Global sumud è la rottura degli argini.
Le barriere non reggono più: le letture diverse di un conflitto secolare si intrecciano e frantumano finalmente il silenzio.
È lo scacco matto che ribalta la partita: non abbiamo bisogno di chiedere permesso, siamo già oltre.
La flotilla non è solo legno e vele: è un dono, una dichiarazione di appartenenza a una scelta politica giusta e necessaria.
Abbiamo già vinto.
I carnefici di questo genocidio ci hanno riconosciuto come un nemico, identificato, minacciato, attaccato.
Ma la flotilla è ancora lì nel nostro Mediterraneo e noi a terra siamo centinaia di migliaia, gridando NO a un genocidio in diretta.
I migrantx mortx sono i nostri compagnx invisibili e silenziosi: i loro corpi respinti e abbandonati nella più pericolosa delle traversate, i loro nomi cancellati dall’oblio, dimenticati dai potenti ma vivi nella memoria di chi li cerca, risuonano in ogni onda. Sono parte del mare che ci porta e ci sostiene, della mano argentata che attraversa la notte.
I lavoratori portuali del Mediterraneo sono anch’essi parte del mare: mani e corpi che custodiscono e sfidano le correnti e che ora bloccano, minacciano, tengono sotto pressione il cuore produttivo di queste acque.
Le barche che navigano verso Gaza, come quelle che resteranno ferme, respinte dai porti se necessario, diventano quindi bandiere di ribellione, risposte viventi a quel grido muto, onde di coraggio che sfidano il silenzio e portano con sé la dignità di chi non si piega e non si arrende.
Sumud è restare, resistere, agire davanti alla barbarie.
È un gesto collettivo che abbatte le frontiere, una poesia scritta con acqua salata e sudore, una promessa che non può essere bombardata, sequestrata, torturata…
Sumud è il filo che ci tiene unitx attraverso mari e continenti.
La certezza che ogni porto negato genera mille altri approdi, che ogni nave fermata moltiplica il desiderio di navigare ancora sulla rotta della giustizia.
Non è solo resistenza: è un esercizio di futuro.
È la certezza che è la dignità che scrive la storia e che i popoli che scelgono di resistere sono già liberi, anche prima della vittoria.
E quando le nostre barche solcano il mare, non trasportano solo corpi: portano un mondo possibile.
Un mondo che non conosce muri, né assedi, né silenzi imposti.
Questo è il vento che ci spinge.
Questo è il mare che ci sostiene.
Questo è il nostro scacco matto alla barbarie.
E il nome di tutto questo è Sumud.
Buon vento.