[Immagine di copertina: “Maternità ribelli e militanti: nella foto il Comitato Madri per Roma Città Aperta nella spiaggia di Focene, dove fu assassinato Renato Biagetti”]
Renato dov’è? 18 anni da quelle infami coltellate fasciste, dov’è Renato?
Nel buio globale dei tempi attuali, dove sembra che la luce sia solo quella nefasta e terrificante delle bombe in cielo e delle raffiche in terra, gli zapatisti e le zapatiste ci ricordano, dando l’esempio, di tenere sempre la fiammella della speranza accesa. Ci dicono di non farla morire, per non essere inghiottiti nell’oscurità più nera del capitalismo: la distruzione stessa della specie umana e del suo planeta. Dobbiamo sforzarci per mantenere viva la fiammella, prendersene cura, proteggerla e continuare a caminare collettivamente… Nei piccoli bagliori di questa minuscola luce tremula che siamo, rivediamo gli occhi di Renato e il suo sorriso immenso. Nell’indistruttibilità e irriducibilità delle piccole grandi lotte che anche Renato nutriva.
Per questo andiamo avanti. Perché è giusto e necessario e perché continuiamo a scorgere il suo sguardo negli sguardi delle lotte del mondo che incrociamo, come ogni anno ricordiamo su questo palco.
Gli occhi di Renato, in Messico neri come chicchi di caffè tostati, riflettono, per esempio, in quelli delle Madres Buscadoras. Lo stesso sguardo di mamma Stefania, mamma Rosa, mamma Haidi, assetato di giustizia, uno sguardo collettivo che cammina e pianta speranza nel deserto sociale contemporaneo.
Las Madres Buscadoras sono un movimento composto da centinaia di collettivi di genitori e parenti, in stragrande maggioranza donne, delle 114,000 persone scomparse in Messico negli ultimi 18 anni, 50,000 delle quali negli ultimi 6 anni di governo del cosiddetto “centro-sinistra”, disastroso come i precedenti. Donne che di fronte all’inattività complice delle istituzioni e delle Forze dell’Ordine, tutti soci delle grandi organizzazioni criminali, si sono armate di pale e picconi per grattare ovunque la terra, in questa immensa fossa comune che è il Messico, per trovare e riconoscere un brandello dei loro figli e figlie.
Perché la desaparición è un dramma addirittura superiore al lutto, è l’angoscia continua di non sapere, il grigio, il limbo perpetuo, dove nessun rito, funerale o preghiera può innescare le condizioni psicologiche necessarie alla comunque difficile rassegnazione di uno scomparsa prematura. Chi ha il potere lo sa, per questo usa la desaparición, la sparizione forzata, come tortura sociale applicata non solo alle famiglie coinvolte ma alla società intera. Il terrore più grande, così tragicamente comune in Messico. Eppure c’è lotta e dignità anche lì: le Madres Buscadoras e le loro picconate contro l’oblio, colpi dati con la terribile speranza che i propri figli e figlie possano contarsi come un morto in più dei 480,000 morti ammazzati nel paese, negli ultimi 18 anni. Picconate che ricordano che anche la morte ha diritto alla dignità, cioè alla memoria, all’abbraccio famigliare, alla consolazione eterna.
Gli occhi di Renato sono lì, insieme ai nostri, chiedendoci se ci sarà mai fine all’orrore… Voltiamo lo sguardo in Palestina, in Rojava, in Congo, in Sudan e dietro casa. La guerra è ovunque. Ma non c’è modo di darsi per vinti, perché chi ama la musica, l’infanzia, l’anarchia, l’arte, l’amicizia e il socialismo è ancora umano, ancora balla, ancora lotta, ancora sorride… come Renato.
¡Qué viva la vida, qué muera la muerte!
Collettivo Nodo Solidale