Questo 20 febbraio si compiono 6 anni dal vile assassinio del nostro compagno Samir Flores Soberanes. Sei anni nella totale impunità di un governo che funge da mano armata per il grande capitale. Samir è stato ucciso da 4 colpi di pistola davanti a casa sua ad Amilcingo, nello stato messicano del Morelos, perché difendeva la terra dalla devastazione dei grandi progetti. I nomi di coloro che lo hanno assassinato non li conosciamo ancora, ma sappiamo bene a che interessi rispondevano.
Nell’Argentina della dittatura militare, tra il 1976 e il 1983, nel cosiddetto Processo di Riorganizzazione Nazionale, 30.000 vite furono inghiottite dal buio. Studenti e studentesse, operai e operaie, sindacalisti, artisti, cineasti, teatranti, membri della Chiesa, maestri e maestre. Donne e uomini, perlopiù giovani, che agli occhi del potere erano, o potevano diventare, una minaccia al regime. Ribelli, insubordinati, dissidenti. Una generazione intera strappata via. Torturati con ferocia disumana. Corpi stuprati, massacrati, umiliati, annientati in maniera sistematica. Pochissimi sono sopravvissuti.
Donne incinte sequestrate nei centri di tortura, sottoposte alla stessa brutalità delle altre. I figli, partoriti nell’orrore, venivano strappati dalle loro braccia, privati del loro nome, della loro storia, venduti o affidati a famiglie compiacenti, quasi sempre militari o collusi con il sistema criminale.
Le loro identità furono rubate e profanate. 30.000 uomini e donne, in quei sette anni, sono stati inghiottiti dall’acqua, dalla terra, dal fuoco. Scaraventati nell’oblio. I loro corpi spariti, ingurgitati dall’orrore fascista. Eppure le loro voci, i loro sogni, la loro lotta e le loro ragioni non sono mai stati davvero cancellati. Non sono riusciti a “desaparecerlos”, a farli sparire del tutto. Mai. Las Madres, Las Abuelas y Los Hijos de Plaza de Mayo, insieme a molti altri, non hanno più smesso di combattere.
Hanno trasformato il dolore in resistenza, la memoria in uno strumento di giustizia, costruendo ponti tra passato e presente. Cercano, nominano, denunciano ancora. Gridano ancora. Perché dimenticare significa essere complici.
Chi non conosce questa storia, giovane o adulto, deve conoscerla. Chi l’ha dimenticata, se ne assuma la responsabilità. Non c’è giustizia senza memoria, non c’è futuro senza verità.
Come Nodo Solidale, piccolo collettivo con radici sia in Italia – terra d’origine di tanti migranti giunti in Argentina – sia in Messico – immensa fossa comune in cui all’oggi sono sprofondati nel nulla 115,000 desaparecid@s – sentiamo il dovere di contribuire a preservare e diffondere la memoria della dittatura argentina di quegli anni, degli orrori e le atrocità che ha provocato, così come di tutte le dittature e i fascismi, espliciti o mascherati, che hanno segnato la storia, ieri come oggi, in ogni angolo del mondo. La memoria non riguarda solo un passato lontano, ma é continua vigilanza contro ogni forma di oppressione, fascismo, violenza e negazione dei diritti umani, in qualsiasi contesto e in qualsiasi tempo. Perché solo attraverso la memoria, senza perdono per gli assassini né oblio per i loro complici, possiamo fare in modo che quel Nunca Más sia davvero definitivo.
Oggi vogliamo condividere la storia del NIETO 133, Daniel Santucho Navajas, figlio di Julio e Cristina, rubato alla madre, poi desaparecida, durante la sua prigionia. Dopo anni di lotte e speranze infrante, nel luglio del 2023, a questo nieto, a questo nipote – che ormai è un uomo – è stata restituita l’identità, e, con essa, una parte della vita che gli era stata sottratta. Il caso di Daniel è simbolo di tutte le storie di nietos e nietas rubati, ma anche di una speranza che non muore mai: che la verità e la giustizia possano prevalere, anche dopo decenni di silenzio e omertà. Questa restituzione di identità non è solo una vittoria personale, ma un atto di resistenza collettiva, che ci ricorda quanto sia fondamentale non arrendersi. Mancano ancora 300 nipoti delle Abuelas de Plaza de Mayo, strappati ai loro familiari dai militari, e potrebbero trovarsi ovunque, anche in Europa. La loro ricerca non è finita, la lotta, appunto, continua. Diffondi, condividi, e fai in modo che la memoria non svanisca.
Esistono numerosi testi, dossier, romanzi, film e altri contributi che raccontano la storia e le storie dei desaparecidos e delle desaparecidas durante la dittatura argentina. Questi racconti sono ancora lì, pronti a essere scoperti. È nostro dovere cercarli, ascoltarli e non dimenticare.
Qui i link ai materiali sulla storia del NIETO 133:
– “Identidad robada”Breve documentario diretto da Rodrigo Vazquez-Salessi e Florencia Santucho sulla storia di Daniel. Prossimamente avrà anche i sottotitoli in italiano.
“I dubbi che Daniel Santucho Navajas aveva sulla sua identità sono finalmente venuti alla luce quando le Abuelas de Plaza de Mayo, che conservano le informazioni genetiche delle vittime della dittatura militare in Argentina, hanno trovato una corrispondenza di DNA per lui nel luglio del 2023. Riconnettendosi con la sua famiglia biologica, Daniel scopre la verità su ciò che gli è accaduto. Scopre di essere nato in un centro di detenzione e di essere stato adottato in segreto. Sua madre è ancora una delle migliaia di desaparecidos. Durante la sua ricerca della verità, si svela il programma sistematico di adozioni illegali e crimini commessi durante la dittatura militare dal 1976 al 1983”.
– In italiano il bellissimo Podcast di Claudia Gatti, Riccardo Cocozza e Florencia Santucho, NIETO 133 – Storia di una famiglia contro le dittature argentine.
“Questa è la saga di una famiglia militante che segna la storia dell’Argentina degli ultimi 70 anni, la famiglia Santucho, le dittature, la lotta armata, i desaparecidos, i mondiali del 76 e poi l’esilio, l’Italia e il Messico, e poi ancora la democrazia e i processi a metà, il PC e i centri sociali, e Genova, Maastricht e la Patagonia, fanno da sfondo a identità militanti che si muovono tra Italia e Argentina alla ricerca della verità e attanagliati da un dubbio. Dubbio che trova una risposta in un volto di 46 anni. È il 28 luglio 2023. Finalmente, una nuova identità militante, l’ultimo Santucho, emerge dal passato e si fa futuro. Questa è la storia di Daniel, Nieto 33.
– Il link alla commovente conferenza stampa in cui la famiglia Santucho annuncia il ritrovamento di Daniel.
É importante chiamarlo nipote, anche se è figlio, fratello e padre perché come ricorda la presenza e le parole di Estela Carlotto, rappresentante delle madri di Plaza de Mayo, lui è anche il nipote di Nelida Gomez Navaja. Nonna di Plaza de Mayo, Nelida è morta nel 2012 e non ha mai smesso di cercare suo nipote fino alla fine della sua vita.
Para Cristina
Para Flori
A la gran familia que son
A la gran familia que somos
Desaparecidos. Desaparecidas.
En la Argentina de la dictadura militar, entre 1976 y 1983, durante el llamado Proceso de Reorganización Nacional, 30.000 vidas fueron tragadas por las tinieblas. Estudiantes, obreros y obreras, sindicalistas, artistas, miembros de la Iglesia, maestros y maestras. Mujeres y hombres, en su mayoría jóvenes, que a los ojos del poder eran, o podían llegar a ser, una amenaza para el régimen. Revolucionaries, rebeldes, insubordinados, disidentes. Toda una generación diezmada. Torturada con ferocidad inhumana. Cuerpos violados, masacrados, humillados, aniquilados sistemáticamente. Muy pocos sobrevivieron. Mujeres embarazadas apresadas en centros de tortura, sometidas a la misma brutalidad que las demás. Sus hijos, nacidos en el horror, fueron arrancados de sus brazos, privados de su nombre, de su historia, vendidos o entregados a familias complacientes, casi siempre militares o en connivencia con el sistema criminal.
Sus identidades fueron robadas y profanadas. 30.000 hombres y mujeres, en esos siete años, fueron tragados por el agua, la tierra, el fuego. Arrojados al olvido. Sus cuerpos desaparecieron, engullidos por el horror fascista. Sin embargo, sus voces, sus sueños, su lucha y sus razones nunca las pudieron borraron. No consiguieron «desaparecerlos». Nunca. Las Madres, Las Abuelas y Los Hijos de Plaza de Mayo, junto con muchos otros y otras, nunca han dejado de luchar. Han transformado el dolor en resistencia, la memoria en instrumento de justicia, tejiendo puentes entre el pasado y el presente. Siguen buscando, siguen nombrando, siguen denunciando. Siguen gritando. Porque olvidar significa ser cómplice.
Los que no conocen esta historia, jóvenes o mayores, deben conocerla. Los que la han olvidado, que asuman su responsabilidad. No hay justicia sin memoria, no hay futuro sin verdad.
Como Nodo Solidale, un pequeño colectivo con raíces tanto en Italia – la tierra de origen de tantos migrantes que llegaron a Argentina – como en México – una inmensa fosa común en la que se cuentan 115,000 desaparecid@s – sentimos que es nuestro deber contribuir a preservar y difundir la memoria de la dictadura argentina de aquellos años, de los horrores y atrocidades que provocó, así como de todas las dictaduras y fascismos, explícitos o enmascarados, que han marcado la historia, ayer como hoy, en todos los rincones del mundo. La memoria no se refiere sólo al pasado lejano, sino que es una vigilancia continua contra todas las formas de opresión, fascismo, violencia y negación de los derechos humanos, en cualquier contexto y en cualquier momento. Porque sólo a través de la memoria, sin perdón para los asesinos ni olvido para sus cómplices, podremos conseguir que el Nunca Más sea realmente definitivo.
Hoy queremos compartir la historia de NIETO 133, Daniel Santucho Navajas, hijo de Julio y Cristina, robado a su madre, posteriormente desaparecida, durante su encarcelamiento. Tras años de lucha y esperanzas rotas, en julio de 2023, este nieto -que ahora es un hombre- recuperó su identidad y, con ella, una parte de la vida que le había sido arrebatada.
El caso de Daniel es simbólico de todas las historias de nietos y nietas robados, pero también de una esperanza que nunca muere: que la verdad y la justicia puedan prevalecer, incluso después de décadas de silencio y complicidad. Esta restitución de la identidad no es sólo una victoria personal, sino un acto de resistencia colectiva, que nos recuerda lo crucial que es no rendirse.
Todavía hay 300 nietos de las Abuelas de Plaza de Mayo desaparecidos, arrebatados a sus familias por los militares, y podrían estar en cualquier parte, incluso en Europa. Su búsqueda no ha terminado, la lucha, de hecho, continúa. Difunde, comparte y haz que la memoria no se desvanezca.
Existen numerosos textos, novelas, películas y otras aportaciones que relatan la historia y las historias de los desaparecidos y desaparecidas durante la dictadura argentina. Estas historias siguen ahí, listas para ser descubiertas. Es nuestro deber buscarlas, escucharlas y no olvidar.
Aquí siguen los enlaces a materiales sobre la historia del NIETO 133:
– “Identidad Robada” Breve documental dirigido por Rodrigo Vazquez-Salessi y Florencia Santucho sobre la historia de Daniel. «Las dudas que Daniel Santucho Navajas tenía sobre su identidad finalmente salieron a la luz cuando las Abuelas de Plaza de Mayo, que almacenan la información genética de las víctimas de la dictadura militar en Argentina, encontraron una coincidencia de ADN para él en julio de 2023. Al reencontrarse con su familia biológica, Daniel descubre la verdad sobre lo que le ocurrió. Descubre que nació en un centro de detención y que fue adoptado en secreto. Su madre sigue siendo una de los miles de desaparecidos. Durante su búsqueda de la verdad, se revela el programa sistemático de adopciones ilegales y los crímenes cometidos durante la dictadura militar de 1976 a 1983».
-El enlace a la emotiva conferencia de prensa en la que la familia Santucho anunció el hallazgo de Daniel.
Es importante llamarlo nieto, aunque sea hijo, hermano y padre porque, como recuerda Estela Carlotto, representante de las Madres de Plaza de Mayo, también es nieto de Nélida Gómez Navaja. Abuela de Plaza de Mayo, Nélida murió en 2012 y nunca dejó de buscar a su nieto hasta el final de su vida.
–En italiano, el hermoso Podcast de Claudia Gatti, Riccardo Cocozza y Florencia Santucho, NIETO 133 – Historia de una familia contra las dictaduras argentinas.
«Esta es la saga de una familia militante que marca la historia de Argentina en los últimos 70 años, la familia Santucho, las dictaduras, la lucha armada, los desaparecidos, el Mundial del 76 y luego el exilio, Italia y México, y luego otra vez la democracia y los juicios a medias, el PC y los centros sociales, y Génova, Maastricht y la Patagonia, forman el telar de fondo de identidades militantes que se mueven entre Italia y Argentina en busca de la verdad y atenazadas por una duda. Duda que encuentra respuesta en un rostro de 46 años. Es el 28 de julio de 2023. Finalmente, una nueva identidad militante, el último Santucho, emerge del pasado y se convierte en el futuro. Esta es la historia de Daniel, Nieto 133.»
[Immagine di copertina: “Maternità ribelli e militanti: nella foto il Comitato Madri per Roma Città Aperta nella spiaggia di Focene, dove fu assassinato Renato Biagetti”]
Renato dov’è? 18 anni da quelle infami coltellate fasciste, dov’è Renato?
Nel buio globale dei tempi attuali, dove sembra che la luce sia solo quella nefasta e terrificante delle bombe in cielo e delle raffiche in terra, gli zapatisti e le zapatiste ci ricordano, dando l’esempio, di tenere sempre la fiammella della speranza accesa. Ci dicono di non farla morire, per non essere inghiottiti nell’oscurità più nera del capitalismo: la distruzione stessa della specie umana e del suo planeta. Dobbiamo sforzarci per mantenere viva la fiammella, prendersene cura, proteggerla e continuare a caminare collettivamente… Nei piccoli bagliori di questa minuscola luce tremula che siamo, rivediamo gli occhi di Renato e il suo sorriso immenso. Nell’indistruttibilità e irriducibilità delle piccole grandi lotte che anche Renato nutriva. Continua la lettura di Gli occhi di Renato→
Passano i mesi e, nonostante le mobilitazioni di massa in tutto il mondo, con milioni di persone che chiedono a gran voce un immediato cessate il fuoco, su Gaza continuano a piovere bombe. Venerdì scorso, più di 100 civili sono stati letteralmente fatti a pezzi mentre pregavano in una scuola nel quartiere di Al-Daraj. Un crimine in più tra i migliaia commessi dagli invasori dell’esercito israeliano, i quali stanno perpetrando sfacciatamente un infanticidio di massa e un genocidio davanti agli occhi di tutto il mondo. Là in alto, tra i potenti di tutti i paesi, non c’è nessuno che li fermi. Qui in basso continuiamo ad accumulare rabbia vedendo non solo lo sterminio di tanti fratelli e sorelle, ma anche come si riempiono le tasche dei fabbricanti di armi e dei loro soci, i politici di ogni bando.
Nel nord della Siria, a poche centinaia di chilometri dal massacro in corso in Palestina, lo Stato turco e le sue bande di mercenari hanno bombardato con obici i villaggi di Cat e Ewn Dadat, nel cantone di Manbij, nella notte di venerdì scorso. Allo stesso tempo, poco più a sud, circa 400 mercenari al soldo del regime siriano hanno attraversato il fiume Eufrate cercando di penetrare nel territorio dell’Amministrazione Autonoma del Nord-Est della Siria (AANES) e, di fronte alla resistenza delle Forze Democratiche Siriane (SDF), che sono riuscite a respingerli, hanno compiuto una rappresaglia bombardando i villaggi di Jadeed Bakara e al-Dahalah massacrando 13 civili, la maggior parte donne e bambini, tra cui un neonato di un anno e mezzo e un altro di 4 mesi. Qual‘è la colpa delle vittime? Vivere nel territorio autonomo e democratico dell’AANES, un laboratorio sociale nel pieno del Medio Oriente ispirato ai principi socialisti, ecologisti e femministi del movimento di liberazione del Kurdistan. Vale a dire, sia lo Stato turco, alleato degli Stati Uniti nella NATO, sia lo Stato siriano, alleato della Russia e dell’Iran, bombardano civili con il criminale desiderio di schiacciare uno dei più grandi esempi di autogestione popolare di questo secolo. Ed entrambi si servono delle feroci bande paramilitari islamiste, come ISIS e Al Nusra.Continua la lettura di Le guerre del Capitale→
Pasan los meses y a pesar de las movilizaciones masivas en todo el mundo, con millones de personas clamando un alto al fuego inmediato, en Gaza siguen lloviendo bombas. Hace pocas horas más de 100 civiles fueron literalmente hechos pedazos, mientras rezaban en una escuela en el barrio de Al-Daraj. Sólo un crimen más entre los miles cometidos por los invasores del ejército israelí, los cuales están perpetrando descaradamente un infanticidio masivo y un genocidio ante los ojos de todo el mundo. Allá arriba, entre los mandones de todos los países, no hay quien los pare. Aquí abajo seguimos acumulando rabia viendo no sólo el exterminio de tantos hermanos y hermanas, sino también cómo se inflan los bolsillos de los fabricantes de armas y sus socios entre los políticos de todos los colores.
En el norte de Siria, a unos cientos de kilómetros de la masacre en curso en Palestina, el Estado turco y sus bandas bombardearon con obuses las aldeas de Cat y Ewn Dadat, en el cantón de Manbij, en la noche del viernes. Al mismo tiempo, un poco más al sur, alrededor de 400 mercenarios a sueldo del régimen sirio cruzaron el río Éufrates buscando penetrar el territorio de la Administración Autónoma del NorEste de Siria (AANES) y ante la resistencia de las Fuerzas Democráticas Sirias (SDF), quienes lograron rechazarlos, tomaron represalia bombardeando las aldeas de Jadeed Bakara y al-Dahalah masacrando a 13 civiles, la mayoría de ellos mujeres y niños, entre ellos un bebé de 1 año y medio y otro de 4 meses. ¿Su culpa? Vivir en el territorio autónomo y democrático de la AANES, un laboratorio social en pleno Medio Oriente inspirado en los principios socialistas, ecologistas y feministas del movimiento de liberación de Kurdistán. Es decir, tanto el Estado Turco, aliado de Estados Unidos en la OTAN, como el Estado Sirio, aliado de Rusia e Irán, bombardean civiles con el mortífero anhelo de aplastar uno de los más grandes ejemplos de autogestión popular de este siglo. Y ambos se sirven de las feroces bandas paramilitares islamistas, tal como ISIS y Al Nusra.
Si antes del 7 de octubre de 2023, día en que el ejército sionista de Israel desató los bombardeos masivos sobre la población civil, Gaza era una prisión a cielo abierto, ahora es una explanada de escombros, un matadero sin salidas, un pozo de sangre donde desahoga toda su furia bélica y racista el Estado de Israel. En el momento de escribir estas líneas se han registrado 12 mil toneladas de bombas (33 toneladas de explosivos por kilómetro cuadrado), lo que equivale a la potencia explosiva de una bomba atómica. Han sido asesinado 21,000 personas palestinas, de las cuales 10,000 niños y niñas. Como bien resume el Capitán Marcos del EZLN:
“La niñez palestina asesinada no es una víctima colateral, es el objetivo principal de Netanyahu, siempre lo fue. Esa guerra no es para eliminar a Hamás. Es para matar el futuro. Hamás será sólo la víctima colateral.”
Para quienes venimos denunciando la guerra global permanente como dispositivo de reproducción constante de acumulación capitalista, es decir quienes entendemos que la guerra es la forma propia del sistema de dominación mundial no tenemos esperanza en una solución de arriba, sino creemos que la paz se teje abajo, casa por casa, pueblo por pueblo, tratando de romper los moldes y las fronteras mentales y físicas que nos impusieron el patriarcado, el nacionalismo y las religiones, en sus formas más conservadoras. Como pueblo mexicano, sabemos bien que, para resistirse al poder, se nos va la vida. La guerra no es un cuento lejano, es – con sus diferentes matices – el orden de día de nuestro presente.
Desde luego, unos cientos de kilómetros más al norte de Palestina, en el noreste de Siria, en otro territorio devastado por 12 años de guerra civil, hay un experimento social que no nos cansamos de difundir y dar a conocer: el Rojava y las otras regiones de la Administración Autónoma de NorEste de Siria (AANES), en donde justo se busca tejer una convivencia entre los pueblos kurdos, sirios, cristianos siriacos, turcomanos, árabes y más en una perspectiva feminista, socialista, pluri-confesional y ecológica. Un verdadero laboratorio de democracia directa, en el ojo del ciclón, donde la tormenta devasta con más virulencia. Una experiencia de auto-gobierno popular de cientos de miles de familias y personas, con desgraciadamente demasiado enemigos, tantos locales y regionales cuantos entre las grandes potencias en disputa en el Medio Oriente.
Durante esta sangrienta Navidad, mientras el ejército israelí perpetraba otra masacre de civiles en el campamento de Al Maghazi, el ejército turco (aliado de aquel en la OTAN) bombardeó una clínica en Kobane y las infraestructuras civiles en Qamishlo, provocando 9 muertos más entre los civiles. Según un informe reciente del Centro de Información de Rojava (RIC), los ataques turcos con aviones no tripulados han matado a 83 personas en el noreste de Siria en este 2023. Además, con los ataques aéreos de los últimos tres meses mataron a 60 personas más. Entre las víctimas, muchos civiles y cuadros políticos y de las Unidades de Autodefensas del Pueblo (YPG/YPJ) y de las Fuerzas Democráticas Sirias (FDS).
El presidente fascista de Turquía, Tayep Erdogan, está aprovechando la coyuntura y la atención mundial sobre Palestina para recrudecer los ataques contra la verdadera democracia directa de Medio Oriente, esperando así poder aplastar la esperanza de un mundo mejor, esperando que una masacre tape otra.
Pero nosotros, como pueblos, colectivos y organizaciones en lucha de México no volteamos la mirada, denunciamos tanto al gobierno de Israel que al de Turquía como asesinos, ambos dedicados a invadir violentamente territorios indígenas aplicando la limpieza étnica entre sus habitantes. El drama del pueblo palestino es el drama del pueblo kurdo y ambos pueblos nos han enseñado la dignidad, la valentía y la resistencia.
Por un mundo donde quepan muchos mundos: paz con dignidad para los pueblos de Medio Oriente.
¡Paremos el genocidio en Gaza!
¡Paremos la Ocupación sionista en Palestina!
¡Defendamos la Revolución en Rojava!
Alianza Magonista Zapatista (AMZ):
Colectivo Autónomo Magonista (CAMA)
Comité de Defensa de los Derechos Indígenas (CODEDI)
Nodo Solidale
Organizaciones Indias por los Derechos Humanos en Oaxaca (OIDHO)
Brigada Callejera de Apoyo a la Mujer “Elisa Martinez”
Organizacion popular Francisco villa de izquierda independiente OPFVII
Proceso de Articulación de la Sierra de Santa Marta
Qui in Chiapas continuano a volare proiettili da ogni parte.
Ancora una volta scriviamo una denuncia che è un appello urgente. Come collettivo Nodo Solidale (di cui una parte vive in Chiapas, Messico) prendiamo parola perdar voceal grido d’allarme che risuona da questa terra ferita e ribelle. Vi preghiamo di diffondere questo comunicato e, nella misura del possibile di agire, facendo striscioni, volantinaggi e tutto ciò che la vostra creatività militante possa inventare per visibilizzare questa guerra altrimenti relegata nell’ombra.
Dal 3 al 6 marzo una brigata organizzata dai compagni e compagne del Nodo Solidale e composta da attivistx No Tav, Collettivo Zapatista di Lugano (Svizzera), Ostile Serigrafia Ribelle, S.O.A. Molino (Svizzera), Pirineo Aragonés (Spagna) ha attraversato la penisola dello Yucatan, principalmente nello stato di Campeche, incontrando comunità in lotta contro il megaprogetto del “Tren Maya”.
Durante la Gira por la Vida in Europa le compagne e i compagni zapatiste/i e il Congreso Nacional Indígena (CNI) hanno condiviso l’esistenza di una lotta contro l’ennesima grande opera inutile; l’idea di questa brigata é nata nel contesto di un’ottica internazionalista, che vada aldilá del turismo rivoluzionario. Continua la lettura di Comunicato della Brigada Campeche→
Ogni guerra ci addolora e ogni guerra ci riempie di rabbia. I potenti ci parlano della guerra, attraverso i loro mezzi di comunicazione, come un evento eccezionale, ma si tratta di una menzogna, perché le bombe cadono ogni giorno, ogni giorno ci sono sparatorie, ogni giorno ci sono nuovi orfani e madri senza figli e figlie, ogni giorno in molte geografie di questo pianeta brutalizzato ci sono governanti e criminali che ordinano massacri a cui i popoli forniscono vittime.
Ogni maledetto giorno.
Ci urge affermare una cosa, forse niente di nuovo, ma esistono guerre senza fine che in questi giorni stanno peggiorando drasticamente, tragedie che non trovano posto nel circo mediatico, moltissime persone che muoiono lontane dalle luci delle telecamere e dall’opinione di giornalisti e politici. Continua la lettura di UCRANIA, KURDISTAN, PALESTINA, MESSICO… ¡STOP ALLA GUERRA GLOBALE!→
Costruendo la resistenza globale – Construyendo la Resistencia Global