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Gli occhi di Renato

[Immagine di copertina: “Maternità ribelli e militanti: nella foto il Comitato Madri per Roma Città Aperta nella spiaggia di Focene, dove fu assassinato Renato Biagetti”]

Renato dov’è? 18 anni da quelle infami coltellate fasciste, dov’è Renato?

Nel buio globale dei tempi attuali, dove sembra che la luce sia solo quella nefasta e terrificante delle bombe in cielo e delle raffiche in terra, gli zapatisti e le zapatiste ci ricordano, dando l’esempio, di tenere sempre la fiammella della speranza accesa. Ci dicono di non farla morire, per non essere inghiottiti nell’oscurità più nera del capitalismo: la distruzione stessa della specie umana e del suo planeta. Dobbiamo sforzarci per mantenere viva la fiammella, prendersene cura, proteggerla e continuare a caminare collettivamente… Nei piccoli bagliori di questa minuscola luce tremula che siamo, rivediamo gli occhi di Renato e il suo sorriso immenso. Nell’indistruttibilità e irriducibilità delle piccole grandi lotte che anche Renato nutriva. Continua la lettura di Gli occhi di Renato

Le guerre del Capitale

Passano i mesi e, nonostante le mobilitazioni di massa in tutto il mondo, con milioni di persone che chiedono a gran voce un immediato cessate il fuoco, su Gaza continuano a piovere bombe. Venerdì scorso, più di 100 civili sono stati letteralmente fatti a pezzi mentre pregavano in una scuola nel quartiere di Al-Daraj. Un crimine in più tra i migliaia commessi dagli invasori dell’esercito israeliano, i quali stanno perpetrando sfacciatamente un infanticidio di massa e un genocidio davanti agli occhi di tutto il mondo. Là in alto, tra i potenti di tutti i paesi, non c’è nessuno che li fermi. Qui in basso continuiamo ad accumulare rabbia vedendo non solo lo sterminio di tanti fratelli e sorelle, ma anche come si riempiono le tasche dei fabbricanti di armi e dei loro soci, i politici di ogni bando.

Nel nord della Siria, a poche centinaia di chilometri dal massacro in corso in Palestina, lo Stato turco e le sue bande di mercenari hanno bombardato con obici i villaggi di Cat e Ewn Dadat, nel cantone di Manbij, nella notte di venerdì scorso. Allo stesso tempo, poco più a sud, circa 400 mercenari al soldo del regime siriano hanno attraversato il fiume Eufrate cercando di penetrare nel territorio dell’Amministrazione Autonoma del Nord-Est della Siria (AANES) e, di fronte alla resistenza delle Forze Democratiche Siriane (SDF), che sono riuscite a respingerli, hanno compiuto una rappresaglia bombardando i villaggi di Jadeed Bakara e al-Dahalah massacrando 13 civili, la maggior parte donne e bambini, tra cui un neonato di un anno e mezzo e un altro di 4 mesi. Qualè la colpa delle vittime? Vivere nel territorio autonomo e democratico dell’AANES, un laboratorio sociale nel pieno del Medio Oriente ispirato ai principi socialisti, ecologisti e femministi del movimento di liberazione del Kurdistan. Vale a dire, sia lo Stato turco, alleato degli Stati Uniti nella NATO, sia lo Stato siriano, alleato della Russia e dell’Iran, bombardano civili con il criminale desiderio di schiacciare uno dei più grandi esempi di autogestione popolare di questo secolo. Ed entrambi si servono delle feroci bande paramilitari islamiste, come ISIS e Al Nusra.

Parlando proprio di violenza paramilitare, attraversando l’oceano e arrivando in Messico, vediamo che questo è il dispositivo militare utilizzato dalle grandi imprese, alleate con il governo, per devastare i territori indigeni in resistenza e impadronirsi delle risorse naturali lì protette. A Ostula, Michoacán, il Cartel Jalisco Nueva Generación (CJNG) ha persino bombardato con droni la comunità che – parte del Congresso Nazionale Indigeno (CNI) – dal 2009 resiste in maniera organizzata agli attacchi dei diversi gruppi del crimine organizzato, tutti collusi con l’esercito, facendo uso del diritto all’autodifesa e, quindi, organizzando la propria guardia comunitaria. Anche in Guerrero, continua impunemente la violenza criminale de “Los Ardillos”: l’ultima imboscata, in cui hanno massacrato una compagna e un compagno del CIPOEG-EZ (parte del CNI), si è verificata proprio nelle vicinanze di un posto di blocco dell’Esercito e della Guardia Nazionale, rendendo palese ancora una volta la complicità delle forze armate con i narcos. Dal 2018 ad oggi, 56 membri del CIPOEG-EZ e della polizia comunitaria della CRAC-PF (un corpo di sicurezza autonomo creato dai popoli della regione) sono stati uccisi e 23 sono stati fatti sparire.

In Chiapas, al confine sud del Messico, è lo stesso copione. Le famiglie dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), le comunità cattoliche di base, le comunità del CNI, i contadini e le contadine organizzati, tutt* vivono assediati sotto il fuoco incrociato di molteplici attori armati che si contendono il territorio pezzo per pezzo, villaggio per villaggio, strada per strada, di fronte all’inazione complice delle autorità e delle forze armate, entrambe corrotte e al soldo delle grandi imprese (sia criminali che legali). Non c’è un registro preciso del numero di sfollati interni, delle stragi perpetrate nelle montagne e nei sentieri, ci siamo solo abituati a dormire con sparatorie e svegliarci con tanti morti trovati qua e là. Le organizzazioni menzionate, tra molte altre, stanno denunciando questa guerra civile che nessuno nota, i cui morti non sono registrati, ma il cui orrore è pane quotidiano per centinaia di migliaia di abitanti dello stato. Chi ci guadagna con la rottura del tessuto sociale? Chi trae profitto da questa violenta frammentazione territoriale? È senza dubbio necessario approfondire l’analisi, ma da quanto visto si sta spazzando via la resistenza popolare contro le imprese minerarie, contro i mega-progetti, contro i giacimenti e la spoliazione dell’acqua e del territorio in generale; nel mezzo della crisi umanitaria scatenata dai gruppi armati, si riduce forzosamente la capacità di azione e mobilitazione dei movimenti autonomi e indipendenti. Questo ci porta a dire che la cosiddetta “guerra dei narcos” è solo un dispositivo militare per perpetuare la guerra di classe dei ricchi contro i poveri, per toglier loro anche l’ultima risorsa che rimane: la vita collettiva, come popolo organizzato.

Questa dichiarazione è un grido di rabbia e dolore, insieme a centinaia di migliaia di altri che si alzano da molti collettivi, organizzazioni e popoli. È il modo che abbiamo per dire che siamo ancora vivi e assetati di giustizia, pieni di rabbia contro l’idra capitalista e le sue centinaia di teste, e che tutte le guerre sono capitaliste, devono essere disertate, sabotate ovunque esse causino danni.

Siamo con le sorelle del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina che preparano e distribuiscono pane sotto le bombe; con le sorelle curde del villaggio di Jinwar in Siria, che hanno costruito un villaggio come rifugio contro la feroce violenza patriarcale della regione; con le donne del Chiapas che danno da mangiare ai migranti, con le Madres Buscadoras” che cercano i/le loro figl* tra i più di 100.000 desaparecidos in Messico; con gli/le zapatist* che ancora costruiscono cooperative, cliniche e scuole autonome in mezzo alla tempesta criminale… Stiamo con la vita contro la morte fatta sistema.

Per la tenerezza tra i popoli e la complicità globale delle resistenze.

Collettivo Nodo Solidale (Italia/Messico)

¡Guerras capitalistas!

VERSIONE IN ITALIANO

Pasan los meses y a pesar de las movilizaciones masivas en todo el mundo, con millones de personas clamando un alto al fuego inmediato, en Gaza siguen lloviendo bombas. Hace pocas horas más de 100 civiles fueron literalmente hechos pedazos, mientras rezaban en una escuela en el barrio de Al-Daraj. Sólo un crimen más entre los miles cometidos por los invasores del ejército israelí, los cuales están perpetrando descaradamente un infanticidio masivo y un genocidio ante los ojos de todo el mundo. Allá arriba, entre los mandones de todos los países, no hay quien los pare. Aquí abajo seguimos acumulando rabia viendo no sólo el exterminio de tantos hermanos y hermanas, sino también cómo se inflan los bolsillos de los fabricantes de armas y sus socios entre los políticos de todos los colores.

En el norte de Siria, a unos cientos de kilómetros de la masacre en curso en Palestina, el Estado turco y sus bandas bombardearon con obuses las aldeas de Cat y Ewn Dadat, en el cantón de Manbij, en la noche del viernes. Al mismo tiempo, un poco más al sur, alrededor de 400 mercenarios a sueldo del régimen sirio cruzaron el río Éufrates buscando penetrar el territorio de la Administración Autónoma del NorEste de Siria (AANES) y ante la resistencia de las Fuerzas Democráticas Sirias (SDF), quienes lograron rechazarlos, tomaron represalia bombardeando las aldeas de Jadeed Bakara y al-Dahalah masacrando a 13 civiles, la mayoría de ellos mujeres y niños, entre ellos un bebé de 1 año y medio y otro de 4 meses. ¿Su culpa? Vivir en el territorio autónomo y democrático de la AANES, un laboratorio social en pleno Medio Oriente inspirado en los principios socialistas, ecologistas y feministas del movimiento de liberación de Kurdistán. Es decir, tanto el Estado Turco, aliado de Estados Unidos en la OTAN, como el Estado Sirio, aliado de Rusia e Irán, bombardean civiles con el mortífero anhelo de aplastar uno de los más grandes ejemplos de autogestión popular de este siglo. Y ambos se sirven de las feroces bandas paramilitares islamistas, tal como ISIS y Al Nusra.

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BASTA DE BOMBARDEOS EN MEDIO ORIENTE. LIBERTAD PARA LOS PUEBLOS DE PALESTINA Y KURDISTAN.

En Gaza, Palestina, es el infierno.

Si antes del 7 de octubre de 2023, día en que el ejército sionista de Israel desató los bombardeos masivos sobre la población civil, Gaza era una prisión a cielo abierto, ahora es una explanada de escombros, un matadero sin salidas, un pozo de sangre donde desahoga toda su furia bélica y racista el Estado de Israel. En el momento de escribir estas líneas se han registrado 12 mil toneladas de bombas (33 toneladas de explosivos por kilómetro cuadrado), lo que equivale a la potencia explosiva de una bomba atómica. Han sido asesinado 21,000 personas palestinas, de las cuales 10,000 niños y niñas. Como bien resume el Capitán Marcos del EZLN:

“La niñez palestina asesinada no es una víctima colateral, es el objetivo principal de Netanyahu, siempre lo fue. Esa guerra no es para eliminar a Hamás. Es para matar el futuro. Hamás será sólo la víctima colateral.”
Para quienes venimos denunciando la guerra global permanente como dispositivo de reproducción constante de acumulación capitalista, es decir quienes entendemos que la guerra es la forma propia del sistema de dominación mundial no tenemos esperanza en una solución de arriba, sino creemos que la paz se teje abajo, casa por casa, pueblo por pueblo, tratando de romper los moldes y las fronteras mentales y físicas que nos impusieron el patriarcado, el nacionalismo y las religiones, en sus formas más conservadoras. Como pueblo mexicano, sabemos bien que, para resistirse al poder, se nos va la vida. La guerra no es un cuento lejano, es – con sus diferentes matices – el orden de día de nuestro presente.

Desde luego, unos cientos de kilómetros más al norte de Palestina, en el noreste de Siria, en otro territorio devastado por 12 años de guerra civil, hay un experimento social que no nos cansamos de difundir y dar a conocer: el Rojava y las otras regiones de la Administración Autónoma de NorEste de Siria (AANES), en donde justo se busca tejer una convivencia entre los pueblos kurdos, sirios, cristianos siriacos, turcomanos, árabes y más en una perspectiva feminista, socialista, pluri-confesional y ecológica. Un verdadero laboratorio de democracia directa, en el ojo del ciclón, donde la tormenta devasta con más virulencia. Una experiencia de auto-gobierno popular de cientos de miles de familias y personas, con desgraciadamente demasiado enemigos, tantos locales y regionales cuantos entre las grandes potencias en disputa en el Medio Oriente.

Durante esta sangrienta Navidad, mientras el ejército israelí perpetraba otra masacre de civiles en el campamento de Al Maghazi, el ejército turco (aliado de aquel en la OTAN) bombardeó una clínica en Kobane y las infraestructuras civiles en Qamishlo, provocando 9 muertos más entre los civiles. Según un informe reciente del Centro de Información de Rojava (RIC), los ataques turcos con aviones no tripulados han matado a 83 personas en el noreste de Siria en este 2023. Además, con los ataques aéreos de los últimos tres meses mataron a 60 personas más. Entre las víctimas, muchos civiles y cuadros políticos y de las Unidades de Autodefensas del Pueblo (YPG/YPJ) y de las Fuerzas Democráticas Sirias (FDS).

El presidente fascista de Turquía, Tayep Erdogan, está aprovechando la coyuntura y la atención mundial sobre Palestina para recrudecer los ataques contra la verdadera democracia directa de Medio Oriente, esperando así poder aplastar la esperanza de un mundo mejor, esperando que una masacre tape otra.
Pero nosotros, como pueblos, colectivos y organizaciones en lucha de México no volteamos la mirada, denunciamos tanto al gobierno de Israel que al de Turquía como asesinos, ambos dedicados a invadir violentamente territorios indígenas aplicando la limpieza étnica entre sus habitantes. El drama del pueblo palestino es el drama del pueblo kurdo y ambos pueblos nos han enseñado la dignidad, la valentía y la resistencia.

Por un mundo donde quepan muchos mundos: paz con dignidad para los pueblos de Medio Oriente.

¡Paremos el genocidio en Gaza!
¡Paremos la Ocupación sionista en Palestina!
¡Defendamos la Revolución en Rojava!

Alianza Magonista Zapatista (AMZ):
Colectivo Autónomo Magonista (CAMA)
Comité de Defensa de los Derechos Indígenas (CODEDI)
Nodo Solidale
Organizaciones Indias por los Derechos Humanos en Oaxaca (OIDHO)
Brigada Callejera de Apoyo a la Mujer “Elisa Martinez”
Organizacion popular Francisco villa de izquierda independiente OPFVII
Proceso de Articulación de la Sierra de Santa Marta
Vendaval – cooperativa panadera y algo más

Autodifesa Medica: Pantere Nere e Ezln – Introduzione

Di seguito riportiamo l’introduzione al volume italiano “Autodifesa Medica – Pantere Nere e Ezln”, traduzione a cura del Nodo solidale del volume “Autodefensa Medica – Panteras Negras y Zapatistas” di Zineditorial recentemente pubblicata nella collana Quaderni della Complicità Globale in collaborazione con Elementi Kairos.

A Jaime Alberto Montejo Bohórquez (1964-2020), compagno della Brigada Callejera che ci ispira ogni giorno a lottare per la salute dellə oppressə

Introduzione 

Ancora dentro la pandemia COVID-19 ed a oltre un anno dalla Gira por la Vida[1] intrapresa dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) e dal Congresso Nazionale Indigeno (CNI) attraverso i paesi europei, ci siamo imbattutə in Autodefensa Medica: Panteras Negras y Zapatistas e ci è sembrato appropriato tradurlo. Per contribuire con umiltà ai complessi dibattiti sulla salute e sulla cura al tempo dei lockdowns e del green pass, in una fase di crisi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e dell’assalto dei privati alla sanità, per porre domande e non ricette pronte.

La pandemia che ci ha travoltə dall’inizio del 2020 non è ancora finita e probabilmente non sarà nemmeno l’ultima a scuotere la comunità internazionale. Il caso del Monkey pox (vaiolo delle scimmie) ne è un esempio, ma soprattutto, nulla è stato fatto per rallentare l’espropriazione e la devastazione ambientale che avanzano rapidi e mettono ogni giorno sotto stress gli ecosistemi negli angoli più remoti del pianeta. In Italia la pandemia ha incontrato un Sistema Sanitario Nazionale (SSN) allo stremo il cui spirito universalistico, conquistato grazie alle lotte delle lavoratrici e dei lavoratori negli anni ’70, è stato sempre più messo in discussione ed al margine dall’avanzata del paradigma neoliberista. Tre sono i dati che ci danno la radiografia dello stato di salute del SSN: 37 miliardi di euro tagliati in meno di 10 anni, la frammentazione di un sistema nazionale in 20 piccoli sistemi regionali, con la conseguente stratificazione in apparati sanitari di serie A e di serie B, l’aziendalizzazione della sanità. La parità di bilancio è diventata quindi più importante della salute delle persone. Questo è il modello che ci è stato imposto.

Nel nome dell’austerità e del debito pubblico, negli anni passati, siamo statə testimoni di una lenta distruzione della sanità pubblica; oggi, al contrario, per uscire dalla pandemia si ricorre agli investimenti del Piano Nazione Ripresa e Resilienza (PNRR). Ma quale direzione stiamo prendendo? Per ora non percepiamo un cambio di parole d’ordine, nessuna iniziativa che provi a ribaltare il paradigma che vuole la sanità come un campo di profitto, in una Salute come bene comune. Speriamo di sbagliarci.

Ma come si potrà uscire da una sanità come complesso industriale biomedico e delle assicurazioni? Come allontanarsi da una sanità intesa come industria della salute e fonte di profitto per privati e assicurazioni?

Cosa vuol dire prendersi cura della propria salute? Che ruolo ha la salute nella nostra società? È possibile immaginare insieme una salute che rompa i vizi secolari di una medicina pensata da maschi bianchi per maschi bianchi? Ripensare una scienza nata come biopotere estirpato dalla capacità di cura comunitaria e personale, così come dai corpi delle donne? Combattere il suo essere strumento di normalizzazione sociale e dominio coloniale? Si può rompere la catena che inserisce la medicina in un campo di creazione di profitto, all’interno di un sistema di sfruttamento e sovrapproduzione? Sarà possibile re-immaginare la figura medica, non come parte della classe dominante, ma come una figura alleata delle classi oppresse nella lotta contro le disuguaglianze sociali, incidendo nei determinanti di salute?[2] Una figura che incarni un sapere condivisibile e a disposizione della collettività e non una figura di potere che agisce per interessi egoistici e di casta?

Alcune domande ce le poniamo da anni, altre ce le ha fatte sorgere l’esperienza vissuta con il COVID-19. Questioni a cui sarà fondamentale rispondere collettivamente.

La pandemia è piombata sulle nostre vite come un macigno inaspettato, un virus diffusosi rapidamente in tutto il mondo e un’epidemia che abbiamo imparato a interpretare piuttosto come una sindemia[3]. Una malattia estremamente influenzata dai contesti socio-ambientali in cui si diffonde, che acuisce le diseguaglianze sociali ed economiche e colpisce in maniera più aggressiva dove si vive lavorando più del dovuto, in condizioni igienico-sanitarie malsane, in case piccole e sovraffollate, in quartieri inquinatissimi. Il COVID-19 non è stata una semplice malattia dell’essere umano, ma una malattia dell’ecosfera[4] perché nasce in un mondo dove la deforestazione, la cementificazione, l’industrializzazione selvaggia e gli allevamenti intensivi invadono gli ecosistemi naturali. Questa devastazione ambientale obbliga gli animali selvatici alla vicinanza con l’umano, così come i loro batteri e virus, favorendo la possibilità dello spillover (salto di specie). Inoltre le infinite e rapide connessioni internazionali ne consentono una diffusione globale.

Mentre leggevamo e studiavamo, provavamo a discuterne, ma il dialogo era problematico, non fluiva per la complessità del tema e la difficoltà ad affrontare le insidie della vita ai tempi della pandemia covid-19. Non siamo riuscitə ad avere idee chiare e condivise sull’utilità delle misure sanitarie imposte dai governi, su quali fossero le più importanti, su quanto ci si dovesse affidare solo al lockdown e al vaccino e quanto bisognasse invece lavorare su un approccio più sistemico alla questione. In Italia la discussione è stata violenta, così tanto polarizzata su fazioni opposte da non mostrarci la possibilità di  individuare soluzioni collettive e condivise. Sicuramente ci è parso lampante come la gestione della salute collettiva e la medicina possano essere armi di un potere enorme in mano agli Stati e di quanto questo sia in grado di entrare nelle nostre vite.

Lo scrivere questa introduzione ci ha preso molto tempo, proprio per la capacità di questo libro di mettere al centro quello che durante la pandemia in Italia era difficile discutere: il ruolo della salute nella costruzione di una società. Forse per noi discutere su questi temi risultava faticoso perché l’autonomia la vediamo troppo lontana e non siamo abituatə a viverla, quindi sognare insieme e mettere in campo soluzioni altre.

Ci è sembrato importante tradurre questo libro perché ci fa vedere di come la salute sia un campo di lotta, di come può essere uno strumento fondamentale all’interno di una cornice trasformatrice del presente, soprattutto di due organizzazioni politiche che rispettiamo per la loro traiettoria, le Pantere Nere e l’EZLN. Non per avere idee chiare su questi problemi, ma per desiderare di poter ribaltare tutto e riscriverlo da capo, dal basso e da sinistra. Solo sognando possiamo immaginare una società fatta di cura reciproca, dove la salute non sia una merce, ma un diritto di tuttə.  Solo costruendo organizzazione possiamo sognare insieme.

E leggere come le Pantere Nere sul tema della salute abbiano costruito un importante pilastro di emancipazione, significa aprirsi ad uno straordinario e storico esempio di organizzazione e di lotta. In che modo abbiano cercato e trovato forme di prevenzione e cura per problemi concreti che allo Stato non interessavano perché considerati problemi “solo dei neri”. Come abbiano saputo tradurre il proprio pensiero e la propria azione in organizzazione sociale dal basso, coniugando salute, denuncia e presa in carico delle proprie condizioni materiali. La clinica del popolo “Frank Lynch”, le Pantere Nere l’hanno costruita sulla terra su cui avrebbero dovuto edificare una super autostrada che avrebbe isolato e diviso il quartiere.

Le cliniche zapatiste sono nate prima dell’insurrezione armata, esempio di come la cura e la sua difesa fossero centrali per la riappropriazione delle proprie vite sottratte da 500 anni di colonialismo e di razzismo. Recuperare saperi ancestrali, appropriarsi dei saperi della medicina occidentale, integrarli, prevenire le malattie, riprendersi le terre rubate da Stato e latifondisti. Solo in questo modo potevano lottare per la vita. Perché se la lotta è per la vita, non può che essere una lotta per la salute. Ad oggi gli zapatisti e le zapatiste hanno costruito un sistema autonomo di cura che si avvale di sale operatorie, ambulanze per le emergenze, case di salute sparse nelle comunità, campagne di prevenzione e vaccinazione, laboratori di analisi. Inoltre un sistema di formazione, approfondendo temi come la salute pubblica, primo soccorso, fitoterapia e medicina ancestrale, educano promotorə di salute che si prendono cura della comunità.

Ma cosa possono insegnarci queste esperienze nel nostro contesto? Si deve costruire una sanità dal basso o si deve riconquistare il diritto gratuito alle cure? La strada da percorrere è autonoma ed indipendente dal Servizio Sanitario Nazionale oppure è fatta di vertenze e battaglie “interne”? Queste sono due posizioni in contraddizione o possono essere sviluppate in sinergia? Domande aperte che sta a tuttə noi rispondere collettivamente.

Infine,a scrivere questo libro è un  collettivo autonomo messicano critico del governo di Lopez Obrador, che dietro la maschera di governo di “sinistra” riesce a portare a compimento i piani di un’economia neoliberista.  Un collettivo non composto da professionistə della salute. Perchè la salute è delle persone che esse siano sanə o malatə, pazienti o dottorə.

Crediamo che solo attraverso percorsi simili si possa rispondere alle domande che ci ronzano per la testa, che il presente ci impone e che abbiamo voluto riportare in queste righe, nella speranza che la diffusione di questo libro ci aiuti a formulare risposte e a praticare nuove soluzioni.

Nodo Solidale

[1] Carovana dell’EZLN e del CNI che ha invaso l’Europa dal 11/06/2021 al 06/12/21 per condividere con i movimenti sociali europei le lotte e le forme di organizzazione e di resistenza contro il capitalismo estrattivista.
[2] Le analisi alla base di questi concetti e questi interrogativi sono esposte in importanti scritti come: Calibano e la strega di Silvia Federici, Nemesi Medica di Ivan Illich, Storia della follia in età classica di Michel Foucault.
[3] Horton R. Offline: COVID-19 is not a pandemic. Lancet. 2020
[4] Ernesto Burgio su Radio Onda Rossa

Per Saperne di più: link la traduzione di un Articolo di Raul Zibechi sull’edizione Messicana dal blog del collettivo internazionalista Carlos Fonseca.

Salute ribelle e movimenti anticapitalisti

 

 

Palestina: Detenido Bilal Jado

17 de enero de 2023,México
Palestina: Detenido Bilal Jado
El compañero Bilal, uno de lxs fundadores y promotores del Centro Cultural Amal Al Mustakbal en el campo de refugiadxs Aida en la ciudad de Belem (Cisjordania, Palestina), fue detenido en la madrugada durante un operativo del ejército de Israel. No sabemos de qué se le acusa y de ser una detención administrativa nunca lo sabremos pues la mayoría de los expendientes y juicios están sepultados bajo el “secreto militar”. La detención administrativa de hecho es un procedimiento que permite al ejército israelí detener prisioneros de manera indefinida sin cargos ni juicio. Las órdenes pueden renovarse indefinidamente y las pruebas se mantienen en secreto, por lo que la persona no puede impugnar de manera efectiva su detención ni saber cuándo saldrá en libertad.

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UCRANIA, KURDISTAN, PALESTINA, MESSICO… ¡STOP ALLA GUERRA GLOBALE!

Ogni guerra ci addolora e ogni guerra ci riempie di rabbia. I potenti ci parlano della guerra, attraverso i loro mezzi di comunicazione, come un evento eccezionale, ma si tratta di una menzogna, perché le bombe cadono ogni giorno, ogni giorno ci sono sparatorie, ogni giorno ci sono nuovi orfani e madri senza figli e figlie, ogni giorno in molte geografie di questo pianeta brutalizzato ci sono governanti e criminali che ordinano massacri a cui i popoli forniscono vittime.

Ogni maledetto giorno.

Ci urge affermare una cosa, forse niente di nuovo, ma esistono guerre senza fine che in questi giorni stanno peggiorando drasticamente, tragedie che non trovano posto nel circo mediatico, moltissime persone che muoiono lontane dalle luci delle telecamere e dall’opinione di giornalisti e politici. Continua la lettura di UCRANIA, KURDISTAN, PALESTINA, MESSICO… ¡STOP ALLA GUERRA GLOBALE!

UCRANIA, KURDISTAN, PALESTINA, MÉXICO… ¡ALTO A LA GUERRA GLOBAL!

TRADUZIONE IN ITALIANO

Todas las guerras nos duelen y todas las guerras nos enfurecen. Los poderosos nos cuentan, a través de sus medios, sobre la guerra como un evento excepcional, pero es mentira, pues realmente todos los días caen bombas, todos los días hay balaceras, todos los días hay huérfanos y madres sin hij@s, todos los días en muchas geografías de este brutalizado planeta gobernantes y criminales ordenan masacres y los pueblos ponen los muertos.

Todos los malditos días.

Nos urge aquí decir algo, quizás nada nuevo, pero existen guerras que no terminan y que en estos días están empeorando dramáticamente, tragedias que no encuentran lugar en el circo mediático, montones de gente que muere lejos de las luces de las cámaras y la opinión de periodistas y políticos.

Por ejemplo, en Kurdistán. Desde el 17 de abril el Estado Turco, encabezado por el fascista Erdogan, ha iniciado una nueva campaña militar contra la población kurda: 147 ataques aéreos fueron registrados en los primeros dos días en Bashur, norte de Irak. También drones del ejército turco lanzaron misiles en diferentes áreas del Rojava (norte de Siria). En ambos casos la ofensiva turca busca aniquilar la resistencia kurda, especialmente sus cuerpos de autodefensa como las YPG/YPJ y las Fuerzas de Defensa del Pueblo (HPG), los cuales tratan de hacer escudo al proyecto de autonomía socialista, ecologista y feminista llamado Confederalismo Democrático.

Lo que hace más dramática la enésima ofensiva militar de Erdogan es que este tirano ahora luce como mediador en las negociaciones entre Rusia y Ucrania, lo cual hace que actúe desde un lugar privilegiado para buscar alianza contra los pueblos kurdos: de hecho, mientras su ejército sigue bombardeando e invadiendo el norte de Irak, el KRG de su aliado Barzani está sitiando al autogobierno de l@s yazidies, construyendo un muro entre ell@s y la región autónoma de Rojava, la cual también se encuentra amenazada desde el sur, por el avance del ejército sirio de Assad y de Rusia, que apuntan a recuperar el control militar de Qamishlo, una de las ciudades más importantes de la Administración Autónoma del Norte y Este de Siria (AANES) que es parte de la experiencia del mencionado Confederalismo Democrático.

Sabemos que todo eso suena complicado, pero la verdad es dramáticamente sencilla: la democracia directa de los pueblos de la región está siendo atacada por todos lados, tanto por la OTAN y Estados Unidos, como por Rusia y sus aliados.

Mientras, no muy lejos, en la tierra martirizada llamada Palestina el ejército invasor del Estado de Israel ha incrementado sus acciones represivas y operaciones militares a costa de la población invadida. Según los datos de Euro-Med Human Rights Monitor las fuerzas israelíes mataron durante estos meses CINCO VECES más palestinos que durante el 2021. Más allá de los datos, números tan fríos, nos indigna la constante provocación de los militares sionistas, llegando incluso a atacar con gases y balas a los feligreses reunidos en la Mezquita de Al-Aqsa (Jerusalén), con un saldo de 200 heridos y 450 detenidos; y nos indigna la masacre contra los civiles (26 palestinos asesinados sólo en abril, entre ell@s 7 menores y tres mujeres) y los continuos bombardeos de los aviones del ejército israelí en la Franja de Gaza, como los del 18, 20 y 21 de abril. No es una guerra, más bien un exterminio, una limpieza étnica que sigue desde hace más de 70 años en contra de la población nativa, los y las palestinas.

Para quienes vivimos en México la guerra no es algo lejano, con formas y matices diferentes también en nuestro país la masacre parece imparable,con más de 360,000 asesinatos en los últimos 16 años y 99,000 desaparecid@s. La guerra en México tiene un tinte especialmente feminicida, cada día 10 mujeres son asesinadas por hombres, cobijados por un pacto patriarcal entre crimen e instituciones que deja en la total impunidad la inmensa mayoría de los delitos contra las mujeres. Es una guerra en la sombra, espectacularizada en las series televisadas pero nunca aceptada como tal, sin ninguna institución que se asuma la responsabilidad de que un país entero sufre las secuelas de ella: su exposición a la violencia cotidiana, su militarización, todas las recaídas psicológicas de un conflicto negado y minimizado, los desplazamientos internos, la ausencia de miles de “levantad@s”, el meticuloso abatimiento de luchadoras y luchadores sociales, la cuenta sin fin de “daños colaterales”, el drama de las balas perdidas y el asesinato de la niñez. El único freno posible ante la catástrofe, en México como en Medio Oriente, parece ser la auto-organización de los pueblos y los barrios, incluyendo en ella su propia defensa ante los actores que los agreden.

Nosotr@s, como colectivo internacionalista Nodo Solidario, sabemos que nuestra voz no cuenta nada, pero no podemos dejar de denunciar y seguir organizándonos como otros miles de colectivos y organizaciones pues somos parte de esta inmensa mayoría que sufre las decisiones de los poderosos, que pone los muertos, que se reconstruye sobre los escombros humeantes y que, con el furor del amor a la vida, se indigna por cualquier ser humano pisotead@ en el mundo.

A las madres, padres, abuelos y abuelas, herman@s e hij@s de cualquier lugar en guerra como Kurdistán, Palestina, México… y de nuestro barrio: un abrazo que sea un escudo contra bombas, balas e injusticias. Qué el miedo cambie de lado.

Colectivo Nodo Solidario México

25/04/2022

 

Contro le guerre del capitale

Con l’Ezln al fianco di chi resiste e chi si ribella

[Foto da Revista K'uxaelan: Marcia a San Cristobal de las Casas ][Foto da Revista K’uxaelan: Marcia a San Cristobal de las Casas ]

Che dalle Montagne del sud-est del Messico arrivi una chiamata in
solidarietà con le resistenze in Ucraina e le ribellioni in Russia non è cosa da poco. Infatti, con un comunicato pubblico-  https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2022/03/10/domenica-13/ – l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (Ezln) ha proposto la giornata del 13 marzo come data di inizio di una campagna mondiale contro la guerra.
Frutto di anni di internazionalismo e solidarietà, e della straordinaria esperienza della Gira por la Vida in Europa avvenuta pochi mesi fa (https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2020/10/06/sesta-parte-una-montagna-in-alto-mare/), l’Ezln lancia una campagna attraverso cui dare spazio al potere delle arti con concerti, eventi, incontri, manifestazioni di qualsiasi forma, per esprimere vicinanza ai popoli coinvolti nel conflitto alle porte dell’Europa. Conflitto che l’EZLN legge come ennesimo e funzionale risultato del distruttivo e mortale agire del sistema capitalista.

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