CHI SIAMO

Il Nodo Solidale nasce formalmente nel maggio 2007, e si autodefisce come un collettivo di militanti per la vita con un sogno rivoluzionario, piantato su due sponde dell’oceano, una in Messico e l’altra in Italia. L’idea principale è quella di tessere reti fra le realtà ribelli di entrambe le geografie.

Fin dall’inizio, il collettivo ha avuto questa caratteristica di vivere e agire politicamente in due “nodi” locali: avere radici in Italia, nei movimenti sociali e nelle esperienze di autogestione dal basso, e dall’altro lato, attraverso un gruppo di espatriat* (e non solo) stabilit* in Messico, alcun* dei quali da quasi vent’anni.

Questo ha profondamente influenzato modi, pratiche e idee del collettivo, caratterizzandolo come un hub capace di generare controinformazione e sinergie bidirezionali, progetti di appoggio mutuo e solidale, finanziamento dal basso, brigate di solidarietà internazionali con le comunità in resistenza e visite militanti dall’America all’Europa. Allo stesso tempo, ha costantemente promosso e sostenuto mobilitazioni e iniziative autogestite nei territori in cui si vive, sia in Messico che in Italia.

La composizione umana e politica del Nodo Solidale, sia in Messico che in Italia, è mutata e si è arricchita nel corso degli anni, grazie anche a questa particolare dimensione internazionalista. Nato come un piccolo collettivo vincolato all’area libertaria del movimento romano, si è trasformato in uno spazio più ampio, capace di superare i confini delle aree politiche di appartenenza e di legarsi attraverso la solidarietà e la complicità internazionale. In questa prospettiva, sin dalla fondazione nel 2007 abbiamo abbracciato i principi della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, lanciata dall’EZLN come un appello alla società per rispondere alla catastrofe capitalista e costruire una pluralità ribelle, caratterizzata da un agenda non elettorale, in basso e a sinistra.

L’idea comune e fondante del collettivo è la volontà di promuovere l’autonomia e favorire l’autorganizzazione popolare attraverso la pratica dell’autogestione, ovvero costruire appoggio mutuo, politico ed economico tra le organizzazioni in lotta.

Il tutto senza l’utilizzo di finanziamenti privati o istituzionali, ma costruendo alternative economiche autogestite negli spazi liberati e ribelli che ancora resistono all’idra capitalista, sui due lati dell’oceano. In questo processo abbiamo sempre confidato in una solidarietà dal basso che non ha bisogno del denaro dei ricchi o degli Stati perché sappiamo che da lì si genera, strutturalmente e salvo rare eccezioni, dipendenza e cooptazione. Inoltre molto spesso i finanziamenti delle grandi fondazioni, ONG e partiti politici snaturano il senso combattivo dei progetti popolari priorizzando la propria visibilità e profitto e annacquando, in nome della “neutralità” e della continuità dei finanziamenti, gli aspetti più conflittivi di un progetto sociale e politico. Vogliamo dimostrare, quindi, la possibilità, a piccoli passi, di una resistenza e di un sostegno popolare internazionale autogestito e autonomo, non delegato agli specialisti del settore della cooperazione.

Un altro principio importante è quello dell’affinità e dell’incontro delle differenze: Riconosciamo affinità nell’analisi e nelle pratiche, costruite sempre collettivamente, mantenendoci comunque lontani dall’omogeneità ideologica. Cerchiamo di costruire spazi di dialogo e di comprensione reciproca affinché le nostre differenze interne e quelle che abbiamo con altri processi non siano motivo di divisione ma di arricchimento della pluralità. Cerchiamo di dare un impulso fisico e psico-emotivo alla lotta senza costruire gerarchie o avanguardie, attraverso il lavoro politico complice e autorganizzato, pratico e umile, dove, proprio il lavoro condiviso diventa possibilità di ascolto e scambio con le organizzazioni sorelle.

Il contributo del Nodo all’arcipelago globale delle resistenze, è quindi quello di “tessere” comunità, attraverso una militanza basata in legami di amicizia politica organizzata. Nella pratica organizzativa del collettivo proviamo a prolungare l’amicizia – terreno solido della fiducia e dell’affinità – nel campo politico e rendere così l’atto di solidarietà un momento complice, conviviale ma organizzato e quindi riproducibile. Tessere “complicità globale” fra le lotte, unendo nell’atto conviviale della barricata, della cena popolare, della manifestazione, dell’accampata, del concerto, della brigata, del workshop un incontro tra processi che coincidono nella resistenza, cercando di rispettare sempre i tempi, i modi e gli spazi decisionali di ognun@.

Siamo figl* di una sola grande patria: l’umanità. E ci unisce un grande sogno, un mondo senza frontiere dove entrano molti mondi liberi: ¡Un mundo donde quepan muchos mundos! Come studenti della Escuelita Zapatista, ci siamo sentiti calorosamente a casa in una capanna nella Selva Lacandona; così ci siamo sentiti abbracciati nelle lunghe discussioni con i fratelli e le sorelle dell’Alleanza Magonista Zapatista (AMZ); abbiamo sentito la stessa paura e lo stesso coraggio durante i giorni difficili e magici dell’Asamblea Popular de los Pueblos de Oaxaca, del blocco magisterial-popolare al km46 dell’Autostrada San Cristóbal-Tuxtla e delle notti passate ad assediare i cantieri della TAV in Val di Susa; abbiamo avuto freddo e ci siamo strett* sotto un tendone per sostenere i nostri prigionieri politici durante le visite a Santiaguito, a Texcoco, davanti alla Cattedrale di San Cristobal o di fronte il carcere di Rebibbia a Roma; abbiamo conosciuto la repressione assassina in Palestina, in Kurdistan, a San Juan Copala, a San Sebastián Bachajón, a Guerrero, in Italia, in Argentina e in Brasile e i maledetti gas lacrimogeni asfissiano uguale ovunque, così come le pallottole uccidono nello stesso modo. Le stesse ferite in tutti i continenti. E troppo lunga la lista dei caduti e delle cadute a noi car*, gli/le sheit, l@s martires di un mondo più giusto, i fratelli e le sorelle che piangiamo e che ci spingono a lottare, a provarci ancora, a sorridere e ricominciare dopo ogni sconfitta.

LA NOSTRA STORIA DI SOLIDARIETÀ ATTIVA

Benchè la maggioranza di noi è giunta in Messico attratta dal potente messaggio di ribellione dello zapatismo, fin dall’inizio del nostro cammino abbiamo volto lo sguardo in basso a sinistra, all’immenso arcipelago delle resistenze locali del Messico profondo. Abbiamo mosso quindi i primi passi complici nella Comune di Oaxaca della  APPO, poi ai sobborghi autorganizzati di Cittá del Messico, alle esperienze di autodifesa comunitaria di Guerrero, alla frontiera e al massacro di migranti e donne che li si consuma, ai mega-progetti neocoloniali che devastano e spopolano ampli territori in Messico. Ovviamente l’esperienza di autonomia dell’EZLN e la collaborazione con le basi d’appoggio zapatiste in Chiapas è stata e resta il principale riferimento politico del collettivo, il nostro comun denomitore più importante.

Negli anni abbiamo camminato insieme alla Otra Campaña e ai prigionieri politici di San Salvador Atenco; alle comunità indigene di OIDHO nello stato Oaxaca, al CODEDI e l’occupazione dell’ex-Finca Alemania nella Sierra Sur zapoteca, alle scuole popolari nella mixteca e nella zona Triqui; al lato di Radio Ñomdaa e con la lotta delle famiglie dei 43 desaparecidos di Ayotzinapa in Guerrero; con i/le libertar* del CAMA e della Verde Morada, le lavoratrici sessuali di Brigada Callejera e la lotta della casa dei “Panchos” nell’immensa Città del Messico; ai compas di Samir Flores e della radio comunitaria di Amilcingo, nel Morelos di Emiliano Zapata, o con le comunità rurali dello stato di Campeche in resistenza contro il devastante Tren Maya. In Chiapas, sul cammino tracciato dall’EZLN, abbiamo tessuto la rete “Semilla Digna” con le comunità locali del Congresso Nazionale Indigeno (CNI); abbiamo lottato per la liberazione dei prigionierx politici e la denuncia costante del sistema carcerario coloniale; abbiamo studiato e condiviso la molteplicità dei mondi e dei saperi nel CIDECI Unitierra; abbiamo impulsato spazi sociali autogestiti e cooperativi nel seno dell’autonomia di quartieri di periferia come Cuxtitali, a San Cristóbal de Las Casas. Abbiamo camminato e ancora camminiamo tra numerosi sentieri ribelli, portando in spalla il bagaglio politico delle nostre specifiche militanze nelle lotte territoriali che animiamo in ogni latitudine, ma anche portando in ogni incontro il polline di altre lotte conosciute e apprezzate, come per esempio l’eroica resistenza del popolo palestinese e l’incredibile organizzazione popolare curda. Cerchiamo sempre di non perdere il filo rosso che unisce le mille forme di rifiutare e combattere il capitalismo, il razzismo e il patriarcato nel mondo.

Molti sono stati i progetti e brigate che in questi anni abbiamo potuto organizzare, respirare e vivere. Per noi la brigata o il progetto concordato con la organizzazione/comunità complice è realmente uno strumento, un ponte per entrare nel mondo dei/lle nostr* compagn*, scoprirne i modi, le forme, le strategie, le culture che fanno ricca e unica la loro resistenza. E da lì, ascoltiamo, osserviamo e impariamo. Diversi i temi messi a condivisione negli anni, dalla comunicazione popolare alla costruzione di forni, dalla panetteria comunitaria alla serigrafia, dall’autodifesa allo sport, dall’autoformazione politica alla salute comunitaria.

Dentro e molto oltre il Nodo Solidale in Chiapas, sul solco di una salute promossa dal basso, nasceva nel 2016 la Casa di Salute Comunitaria Yi’bel Ik’, Raíz del Viento, nel quartiere periferico di Cuxtitali, San Cristobal de Las Casas. Qui abbiamo coltivato fino al 2023 il seme dell’autocura, della prevenzione comunitaria e della promozione di una salute integrale e degna per tutt*.

Dentro e molto oltre il Nodo Solidale, ancora a Cuxtitali, il 3 Maggio 2021 apriva le sue porte il GAP Barrio Bravo, una palestra autonoma e popolare che costruisce un approccio allo sport con una visione libera da forme dominanti, sessiste, razziste e competitive. Un’alternativa sana e costruttiva all’alienazione della società capitalista, aprendosi specialmente ai bambin* e giovani del quartiere. Uno spazio comunitario di costruzione di pace dal basso, ancora oggi attivo, in un’area ferocemente attraversata dalla violenza innescata dal Narco-stato.

In Italia le iniziative di contro-informazione e di denuncia sono state costanti, decine di dibattiti, cene, seminari, proiezioni, volantinaggi, striscioni, proteste, conferenze e presentazioni. Per dieci anni (dal 2010 al 2020) lo spazio di produzione e diffusione delle attività menzionate è stata la Piattaforma Internazionalista per la Resistenza e l’Autogestione Tessendo Autonomie (PIRATA), un’alleanza stretta con il collettivo zapatista di Lugano (Svizzera), l’Osservatorio America Latina dell’XM24 (Italia, Bologna), poi cambiato a Nomads, e nei primi tempi anche il Grassroot Project (Olanda). Molti singoli/e di vari Paesi europei hanno attraversato questa Piattaforma collaborando tanto nelle brigate in Messico quanto nelle iniziative e nei notiziari radio che periodicamente si realizzavano per tenere alta l’attenzione sulle lotte di entrambi i continenti. L’iniziativa principale, anche per la raccolta dei fondi, era la Sagra del Peperoncino Ribelle, una kermesse autogestita presentata per anni al csoa Forte Prenestino di Roma, al XM24 di Bologna e al CSOA Il Molino di Lugano.

Un’altra attività particolarmente importante per il Nodo Solidale, soprattutto in Italia, è stata la produzione editoriale di testi e libri intorno ai temi cari al collettivo. Sia dai primi opuscoli in b/n, per gli infoshop autogestiti, fino alla creazione di una piccola casa editrice autogestita (Kairos, moti contemporanei) con cui si è diffuso parte del pensiero critico forgiato nei dibattiti e nelle lotte del movimento sociale messicano e latinoamericano. Le presentazioni dei libri sono divenute così un altro strumento di auto-formazione e di diffusione, contatto e relazione con tantissimi attori sociali e politici nel territorio italiano: centri sociali, associazioni, scuole, campeggi in territori in lotta e altri collettivi politici di tutte le aree politiche del movimento.

La parte italiana del collettivo, inoltre, ha dato vita e sostenuto vari “tour” di organizzazioni e singoli compagn* dal Messico, diffondendo le loro voci nella fitta rete dei contatti e amicizie politiche di questi ultimi 18 anni. Con l@s compas di Oidho, Brigada Callejera, Panchos si è potuti stringere legami forti con il loro arrivo in Italia e allo stesso tempo si è potuta portare in prima persona la denuncia delle atrocità del neocolonialismo in Messico, la guerra perenne del Narco-stato contro ogni lotta in molti posti del Paese. A livello europeo il collettivo ha preso parte anche all’organizzazione delle tappe romane dell’EuroCaravana 43 Ayotzinapa (2015) e alla Gira por la Vida de los zapatistas nel 2021, entrambe particolarmente emotive per tutt* noi.

Dalla nascita della Casa di Salute Comunitaria e, ancora di più dopo il Covid, il Nodo Solidale in Italia è riuscito a collegarsi, tra le altre cose, con reti militanti nel campo della salute: medici, paramedici, infermier*, formatori, erboriste e streghe che già partecipano ai movimenti sociali. Quest* compagn* si sono avvicinat* al nostro piccolo collettivo per iniziare a costruire qualcosa di simile a “Brigate di Salute Internazionaliste”. Questa sinergia ha dato vita negli anni a diverse Brigate di salute con differenti processi sociali e organizzazioni in Messico, dalle carceri alle lavoratrici sessuali di Tepito, dalle occupazioni di case alle comunità indigene ribelli del Chiapas e Oaxaca. Le Brigate di salute, come tutte le Brigate di solidarietà e complicità costruite dal Nodo Solidale, si tessono e si formano dal basso attraverso un processo che inizia in Italia con incontri, formazione politica ed eventi di solidarietà e di finanziamento, a cui segue il viaggio in Messico e l’esperienza politica, umana, vivenziale e formativa che condividiamo, culminando con spazi di racconto e condivisione collettiva al ritorno in Italia/Europa.

GUERRA TOTALE, RESISTENZA GLOBALE, AZIONE LOCALE

Partiamo dalla comprensione che viviamo in una guerra permanente e totalizzante che si presenta con facce diverse nei diversi territori che abitiamo.

È la guerra del capitalismo contro l’umanità (e contro la natura stessa). L’intensità della barbarie è differente in ogni posto, l’urto violento del capitalismo e dei suoi agenti armati è solito essere più violento nella periferia dell’impero ma comunque invade ferocemente anche le vite e gli spazi delle più moderne metropoli occidentali, con leggi speciali e discriminanti, con modelli di vita, sfruttamento e consumo imposti all’immensa maggioranza delle classi subalterne. La 4a Guerra Mondiale, dice l’EZLN, o la 3a Guerra Mondiale, la chiama il PKK; coincidiamo che si tratta di un’offensiva totale sui nostri territori e sui nostri corpi in ogni parte del mondo, una guerra ideologica che entra anche nella sfera intima di ognun@ di noi ed è particolarmente brutale sul corpo e sulla vita delle donne. In questo contesto, ci posizioniamo nella resistenza sia come soggetti combattenti sia come costruttori/costruttrici di una pace con dignità e giustizia sociale. Questo posizionamento per noi implica la comprensione della sopravvivenza organizzata e del radicamento territoriale come difensivo e offensivo, come spazio indispensabile per misurare, capire ed agire il cambiamento. Ci attraversa una tensione per radicarci e lottare dal territorio, non come agenti esterni ma facendoci complici dei soggetti locali in lotta dalla collettività, dalla dignità e dalla libertà, promuovendo l’autonomia e l’autogestione come strumenti di organizzazione popolare. Assumiamo questa guerra capitalista come una fase di una lunghissima dominazione patriarcale, per cui facciamo dell’organizzazione delle donne un principio fondamentale e dell’autocritica come pratica indispensabile di analisi collettiva.

Questa è la nostra umile prospettiva di collettivo internazionalista, che continua a domandarsi a ogni passo: chi accompagna chi? Se la migliore solidarietà è la lotta stessa, qual’è la differenza tra solidarizzare e lottare? Se siamo tutt* in punti diversi della stessa trincea, che importa il colore della pelle o il timbro sul passaporto? Forse suona come una provocazione, ma facciamo queste domande sia a coloro che continuano a misurare le lotte con il metro occidentale della propria dottrina rivoluzionaria, sia a coloro che fanno dell’etnicità l’argomento di una nuova superiorità postcoloniale.

Quella che viviamo è una guerra contro l’umanità, e oggi quanto c’è di più umano è proprio lottare contro questa guerra, organizzat*.

Costruendo la resistenza globale – Construyendo la Resistencia Global