L’esperienza dell’OPFVII nella periferia di Città del Messico (febbraio – marzo 2022)
Entrare nella comunità di Acapatzingo è un’esperienza forte in un Messico contraddittorio come quello che amiamo esplorare, perché per la prima volta se si alza lo sguardo non c’è nulla che si frapponga fra il basso e l’alto.
Da qui si può mirare il cielo: nessun cavo, groviglio caotico, disturbo dello sguardo pende sulle teste di chi cammina per quello che è un quartiere autonomo alla periferia del Distretto Federale.
All’orizzonte un disegno perfetto di case colorate, spazi verdi di incontro e di socialità dislocati su otto ettari di terreno sottratto all‘abbandono ed alla speculazione.
Appena arrivati, siamo stati accolti con calore e curiosità, condividendo la storia delle nostre rispettive esperienze organizzative.
Scoprirsi attraverso altri occhi, trovare le parole adatte per dare una rappresentazione delle nostre origini, è stato complesso: una casa delle donne occupata e autogestita, un laboratorio e uno studentato occupato in sinergia con i movimenti per il diritto all’abitare, una tenuta di campagna occupata e autogestita dai collettivi universitari della facoltà di agraria e dal movimento contadino, tutte più o meno connesse dalla spinta internazionalista di un collettivo diviso tra Italia e Messico, il Nodo Solidale.
La confusione che abbiamo potuto generare è stata compensata dalla grande curiosità dei e delle presenti. Una spinta data dalla necessità trasformativa che l’Organizacion Popular Francisco Villa de Izquierda Independiente [OPFVII], con i suoi oltre trent’anni di storia, porta con sé nel cammino di lotta per la Vida Digna.
Una storia fatta di repressione istituzionale, continue scissioni e di cambi di nome (effetti della storia, della repressione e delle tecniche di cooptazione dello Stato, che come compagni, seppur con amarezza, comprendiamo senza sforzo) che però ha messo in pratica un meccanismo di costruzione del consenso e del conflitto virtuoso a partire da una necessità fondamentale anche nelle nostre geografie fatte di metropoli: la casa.
Costituiti in cooperativa per l‘abitare, il progetto consiste nell’occupazione di terreni che lo Stato prevede di destinare all’edilizia popolare e dell’esercizio di un rapporto di forza capace di trattare con le istituzioni stesse per garantirsi assegnazione e permesso di edificazione secondo parametri stabiliti direttamente dall’organizzazione. Le abitazioni qui sono pensate e disegnate per distribuire a tutti un luogo sicuro e confortevole, spazioso e gradevole che realmente si possa chiamare Casa, a dispetto dei progetti di edilizia popolare (che anche in questo caso conosciamo bene) dove spazio per respirare dignità non è proprio previsto.
L’organizzazione nel suo ultimo congresso, ha deciso di ripartire competenze e responsabilità in settori specifici, chiamate Commissioni, formate da 8-10 rappresentanti scelti per lo più a rotazione tra le varie brigate, ossia di gruppi composti da 3 o 4 famiglie. In ogni comunità esiste quindi la commissione di vigilanza, cura/mantenimento, finanza, agricoltura, cultura, salute, comunicazione e infanzia organizzate come una spirale che, coinvolgendo tutta la comunità, arriva al centro senza produrre o incappare in verticismi.
Ogni comunità (ne abbiamo visitate quattro) ha la propria casa de salud dove produrre unguenti ed estratti da erbe officinali (coltivate per lo più nei rispettivi orti urbani) e svolgere seminari di approfondimento sul corpo e la salute, con un’attenzione particolare per metodi contraccettivi e focus sulle malattie sessualmente trasmissibili, attività su cui si è maturato un’interesse anche grazie alla relazione e alleanza politica con la Brigada Callejera de Apoyo a la Mujer Elisa Martinez, organizzazione esterna, ma altrettanto storica, impegnata nella lotta per i diritti delle lavoratrici sessuali.
Ogni comunità autogestisce un centro culturale dedicato in particolare all’infanzia per affiancare al metodo di insegnamento scolastico tradizionale, un percorso di crescita che sviluppi il senso critico e l’apprendimento per via cooperativa e non competitiva, ma soprattutto creativa.
Ogni comunità ha il compito di autodifendersi da possibili attacchi esterni e di autogestire i possibili conflitti interni e per questo si dedica all’allenamento e alla formazione atletica necessaria grazie alla disponibilità di organizzazioni alleate che nel tempo hanno messo a disposizione corsi dedicati.
Ogni comunità ha la responsabilità di curare lo spazio e abbellirlo con la simbologia dell’organizzazione e di contribuire allo spazio di informazione critica attraverso un periodico mensile e una radio intercomunitaria e attraverso bacheche e opuscoli curati dalle singole comunità per riflettere e informare sui temi dell’agenda politica dell’organizzazione stessa.
Compito di queste commissioni è anche quello di organizzare i momenti conviviali più importanti, come il compleanno di Pancho Villa del 5 giugno (che coincide con quello dell’organizzazione), la celebrazione dei dias de l*s muert*s e le iniziative politiche dedicate al contrasto della violenza di genere.
Siccome la componente più giovane è molto valorizzata, ogni comunità offre spazio di parola anche alla commissione infanzia per promuovere e organizzare i propri interessi.
Anche se la maggior parte dei ruoli di responsabilità nelle singole commissioni è per larga parte coperta da compagne, non esistono commissioni separate, perchè è forte la convinzione che la lotta sia un percorso da portare avanti assieme, uomini e donne uniti e unite nel desiderio di costruire una vita e un mondo migliore.
Ciò non toglie che da qualche anno, escludendo gli anni della pandemia (più o meno da quando è nato il movimento Ni Una Menos), a ridosso dell’8 marzo, l’Organizzazione promuova dei momenti assembleari in cui le compagne possono condividere il proprio vissuto, le proprie difficoltà e le proprie incertezze per lavorare assieme nel trarne riflessioni collettive potenti, contenuto vitale delle manifestazioni di piazza cui partecipano al fianco delle lavoratrici affiliate alla Brigada Callejera.
Conoscere l’OPFVII ci ha dato modo di incontrare un’esperienza di lotta capace soprattutto di mettersi in gioco, pronta ad avere sogni sempre più grandi e maturare la fantasia per immaginare pratiche che li possano realizzare.
Questa, al di là dell’emozionante esperienza di essere loro ospiti, la sensazione elaborata durante gli incontri, gli incroci di sguardi, le confidenze, le iniziative più ufficiali pensate per accoglierci.
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