lo sterminio di tanti fratelli e sorelle, ma anche come si riempiono le tasche dei fabbricanti di armi e dei loro soci, i politici di ogni bando.

Nel nord della Siria, a poche centinaia di chilometri dal massacro in corso in Palestina, lo Stato turco e le sue bande di mercenari hanno bombardato con obici i villaggi di Cat e Ewn Dadat, nel cantone di Manbij, nella notte di venerdì scorso. Allo stesso tempo, poco più a sud, circa 400 mercenari al soldo del regime siriano hanno attraversato il fiume Eufrate cercando di penetrare nel territorio dell’Amministrazione Autonoma del Nord-Est della Siria (AANES) e, di fronte alla resistenza delle Forze Democratiche Siriane (SDF), che sono riuscite a respingerli, hanno compiuto una rappresaglia bombardando i villaggi di Jadeed Bakara e al-Dahalah massacrando 13 civili, la maggior parte donne e bambini, tra cui un neonato di un anno e mezzo e un altro di 4 mesi. Qualè la colpa delle vittime? Vivere nel territorio autonomo e democratico dell’AANES, un laboratorio sociale nel pieno del Medio Oriente ispirato ai principi socialisti, ecologisti e femministi del movimento di liberazione del Kurdistan. Vale a dire, sia lo Stato turco, alleato degli Stati Uniti nella NATO, sia lo Stato siriano, alleato della Russia e dell’Iran, bombardano civili con il criminale desiderio di schiacciare uno dei più grandi esempi di autogestione popolare di questo secolo. Ed entrambi si servono delle feroci bande paramilitari islamiste, come ISIS e Al Nusra.

Parlando proprio di violenza paramilitare, attraversando l’oceano e arrivando in Messico, vediamo che questo è il dispositivo militare utilizzato dalle grandi imprese, alleate con il governo, per devastare i territori indigeni in resistenza e impadronirsi delle risorse naturali lì protette. A Ostula, Michoacán, il Cartel Jalisco Nueva Generación (CJNG) ha persino bombardato con droni la comunità che – parte del Congresso Nazionale Indigeno (CNI) – dal 2009 resiste in maniera organizzata agli attacchi dei diversi gruppi del crimine organizzato, tutti collusi con l’esercito, facendo uso del diritto all’autodifesa e, quindi, organizzando la propria guardia comunitaria. Anche in Guerrero, continua impunemente la violenza criminale de “Los Ardillos”: l’ultima imboscata, in cui hanno massacrato una compagna e un compagno del CIPOEG-EZ (parte del CNI), si è verificata proprio nelle vicinanze di un posto di blocco dell’Esercito e della Guardia Nazionale, rendendo palese ancora una volta la complicità delle forze armate con i narcos. Dal 2018 ad oggi, 56 membri del CIPOEG-EZ e della polizia comunitaria della CRAC-PF (un corpo di sicurezza autonomo creato dai popoli della regione) sono stati uccisi e 23 sono stati fatti sparire.

In Chiapas, al confine sud del Messico, è lo stesso copione. Le famiglie dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), le comunità cattoliche di base, le comunità del CNI, i contadini e le contadine organizzati, tutt* vivono assediati sotto il fuoco incrociato di molteplici attori armati che si contendono il territorio pezzo per pezzo, villaggio per villaggio, strada per strada, di fronte all’inazione complice delle autorità e delle forze armate, entrambe corrotte e al soldo delle grandi imprese (sia criminali che legali). Non c’è un registro preciso del numero di sfollati interni, delle stragi perpetrate nelle montagne e nei sentieri, ci siamo solo abituati a dormire con sparatorie e svegliarci con tanti morti trovati qua e là. Le organizzazioni menzionate, tra molte altre, stanno denunciando questa guerra civile che nessuno nota, i cui morti non sono registrati, ma il cui orrore è pane quotidiano per centinaia di migliaia di abitanti dello stato. Chi ci guadagna con la rottura del tessuto sociale? Chi trae profitto da questa violenta frammentazione territoriale? È senza dubbio necessario approfondire l’analisi, ma da quanto visto si sta spazzando via la resistenza popolare contro le imprese minerarie, contro i mega-progetti, contro i giacimenti e la spoliazione dell’acqua e del territorio in generale; nel mezzo della crisi umanitaria scatenata dai gruppi armati, si riduce forzosamente la capacità di azione e mobilitazione dei movimenti autonomi e indipendenti. Questo ci porta a dire che la cosiddetta “guerra dei narcos” è solo un dispositivo militare per perpetuare la guerra di classe dei ricchi contro i poveri, per toglier loro anche l’ultima risorsa che rimane: la vita collettiva, come popolo organizzato.

Questa dichiarazione è un grido di rabbia e dolore, insieme a centinaia di migliaia di altri che si alzano da molti collettivi, organizzazioni e popoli. È il modo che abbiamo per dire che siamo ancora vivi e assetati di giustizia, pieni di rabbia contro l’idra capitalista e le sue centinaia di teste, e che tutte le guerre sono capitaliste, devono essere disertate, sabotate ovunque esse causino danni.

Siamo con le sorelle del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina che preparano e distribuiscono pane sotto le bombe; con le sorelle curde del villaggio di Jinwar in Siria, che hanno costruito un villaggio come rifugio contro la feroce violenza patriarcale della regione; con le donne del Chiapas che danno da mangiare ai migranti, con le Madres Buscadoras” che cercano i/le loro figl* tra i più di 100.000 desaparecidos in Messico; con gli/le zapatist* che ancora costruiscono cooperative, cliniche e scuole autonome in mezzo alla tempesta criminale… Stiamo con la vita contro la morte fatta sistema.

Per la tenerezza tra i popoli e la complicità globale delle resistenze.

Collettivo Nodo Solidale (Italia/Messico)

¡Guerras capitalistas!

VERSIONE IN ITALIANO

Pasan los meses y a pesar de las movilizaciones masivas en todo el mundo, con millones de personas clamando un alto al fuego inmediato, en Gaza siguen lloviendo bombas. Hace pocas horas más de 100 civiles fueron literalmente hechos pedazos, mientras rezaban en una escuela en el barrio de Al-Daraj. Sólo un crimen más entre los miles cometidos por los invasores del ejército israelí, los cuales están perpetrando descaradamente un infanticidio masivo y un genocidio ante los ojos de todo el mundo. Allá arriba, entre los mandones de todos los países, no hay quien los pare. Aquí abajo seguimos acumulando rabia viendo no sólo el exterminio de tantos hermanos y hermanas, sino también cómo se inflan los bolsillos de los fabricantes de armas y sus socios entre los políticos de todos los colores.

En el norte de Siria, a unos cientos de kilómetros de la masacre en curso en Palestina, el Estado turco y sus bandas bombardearon con obuses las aldeas de Cat y Ewn Dadat, en el cantón de Manbij, en la noche del viernes. Al mismo tiempo, un poco más al sur, alrededor de 400 mercenarios a sueldo del régimen sirio cruzaron el río Éufrates buscando penetrar el territorio de la Administración Autónoma del NorEste de Siria (AANES) y ante la resistencia de las Fuerzas Democráticas Sirias (SDF), quienes lograron rechazarlos, tomaron represalia bombardeando las aldeas de Jadeed Bakara y al-Dahalah masacrando a 13 civiles, la mayoría de ellos mujeres y niños, entre ellos un bebé de 1 año y medio y otro de 4 meses. ¿Su culpa? Vivir en el territorio autónomo y democrático de la AANES, un laboratorio social en pleno Medio Oriente inspirado en los principios socialistas, ecologistas y feministas del movimiento de liberación de Kurdistán. Es decir, tanto el Estado Turco, aliado de Estados Unidos en la OTAN, como el Estado Sirio, aliado de Rusia e Irán, bombardean civiles con el mortífero anhelo de aplastar uno de los más grandes ejemplos de autogestión popular de este siglo. Y ambos se sirven de las feroces bandas paramilitares islamistas, tal como ISIS y Al Nusra.

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BASTA DE BOMBARDEOS EN MEDIO ORIENTE. LIBERTAD PARA LOS PUEBLOS DE PALESTINA Y KURDISTAN.

En Gaza, Palestina, es el infierno.

Si antes del 7 de octubre de 2023, día en que el ejército sionista de Israel desató los bombardeos masivos sobre la población civil, Gaza era una prisión a cielo abierto, ahora es una explanada de escombros, un matadero sin salidas, un pozo de sangre donde desahoga toda su furia bélica y racista el Estado de Israel. En el momento de escribir estas líneas se han registrado 12 mil toneladas de bombas (33 toneladas de explosivos por kilómetro cuadrado), lo que equivale a la potencia explosiva de una bomba atómica. Han sido asesinado 21,000 personas palestinas, de las cuales 10,000 niños y niñas. Como bien resume el Capitán Marcos del EZLN:

“La niñez palestina asesinada no es una víctima colateral, es el objetivo principal de Netanyahu, siempre lo fue. Esa guerra no es para eliminar a Hamás. Es para matar el futuro. Hamás será sólo la víctima colateral.”
Para quienes venimos denunciando la guerra global permanente como dispositivo de reproducción constante de acumulación capitalista, es decir quienes entendemos que la guerra es la forma propia del sistema de dominación mundial no tenemos esperanza en una solución de arriba, sino creemos que la paz se teje abajo, casa por casa, pueblo por pueblo, tratando de romper los moldes y las fronteras mentales y físicas que nos impusieron el patriarcado, el nacionalismo y las religiones, en sus formas más conservadoras. Como pueblo mexicano, sabemos bien que, para resistirse al poder, se nos va la vida. La guerra no es un cuento lejano, es – con sus diferentes matices – el orden de día de nuestro presente.

Desde luego, unos cientos de kilómetros más al norte de Palestina, en el noreste de Siria, en otro territorio devastado por 12 años de guerra civil, hay un experimento social que no nos cansamos de difundir y dar a conocer: el Rojava y las otras regiones de la Administración Autónoma de NorEste de Siria (AANES), en donde justo se busca tejer una convivencia entre los pueblos kurdos, sirios, cristianos siriacos, turcomanos, árabes y más en una perspectiva feminista, socialista, pluri-confesional y ecológica. Un verdadero laboratorio de democracia directa, en el ojo del ciclón, donde la tormenta devasta con más virulencia. Una experiencia de auto-gobierno popular de cientos de miles de familias y personas, con desgraciadamente demasiado enemigos, tantos locales y regionales cuantos entre las grandes potencias en disputa en el Medio Oriente.

Durante esta sangrienta Navidad, mientras el ejército israelí perpetraba otra masacre de civiles en el campamento de Al Maghazi, el ejército turco (aliado de aquel en la OTAN) bombardeó una clínica en Kobane y las infraestructuras civiles en Qamishlo, provocando 9 muertos más entre los civiles. Según un informe reciente del Centro de Información de Rojava (RIC), los ataques turcos con aviones no tripulados han matado a 83 personas en el noreste de Siria en este 2023. Además, con los ataques aéreos de los últimos tres meses mataron a 60 personas más. Entre las víctimas, muchos civiles y cuadros políticos y de las Unidades de Autodefensas del Pueblo (YPG/YPJ) y de las Fuerzas Democráticas Sirias (FDS).

El presidente fascista de Turquía, Tayep Erdogan, está aprovechando la coyuntura y la atención mundial sobre Palestina para recrudecer los ataques contra la verdadera democracia directa de Medio Oriente, esperando así poder aplastar la esperanza de un mundo mejor, esperando que una masacre tape otra.
Pero nosotros, como pueblos, colectivos y organizaciones en lucha de México no volteamos la mirada, denunciamos tanto al gobierno de Israel que al de Turquía como asesinos, ambos dedicados a invadir violentamente territorios indígenas aplicando la limpieza étnica entre sus habitantes. El drama del pueblo palestino es el drama del pueblo kurdo y ambos pueblos nos han enseñado la dignidad, la valentía y la resistencia.

Por un mundo donde quepan muchos mundos: paz con dignidad para los pueblos de Medio Oriente.

¡Paremos el genocidio en Gaza!
¡Paremos la Ocupación sionista en Palestina!
¡Defendamos la Revolución en Rojava!

Alianza Magonista Zapatista (AMZ):
Colectivo Autónomo Magonista (CAMA)
Comité de Defensa de los Derechos Indígenas (CODEDI)
Nodo Solidale
Organizaciones Indias por los Derechos Humanos en Oaxaca (OIDHO)
Brigada Callejera de Apoyo a la Mujer “Elisa Martinez”
Organizacion popular Francisco villa de izquierda independiente OPFVII
Proceso de Articulación de la Sierra de Santa Marta
Vendaval – cooperativa panadera y algo más

17 anni da quella notte: con Renato nel cuore

17 anni da quella notte dove, nostro malgrado, sei diventato stella. Nella confusione e nel dolore immenso non ci siamo persi e perse. Abbiamo potuto scorgerti nel buio e – come partigiane e partigiani  maldestramente abbiamo attraversato a modo nostro i tempi oscuri di questo inizio di millennio. Dicevamo di essere antifasciste antifascisti e ci hanno risposto che il fascismo e la sua bieca pratica di morte erano sepolti. Oggi sono 17 anni, e dove siamo?
 Dalla tua Montagnola, dal 2006 ,ti abbiamo portato altrove e ti portiamo sempre ovunque. 
Tra le braci ardenti del dolore e la rabbia del tuo omicidio, Rena’, abbiamo trovato le ragioni per quello che oggi continuiamo a essere, una comunità ribelle che non dimentica. Una parte di questa comunità è la nostra, quella di un piccolo grande collettivo internazionalista chiamato Nodo Solidale. 
Abbiamo attraversato gli oceani per annianche con te. Col tuo sorriso, i tuoi occhi vivi, l’esperienza vissuta insieme. Con la tua musica di fondo in ogni rivolta grande o piccola, con la rabbia sacrosanta contro i prepotenti, con lidea di condividere in cento lingue pane, fuoco e amore per la vita.
 
 Ci facciamo cammino nella selva fitta, circondati dal verde intenso, mentre nell’aria il fumo del comal si spande e l’odore del mais cotto si mischia con quello della polvere da sparo, impregnati entrambi dell’umidità intensa del sottobosco. Vita e morte vanno a braccetto in Chiapascome noi, Renato: un giorno ci godiamo la bellezza mozzafiato delle montagne boscose e l’altro piangiamo rabbiosamente fra le valli macchiate di sangue dalla ferocia narco-paramilitare. Mano per mano e ci siamo immerse ed immersinell’autonomia della democrazia radicale zapatista. Trent’anni di autogestione. Quandod’improvvisolo sconforto della sconfitta penetra nei nostri pensieri, ci ricordiamo questo: trent’anni di autogestione e autogoverno, certamente non perfetti, ma umani e reali. Centinaia di migliaia di indigen3 e contadin3, orgogliosamente liber* dalla servitù del latifondo.          Guardandoci negli occhi con dignità ci ripetiamo: “trenta años y aquí nadie se rinde”. 
Occhi a mandorla, neri come il caffè, eppure Renato, nei loro occhi il tuo azzurro, i nostri sogni comuni. Il mondo migliore esiste, ha un prezzo altissimo, però esiste.
Un mondo migliore che deve farsi strada in mezzo all’ecatombe di una guerra per lo più ignorata: ogni giorno in Messico vengono assassinate quasi 100 persone, 11 delle quali donne, inghiottit3 dalla voragine della cosidetta “guerra narco”. Stiamo parlando di 350,000 omicidi negli ultimi sedici anni e, orrore nell’orrore, stiamo adesso cercando 112,000 persone scomparse, “desaparecides” le chiamano, vittime senza neanche il malinconico sollievo della certezza della morte. 
Dire che questa è la guerra della droga è spoliticizzarla, è voler nascondere il saccheggio e lo sfruttamento delle grandi imprese che si arricchiscono smodadamente grazie al lavoro sporchissimo e infame delle bande narco-paramilitari che, in primis, spezzano le reni alle organizzazioni indipendenti che queste imprese fronteggiano. Decine di compagne e amici sono stati falciat3 come te, Renato. Quando ti nominiamo, con una fitta al cuore, nominiamo anche loro: Bety Cariño, Samir Flores, Juan Vasquez, Jaime López, el Kuy Kendall e el Tío, Alejandro di Xanica e i giovanissimi del Codedi, Michele Colosio, Álvaro Ramírez e troppi, troppe altre…
 
Ti ritroviamo in Palestina, Renato. A Betlemme il tuo volto si affaccia in vari angoli di strada, dipinto da tanti mani diverse e fissa con rabbia il muro infame dell’Apartheid, schiva ancora le pallottole di ogni incursione dell’esercito sionista nei campi rifugiati, nido di vespe ribelli e mai sottomesse dal terrore di Stato di Israele. Sei lì con noi, fra gli slogan antifascisti, sotto il sole accecante, l’odore del knafè nei vicoli e i lacrimogeni che rotolano tra i piedi durante la milionesima manifestazione per la vita, per il diritto a respirare e a raccogliere olive, il diritto a sedersi in circolo sulle millenarie colline di Palestina per condividere il pane manakish, il diritto a pescare, a sposarsi, nascere e morire dove una o uno vuole e non in uno dei 300 check-points che frammentano lo spazio vitale delle persone nate per caso dalla parte sbagliata del Muro, i palestinesi e le palestinesi. 
 
Poi guardiamo insieme dall’alto della catena montuosa di Zagròs il destino dell’umanità. Una vastità di altissimi picchi e burroni vertiginosi, come una metafora della tragica storia degli uomini e delle donne. Dal cielo ancora cadono le bombe, squarci nelle valli e nelle pianure desertiche scorgiamo ogni maledetto giorno colonne di fumo, villaggi distrutti, eserciti schierati nell’interminabile terza guerra mondiale che si combatte tra la Siria, la Turchia, l’Irak e l’Iran, ovvero in Kurdistan. Siamo lì con te, Renato, a darci forza nelle preghiere  mentre ci schiaccia l’angoscia di tanto orrore, ma soprattutto siamo lì con te, Renato, ballando tutt3 insieme a braccetto la danza del Dilan, saltando all’unisono per celebrare il fiore dell’autonomia di Rojava, i cui petali da undici anni profumano di speranza in mezzo un deserto di fascismi feroci. Undicimila giovani come te, Renato, hanno dato la vita per questo scorcio di futuro possibile in terra. La maggioranza di loro uomini e donne curde, ma anche fratelli e sorelle di tutto il mondo, parte di questa famiglia immensa e indomita, senza passaporto, che da secoli fronteggia la sopraffazione dei ricchi sulla vita di tutte e tutti.
 
Infine, Renato caro, ti portiamo nel cuore e a spasso fra le vie piene di immondizia dei nostri quartieri. Nel vortice di edifici e di muri graffitati, nella città a te tanto cara e in altre così drammaticamente simili, giriamo vigilando che le lame e le spranghe fasciste non incontrino spazio sufficente per colpire, tra gli applausi di una fetta di società sempre più cieca d’odio e ragioni. Armat3 di musica, libri, spray, secchi e manifesti, cerchiamo di continuare a colorare come te, come mille altri prima e mille altrdopo di noi, la tristezza grigia della vita imposta dalla schiavitù salariale e dall’etero-normatività patriarcale. 
A volte facciamo qualche cazzata, a volte non sappiamo come reagire in massa e con rabbia come vorremmo, a volte piangiamo e poi riniziamo, 
                                       in ogni momento, 
in ogni luogo,
in ogni tempo dove si respira resistenza, 
tu sei con noi, Renato bello.
 
Con tanta rabbia e infinito amore, il collettivo Nodo Solidale
Presentazione di “Autodifesa Medica – Pantere Nere e Ezln”
Renoize 02.09.2023