Ancora una volta si susseguono le notizie di attacchi armati in questa regione del sud-est del paese; solo nelle ultime ore abbiamo saputo dell’aggressione armata contro l’ejido Esquipulas Guayabal, in territorio Zoque, dove un gruppo di persone con fucili d’assalto ha occupato la suddetta comunità, provocando lo sfollamento della maggior parte delle famiglie adesso accampate in condizioni precarie a Chapultenango. Al momento si è a conoscenza di varie case date alle fiamme e risultano alcuni desaparecidos, tra cui alcuni appartenenti alle autorità [tradizionali locali] dell’ejido. Rammentiamo che la violenza si origina per un conflitto agrario irrisolto, da quasi 20 anni, per l’imposizione del programma governativo PROCEDE risalente al 2002.
Contemporaneamente abbiamo saputo, attraverso una denuncia della Red Ajmaq, che il gruppo di stampo paramilitare dell’ORCAO (Organización Regional de Cafeticultores de Ocosingo) ha nuovamente attaccato la comunità autonoma zapatista di Moisés y Gandhi sparando contro alcune abitazioni e incendiando completamente le installazioni della Escuela Secundaria Autónoma, costruita dalle basi d’appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). Negli ultimi mesi le aggressioni nei confronti della comunità di Moisés y Gandhi si sono ripetute frequentemente : tra queste l’incendio e il saccheggio del negozio-cooperativa a Cuxuljá, due sequestri di tre zapatisti e differenti attacchi armati. L’impunità permette agli aggressori di agire indisturbati, essendo alcuni dirigenti dell’ORCAO funzionari politici di alto livello nel Municipio di Ocosingo.
Questi attacchi più recenti si inseriscono nel contesto di frammentazione sociale e politica, degenerando in molteplici scontri armati in differenti punti della regione, così come ha segnalato l’EZLN nel suo comunicato del 19 settembre “Chiapas sull’orlo della Guerra Civile”.
Gli interessi dei signori della terra locali, abituati all’impunità e alla protezione dei loro padrini della politica parlamentare, si sono fatti più ambiziosi alleandosi con numerosi gruppi criminali armati, eredi del processo di paramilitarizzazione degli anni ’90 e ad oggi mai smantellati, rafforzati dalla loro partecipazione attiva nel traffico di droga, migranti e tratta di donne. Il contubernio tra politici, narcotrafficanti e paramilitari mentre sta generando immense ricchezze illecite per loro sta frammentando lo stato del Chiapas per mezzo di micro-conflitti territoriali, che si percepiscono come isolati ma sempre più violenti in termini di volume di fuoco, dove -nel migliore dei casi- la stessa popolazione è costretta ad armarsi per far fronte ai criminali, come nel caso di Pantelhó e del suo gruppo di autodifesa El Machete, nel luglio di questo anno.
Di fronte agli scenari di abusi costanti e di violenza armata, come nel caso di Aldama o nei casi meno conosciuti che si danno quotidianamente nella regione de Los Altos de Chiapas (San Cristóbal de Las Casas inclusa) o lungo la frontiera sud con il Guatemala nella zona di Comalapa, le possibilità di sopravvivenza del popolo si stanno riducendo al minimo, considerando che le Forze Armate messicane sono complici degli interessi mafiosi, per omissione o per coinvolgimento diretto nei loro infami affari. Per i popoli rimangono solo poche possibilità: la fuga, la sottomissione, la narco-dittatura o l’insurrezione.
Occorre menzionare, in fine, che il Governo Federale, seguendo i passi del manuale militare della NATO sulle guerre asimmetriche, alimenta la frammentazione (e il saccehggio) del territorio senza esporsi come attore militare attivo, omettendo e ignorando le possibilità di soluzione pacifica dei differenti conflitti e fomentando la formazione di gruppi civili armati contrapposti. Questa frammentazione del territorio, dove ognuno sta cercando di sopravvivere o di salvare il suo pezzetto di mondo, prepara il campo e facilita notevolmente l’ingresso di progetti transnazionali, come quelli minerari, e l’imposizione di megaprogetti spinti dal Governo Federale, come il (mal chiamato) Tren Maya.
Tutto questo non ci sorprende perché a nessuno “lì sopra” conviene che ci sia pace in un territorio che, con molteplici voci e il cui megafono più grande è l’EZLN, reclama autonomia, terra e liberta, anelando dichiaratamente la fine del capitalismo e delle sue aberrazioni, in Chiapas come in tutto il mondo. Il prezzo dell’autonomia e della ribellione, nella storia, è sempre stato lo stesso: la guerra, tale e quale a quella che vivono nel Kurdistan Occidentale i popoli riuniti nell’esperimento socialista e femminista dell’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord-Est, adesso sotto il tiro incrociato dell’esercito turco e dei paramilitari Jihādisti.
L’autonomia è vita, la sottomissione è morte!
Basta alla guerra contro i popoli!