Esercito e Marina coinvolti nella scomparsa dei 43 di Ayotzinapa

A seguito delle novità rispetto il coinvolgimento delle Forze Armate e della Marina del Messico nella scomparsa dei 43 normalisti di Ayotzinapa, avvenuta tra il 26 e il 27 di settembre del 2014,  pubblichiamo la traduzione di due articoli da desinformemonos.org/

Esercito e Marina coinvolti nella scomparsa dei 43 di Ayotzinapa: GIEI

29-04- 2022 | Città del Messico | Desinformémonos. Secondo il nuovo rapporto del Gruppo Interdisciplinare di Esperti Indipendenti (GIEI) l’esercito e la Marina del Messico sapevano che i 43 studenti erano stati sequestrati nel 2014 da parte di gruppi criminali e hanno nascosto le informazioni chiave che avrebbero potuto condurre alla loro ubicazione.

La commissione incaricata di svolgere un’indagine parallela sul caso, ha svelato che la Segreteria della Marina (Semar) e l’Esercito mantennero il segreto sul fatto che gli studenti e i criminali erano sotto sorveglianza, in tempo reale, anche quando furono attaccati dalla polizia e dai delinquenti.

“Le autorità di sicurezza stavano portando avanti due campagne di spionaggio, una monitorando le azioni del crimine organizzato nella zona e l’altra sugli studenti”, ha detto il GIEI nel rapporto sui fatti accaduti la notte del 25 e all’alba del 26 di settembre del 2014, secondo documenti resi pubblici lo scorso novembre.

Da: https://desinformemonos.org/ejercito-y-marina-implicados-en-la-desaparicion-de-los-43-de-ayotzinapa-giei/


Padri e madri di Ayotzinapa: “Noi 43 famiglie siamo infuriate, intestardite, perché purtroppo ci hanno preso in giro per tre anni”

di Gloria Muñoz Ramírez
foto: Gerardo Magallón

29-04- 2022 | Città del Messico | Desinformémonos.  “Noi 43 famiglie siamo infuriate, intestardite, perché purtroppo ci hanno preso in giro per tre anni. Le istituzioni hanno giocato con noi, a dicembre ci hanno fatto firmare un decreto presidenziale dove si impegnavano a consegnare tutte le informazioni esistenti sul caso Ayotzinapa. Ci hanno fatto posare in una foto con l’incaricato della Sedena (Segreteria della Difesa Nazionale). Come possiamo non essere infuriati se dopo tre anni viene alla luce un’informazione che avrebbe dovuto essere stata consegnata a suo tempo? Come non essere arrabbiati se nei momenti in cui niente si muoveva per mancanza di informazioni, noi familiari le cercavamo nella commissione indipendente? Come non essere infuriati visto che non sappiamo niente dei nostri figli?”, afferma Mario González, padre di César Manuel González Hernández, uno dei 43 normalisti scomparsi sette anni e mezzo fa, durante la conferenza stampa svolta in risposta al terzo rapporto del Gruppo Internazionale di Esperti Indipendenti (GIEI), nel quale vengono fissate diverse responsabilità dell’esercito e della Marina de México, tra le altre istituzioni.

Emiliano Navarrete, padre di José Ángel Navarrete, è ugualmente deciso: “Continuiamo a subire un governo che a parole dice sì a qualsiasi cosa, ma che di fatto non fa assolutamente niente. Dovremo continuare a dare battaglia perché non è assolutamente facile. Non ci sono avanzamenti, al contrario, ci sono molti occultamenti di informazioni, ma non ci arrenderemo, come padri e madri, lotteremo fino a scoprire la verità. Loro hanno rubato la gioventù”.

I padri e le madri dei 43 normalisti di Ayotzinapa scomparsi a Iguala, Guerrereo, tra il 26 e il 27 di settembre del 2014, danno il loro punto di vista a seguito dei nuovi dati offerti dal GIEI riguardo le indagini sul fermo dei loro figli. Tra queste informazioni si segnala che la Sedena ha avuto in mano fin dal principio tutte le informazioni riguardo gli studenti, dai loro spostamenti fino alla loro scomparsa, e che la Marina partecipò nella manomissione delle prove nella discarica di Cocula. Lo spionaggio nei confronti dei normalisti di Ayotzinapa, segnala il dossier, era stato ordinato dal battaglione 27 di stanza a Iguala già da dieci anni prima.

“Non abbiamo né verità né giustizia, abbiamo tutto il contrario”, dice don Emiliano, e aggiunge: “vedendo il rapporto del GIEI, arrivando al punto sulla discarica, vedendo la Marina presente, come padre posso dire che per i miei figli, per i 43, vedere quelle immagini e quel video mi riempie di rabbia, mi fa ribollire il sangue. Vedere con che malizia il governo federale manipolò il luogo prima di presentarlo, come è possibile essere così maligni con dei giovani che avrebbero potuto essere i propri figli e voler nascondere per sempre la loro identità”. E continua con domande dirette: “Come è possibile che la Sedena da sempre abbia nascosto prove? Avevamo le motivazioni per segnalare l’esercito messicano perché sapevamo che erano coinvolti nella scomparsa dei nostri figli”.

Il padre di José Ángel fa riferimento anche al drone che sorvolava la zona “a quel tempo poteva essere comandato solamente da due persone, l’ex-presidente e il segretario della Difesa. Da oggi vogliamo dire a questo nuovo governo che trovi le forme legali affinché Peña Nieto sia chiamato a testimoniare e sia indagato rispetto al ruolo che ebbe nella scomparsa dei nostri figli”, afferma Emiliano, che si rammarica dell’attuale governo che “ostruisce tutte le istituzioni di cui è a capo. Non hanno mai fatto caso al perché i nostri rappresentanti legali dovessero continuare a bussare insistentemente a numerose porte per arrivare alle documentazioni che richiedevano, e che gli sono state negate. Dovrebbero lasciare da parte le conferenze stampa mattutine del presidente e focalizzarsi sugli impegni presi con il popolo”.

Cristina Bautista, madre di Benjamín Ascensio Bautista, inizia il suo intervento salutando nella sua lingua natale, ricordando che la maggior parte dei 43 è di origine indigena. “Chiediamo a AMLO un incontro, perché non ne abbiamo avuti da settembre dello scorso anno. Chiediamo che ci dica che giorno ci incontrerà, perché dobbiamo discutere di molte cose. Il dossier che ci hanno presentato è molto importante e deve essere aperto un fascicolo di indagine sull’esercito messicano”, afferma chi non ha riposato un secondo in una ricerca che va avanti già da 90 mesi.

La prima a partecipare, dopo l’intervento del direttore del Centro de Derechos Humanos Miguel Agustín Pro Juárez, Santiago Aguirre Espinosa, è stata María Elena Guerrero, madre di Giovanni Galindo Guerrero: “Non avevamo mai immaginato che a tre anni dall’elezione di questo nuovo governo non avremmo avuto ancora informazioni sul fermo dei nostri figli, ma si che riconosciamo un avanzamento che ci potrebbe portare a conoscere la verità, e che si faccia giustizia e si puniscano i responsabili”, dice nel suo breve intervento.

Mario González, padre di César Manuel González Hernández, continua segnalando l’esercito e le autorità dell’attuale governo: “Non sto parlando delle istituzioni passate né delle autorità precedenti. Sto parlando delle autorità che ci promisero di giungere alla verità, delle autorità al comando che hanno giocato con noi, che l’unica cosa che volevano era una fotografia. Perché vediamo una manomissione di prove tanto crudele in quel video? Signor presidente, voglio dirle che lei ha tutta la volontà, ma le sue istituzioni non le danno ascolto. È incongruente che da un lato esista la volontà e dall’altro una chiusura. A che stiamo giocando?

“Già siamo infuriati, intestarditi, sfiduciati, stanchi di tante menzogne. Mai ci venderemo, non si può vendere un figlio, non potremmo mai ricevere neanche un centesimo, perché per noi la riparazione del danno può essere solamente verità, giustizia e il ritrovamento dei ragazzi”, conclude don Mario.

La conferenza stampa è organizzata nei locali del Centro de Derechos Humanos Miguel Agustín Pro Juárez, in collaborazione con il Centro de Derechos Humanos Tlachinollan, Fundar y Serapaz. Nel suo intervento, Santiago Aguirre, direttore del Centro ProDH, sottolinea che i genitori riscontrano “prima di tutto ostacoli nei confronti delle forze armate e della procura negli ambiti che dovrebbero sostenere”, e avverte che “il carico delle responsabilità non è tanto dei giudici, ma piuttosto delle istituzioni”.

Da: https://desinformemonos.org/las-43-familias-estamos-enojadas-encabronadas-porque-desafortunadamente-nos-vieron-la-cara-durante-tres-anos-padres-y-madres-de-ayotzinapa/